Porto Cervo, la spiaggia del jet-set internazionale dove nacque l’architettura pan-mediterranea

Fondata sessant’anni fa in una zona incontaminata, Porto Cervo ha segnato l’epica delle ruggenti estati italiane, rappresentando un’avanguardia in materia di sviluppo edilizio in armonia con il paesaggio naturale.

All’alba degli anni ‘60, John Duncan Miller, bancario inglese prossimo alla pensione, laureato a Cambridge, già corrispondente da Washington per il Times e con un passato nei servizi di informazione britannici nella capitale statunitense, si trova a navigare al largo delle coste della Sardegna nord-occidentale.  Di ritorno a Londra racconta, nei circoli finanziari da lui frequentati, degli straordinari territori della Gallura ancora vergini alla mano dell’uomo. Ad ascoltare c’è il Principe Shah Karim Al Hussaini, alumno di Harvard, fanatico dello sci (nel 1964 parteciperà alle Olimpiadi Invernali di Innsbruck), dei cavalli da corsa e con un futuro da dottorando in storia sfumato pochi anni prima. Nel 1957, alla morte del nonno, dovette nottetempo ascendere alla carica di imam dei musulmani ismailiti con il nome di Aga Khan IV.

Quella che sembra una sceneggiatura di un film di Guy Ritchie o di un romanzo di John Le Carré, è l’antefatto alla nascita di uno degli insediamenti turistici e residenziali più ambiti d’Occidente, nonché uno dei più pionieristici in fatto di sostenibilità e tutela del territorio: Porto Cervo. D’altronde, chi frequenta (o meglio, ha frequentato) questo lembo di costa sarda sa che la realtà supera, sempre, la fantasia.

Le origini del sogno

Ammaliato dalle acque cristalline e dal territorio incontaminato, Aga Khan ha la visione di trasformare questa porzione di Sardegna – che cade sotto il comune di Arzachena e, in parte, di Olbia, in provincia di Sassari – in un buen retiro per sé e per pochi intimi esponenti del jet-set internazionale della Dolce Vita. 

Il 14 marzo 1962, al cospetto del notaio Mario Altea di Tempio di Olbia, un manipolo di firmatari guidati dal Principe sigla la nascita del Consorzio Costa Smeralda. Tra questi, oltre al finanziere Duncan Miller, ci sono l’avvocato André Ardoin, Patrick Guinness, erede della celebre famiglia irlandese produttrice di birra stout, lo scrittore René Podbielski e Felix Gray, braccio destro di Aga Khan.

Archivio Consorzio Costa Smeralda – Sergio Marras.

A sovrintendere le operazioni c’è sempre il Consorzio, arbitro para-statale, all’epoca come oggi, di tutto ciò che accade nell’area Consortile. Tra le linee guida dettate per l’espansione urbana di Porto Cervo c’è una lungimirante ricerca di armonia con il territorio naturale circostante, ispirata da Aga Khan e in netta controtendenza con la cementificazione a cui in quegli anni si assiste sui litorali italiani. Mentre sulla riviera romagnola nasce il mito delle vacanze goderecce e alla portata di tutti a ritmo di alberghi modernisti e abusi edilizi, in Gallura il Principe-Imam è determinato a tutelare, e dunque, esaltare l’edilizia autoctona e porsi da tutore della millenaria tradizione e biodiversità isolana.

Due grandi blocchi di granito, gli stessi delle insegne locali, incisi con la scritta Costa Smeralda e il logo del Consorzio vengono successivamente posati a delimitare i 1,800 ettari di terreno acquistati da due famiglie locali, gli Orecchioni e gli Azara. Con l’atto, nasce anche il termine Costa Smeralda che, seppur erroneamente entrato a far parte dell’immaginario popolare, non corrisponde ad alcun toponimo. Anzi, il Consorzio ci tiene a ricordare che la nomenclatura corretta è l’elegante “area Consortile”.

“Era come una riserva di caccia: non c’erano case, non c’era acqua corrente, elettricità, nessuna attività economica di alcun tipo,” dichiarerà successivamente Aga Khan.

In seguito alla fondazione, diverse famiglie che avevano venduto le loro terre a Aga Khan, diventano i nuovi residenti della municipalità, aprendo le loro attività economiche e promuovendo un ulteriore sviluppo edilizio dell’area. 

Il Principe Karim Aga Khan IV sovrintende la pianificazione delle prime architetture di Porto Cervo. Credits: Nello Di Salvo, Coast Magazine.

Un’architettura pan-mediterranea per tutelare il paesaggio

A sottolineare che Poltu Celvu, come lo chiamano i galluresi, era un posto appartenente più alla dimensione del sogno che a quella reale, Aga Khan inizialmente non incarica dello sviluppo edilizio dell’insediamento un architetto ortodosso, bensì uno scenografo autodidatta, il francese Jacques Couëlle, anche noto come “l’architetto dei milionari”. La sua pratica, a cavallo tra architettura e scultura, che condivide i principi organici di Antonio Gaudi è figlia di ricerche portate avanti sin dalla metà degli anni ‘40 dal suo Research centre of natural structures.

Addirittura, tutte le linee elettriche vengono interrate e celate alla vista, mentre il Consorzio dà vita al suo corpo di vigili del fuoco, a uno di sicurezza, di rimozione rifiuti e a un centro medico.

Archivio Consorzio Costa Smeralda – Sergio Marras.

Tra gli architetti, tutti nomi illustri, appuntati negli anni ci sono Michele Busiri Vici, Antonio Simon Mossa e Luigi Vietti, già responsabile della renovatio di diversi porticcioli liguri, di Cortina d’Ampezzo e Portofino. Vietti è piemontese, come a suggerire – ironia della sorte – che il destino della Sardegna rimaneva un affaire sabaudo. L’architetto, infatti, non si lascia semplicemente ispirare dal contesto geografico, ma crea ex-novo un’architettura destinata a diventare paradigma dell’edilizia pan-mediterranea. Una meta-architettura che proietta nel presente quelli che avrebbero potuto essere gli stilemi edilizi del Gallurese se solo le condizioni geo-economiche non ne avessero in precedenza impedito lo sviluppo. Oggi parleremmo di un paesaggio verosimile, figlio di un software AI. 

Le superfici bianche e irregolari delle case di Porto Cervo sono smussate, scavate nella roccia, in opposizione al rigore geometrico della città. Si assiste a un’esaltazione di materiali poveri come il legno e le reti da pesca, accanto alla riscoperta in chiave chic e luxury di materiali autoctoni, come il corallo che ritorna a essere ricercato per gioielli e manufatti. Lo racconta anche l’ex partigiano diventato documentarista marittimo Bruno Vailati in un frammento di Alla Scoperta del Mare, uno dei suoi tantissimi lavori dei ‘70 per la Rai.

L’architetto-scenografo Jacques Coüelle illustra il suo progetto per l’area consortile. Credits: Nello Di Salvo, Coast Magazine.

Il porto del jet-set internazionale

A Porto Cervo, Aga Khan traccia un fil rouge con l’edilizia vacanziera della noblesse continentale. Lo stile dominante è quello del rustic-chic che nell’ambito del tempo libero fa proseliti in anni in cui i campi lasciano spazio ai grattacieli, il legno alla plastica, l’orto al supermercato. Basti pensare che quei luoghi, anche urbani, che volevano rappresentare, incluso sul piano culinario, escapismo e genuinità si presentavano in netta e voluta controtendenza con le mode raccontate dalle riviste di settore. Si guardi, per esempio, alla zona ristorante dell’allora modernissimo Piper Club di Roma, che sceglieva sedute in legno e tovaglie a quadri biancorossi da osteria d’antan. O al celebre progetto del 1961 di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per la birreria Splügen Bräu in Corso Europa a Milano che univa, in uno stesso ambiente, soluzioni figlie del design modernista a elementi vernacolari bavaresi, principalmente da ricercarsi nelle superfici lignee e nei boccali. A Porto Rotondo, non lontano da Porto Cervo, una delle più storiche discoteche viene, non a caso, battezzata (sebbene oltre un decennio dopo) con l’evocativo nome di Country Club.

Il jet-set internazionale forgia, dunque, una sua estetica vacanziera apparentemente pauperista che si rincorre dalla Costa Azzura di Bardot e Gunter Sachs alla Grecia di Onassis e alla Corsica dei Savoia in esilio dorato, passando inevitabilmente anche per la Sardegna degli Agnelli e Aga Khan.

Per meglio accogliere gli ospiti dei soci fondatori e i primi villeggianti, nel 1963 il Consorzio Costa Smeralda promuove la nascita della compagnia aerea Alisarda (poi Meridiana e Airitaly) alla cui presidenza siede, per oltre vent’anni, un'altra figura chiave dell’entourage di Aga Khan, l’avvocato Paolo Ricciardi. Mal collegato con gli scali aerei isolani, quattro anni più tardi Porto Cervo viene dotato del suo aeroporto, Olbia-Costa Smeralda. Dello stesso anno è anche la fondazione del Costa Smeralda Yacht Club. Con esso, l’hotel Cervo, il night club Pedro’s a Liscia di Vacca e Villa Cerbiatta diventano i primi riconoscibili landmark dell’urbanizzazione elitaria del territorio. Impossibile non citare la celebre Piazzetta Rossa, ufficialmente dal colore della pavimentazione, ma che sembra strizzare l’occhio alle velleità champagne-socialiste di molti adepti delle estati sarde di quegli anni.

Archivio Consorzio Costa Smeralda – Sergio Marras.

Tra questi la stilista e socialite Marina Ripa di Meana che nella non distante Porto Rotondo aveva anche aperto una sua boutique, decorata dal compagno, l'artista romano e risoluto anti-borghese Franco Angeli, con un dipinto di una tigre che inseguiva la proprietaria, nuda.

Angeli in quegli anni aveva uno dei suoi principali committenti nell’avvocato Gianni Agnelli, altro amico intimo di Aga Khan e assiduo frequentatore di Porto Cervo. Il patron Fiat si era svezzato amorosamente e socialmente sulla ruggente riviera francese dei ‘50, al fianco di sodali playboy tra cui Porfirio Rubirosa e un Aga Khan non  ancora Imam. Ma il suo legame con Porto Cervo scorreva profondo, in legami di sangue e territorio. La famiglia della moglie, Marella Caracciolo, rampolla della nobiltà napoletana, era stata tra i promotori dello sviluppo economico della Costa Smeralda, mentre la nonna del principe Karim, la ballerina Teresa Magliano era, come l’avvocato, torinese (ancora una volta la lunga mano sabauda sulla Sardegna). A suggerire come da generazioni agli Aga Khan piacesse indugiare nell’accavallare il sacro al profano.

In un gruppo Facebook, popolarissimo, “Professionisti della Costa Smeralda di ieri e di oggi” si snocciolano amarcord, obituari e fotografie di staff, feste in maschera e celebrità. Come quella della figlia del barman dell’Hotel Cala di Volpe che ha conservato la ricevuta di 16.200 Lire di una cena dell’Avvocato del 18 Luglio 1970: pietanze, due caffè, due vodke e una grappa come digestivo. E poi un’altra del 1968, saldata con un acconto di $100.

Archivio Consorzio Costa Smeralda – Sergio Marras.

Scandali e politica al sole smeraldo

“Andavo a Capri quando le contesse facevano le puttane, ora che le puttane fanno le contesse non mi diverte più,” è una delle più celebri frasi attribuite a Gianni Agnelli. Adattandola con il suo trascorso Smeraldino, si può tracciare un certo declino del modello fondatore voluto da Aga Khan. Già nel 1970, Alberto Sordi ironizzava sul mito della democratizzazione del lusso nel film a episodi “Le Coppie”, di cui una scena è proprio ambientata all’Hotel Romazzino di Porto Cervo dove si assiste a un abrasivo confronto tra la noblesse che fu e il nuovo turismo, burino prima ancora che parvenu.

Gli anni Duemila sono quelli che maggiormente hanno segnato, in questo senso, la rinnovata notorietà di Porto Cervo e della sua costa nell’opinione pubblica, uno spartiacque non solo economico, ma anche etico con la tradizione instaurata dai padri fondatori. Sono gli anni ruggenti della vita bassa arbasiniana, dell’ascesa isolana di Flavio Briatore con il suo Billionaire, dell’apice dei paparazzi e del demiurgo dello showbiz Lele Mora, delle liaison tra veline e calciatori-tronisti dai capelli unti di gel e tenuti in posa da cerchietti, dell’ambasciata estiva, in piena guerra d’Iraq, tra l’allora premier Silvio Berlusconi in banda bianca e la sua controparte britannica Tony Blair, anch’egli candidamente vestito ma in Burberry – Her Majesty's oblige.

Nel 2007 Beppe Severgnini scrive, polemico, come la costa gallurese fosse stata salvaguardata negli anni sotto il punto di vista paesaggistico, ma non socialmente e culturalmente da quando i VIP ne hanno preso il controllo. È il periodo in cui il governo locale prova a arginare questo turismo, certo sempre continentale e straniero ma più chiassoso, varando tasse su proprietà di lusso, come ville e yacht oltre i 14 metri. Briatore rivendicherà il diritto alla ricchezza in una serata di protesta al suo Billionaire, Berlusconi pagherà oltre 50,000 euro sulla sua villa, mentre Zucchero si prenderà a bottigliate con un gruppo di arabi accusati di non prestare attenzione al suo show in un locale.

Archivio Consorzio Costa Smeralda – Sergio Marras.

I sessant’anni di Porto Cervo

La scorsa estate il Consorzio Costa Smeralda ha spento le sue prime sessanta candeline. Tante le iniziative, un libro fotografico voluto tra scatti di Slim Aarons, un inedito Ugo Tognazzi a cena con amici, e dettagli della villa di Jacques Couëlle. Se ne aggiunge oggi uno dedicato allo storico Hotel Cala di Volpe, sempre edito da Assouline.

Oggi, il Consorzio Costa Smeralda – di cui Smeralda Holding è il socio principale con la proprietà degli Hotel Cervo, Cala di Volpe, Pitrizza e Romazzino – ha anche il suo organo stampa ufficiale, il mensile CS Journal. In prima pagina dispensa informazioni sui tornei di golf da seguire sull’isola in estate, tiene aggiornati sui conferimenti dei vari premi assegnati a villeggiatori illustri, ma non lesina di aprire scorci sull’archeologia autoctona e interviste con barman e maitre che hanno fatto la storia di questo lembo di costa sarda, unico nel suo genere morfologico e antropologico. Una realtà editoriale che riafferma l’indispensabile eleganza dell’effimero, e che risulta senza dubbio più coerente di tanta stampa nazionale nei mesi estivi.

Immagine di apertura: Lo charme delle prime architetture e dei villeggiatori di Porto Cervo. Credits: Nello Di Salvo, Coast Magazine.