Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su Domus 1074, dicembre 2022.
Nell’area non operativa dell’aeroporto di Reggio Emilia, nota ai più come Campovolo, è stata completata l’arena per eventi e concerti di Iotti + Pavarani Architetti, Tassoni & Partners e Studio Lsa. Questo luogo, profondamente legato alla storia della città, rappresenta un patrimonio per i suoi abitanti. Raccontano i progettisti che “l’area è stata utilizzata per anni per le manifestazioni cittadine, comprese le feste dell’Unità, ma anche per concerti importanti, come quello leggendario degli U2 del 1997”, nonché quelli di Ligabue, a partire dal 2005. Finalmente trasformata in permanente, la struttura è la più grande per concerti all’aperto di questo tipo in Europa, con una capienza fino a 100.000 persone.
I circa 20 ettari dell’intervento ricompongono un sistema organico di spazi di aggregazione attrezzati e un anello di percorsi ciclo-pedonali di 5 km fra il torrente Rodano a est, che prelude alla campagna, e l’aerostazione, verso la città. Ad avviare la trasformazione dell’area demaniale di Enac è stata una collaborazione fra partner pubblici e privati: la società Aeroporto di Reggio Emilia, partecipata che ha in concessione tutta l’area aeroportuale, ha conferito tramite una gara pubblica la possibilità di gestire l’area non operativa fino al 2035 a C.Volo, una cordata di imprese del territorio e committente di Rcf Arena.
Un’iniziativa che ha trovato fin da subito, continuano i progettisti, “una corrispondenza nella pubblica amministrazione, già impegnata in nella rigenerazione dell’area nord della città”, e che oggi è supportata da “un’importante filiera organizzativa del mondo dello spettacolo” – fra cui Ferdinando Salzano, fondatore di Friends&Partners, e Claudio Maioli, manager di Ligabue. Gli studi coinvolti hanno dato forma, completandosi per competenze, a uno spazio modulabile per consentire diversi usi, suddiviso in tre macroaree. Il boulevard, di 50.000 m2, è assieme area di accoglienza e spazio per le iniziative del territorio. La zona backstage ha un accesso separato ed è attrezzata per il management, la produzione e la sicurezza degli eventi. Sull’arena vera e propria, un’area di 85.000 m2 trattati a prato dalla forma irregolare (quasi un plettro), si sono concentrati gli sforzi per realizzare “un’esperienza coinvolgente e immersiva”.
Si è configurato quindi, a cavallo fra “budget, tecnologia e obiettivi, un progetto low-tech, che si sposa con l’approccio generale: una rigenerazione urbana ottenuta con mezzi contenuti legati al progetto del paesaggio” spiegano i progettisti. La modellazione del suolo è quindi il cuore dell’azione progettuale: la superficie del prato digrada verso il palco per migliorare visibilità e acustica, mentre l’orientamento riduce al minimo l’impatto sulle vicine aree abitate. Una “corona leggera e permeabile” di sostegni verticali sorreggono elementi dinamici di tessuto bianco e blu per cingere la cavea e accompagnare i flussi. Ciò che si vede, però, non è tutto: integrata all’intervento architettonico c’è una tecnologia complessa che, oltre ai ripetitori audio, comprende sistemi wifi avanzati. I progettisti, non a caso, usano l’immagine di “una collina che non esisteva e che ora è lì per lo spettacolo”.