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La guida di Domus a Gerusalemme e dintorni

Epicentro accademico e culturale di Israele, Gerusalemme è molto più delle cartoline dalla sua città vecchia. La rivisitiamo attraverso nove edifici moderni e contemporanei, più una tappa nella vicina Betlemme.

di Elena Sommariva

Distrutta, assediata e ripetutamente conquistata: da almeno 3.000 anni, Gerusalemme è la città contesa dalle tre principali religioni monoteistiche, giudaismo, cristianesimo e islam. Cosmopolita e multietnica, proclamata da Israele propria capitale nel 1980, sede della Knesset, il parlamento israeliano, Gerusalemme è però anche – architettonicamente parlando – una miniera infinita di stili e storie. Una miniera che va ben oltre la sua città vecchia, circondata da antiche mura, e che comprende edifici ottomani, bizantini, neogotici, romanici, oltre che modernisti, brutalisti e contemporanei. Basterebbe ricordare lo spettacolare museo dell’olocausto Yad Vashem di Moshe Safdie.

Con cinque accademie di arte e design, teatri e scuole di cinema e l’unica Design Week (ogni anno dal 2012), Gerusalemme è considerata poi il vivace centro accademico e culturale del paese. A dimostrazione, citiamo due recenti edifici: la nuova sede della biblioteca nazionale firmata Herzog & de Meuron e il nuovo campus della Bezalel Academy dello studio giapponese Sanaa.
Con questo punto di vista, abbiamo scelto nove architetture realizzata nel XX e XXI secolo che tracciano le recenti evoluzioni della città santa. A queste fa eco la più recente architettura dello studio Aau Anastas nella vicina Betlemme: il loro Wonder Cabinet promette di essere un’esuberante piattaforma culturale aperta a tutti gli artisti palestinesi.


Yad Vashem Holocaust Memorial Museum

Moshe Safdie, 2005

“Verso nord, un’eruzione vulcanica di luce e vita”. Così Moshe Safdie – l’architetto israeliano-canadese che deve la sua fama a quella gigantesca utopia residenziale prefabbricata che è l’Habitat 67 di Montreal – descriveva Yad Vashem. Inaugurato nel 2005, il memoriale dell’Olocausto è il suo più spettacolare intervento. Memoriale, scultura e museo tutto in uno, Yad Vashem è un prisma di cemento lungo 183 metri, che taglia il Monte Herzl da sud a nord, puntando come un cannocchiale verso Gerusalemme. Teatrale ed emozionante, la Sala dei nomi è un cono alto 9 metri, che ricorda per nome tutte le vittime della Shoah a noi note, mentre un cono che penetra nella roccia verso il basso commemora quanti non saranno mai identificati. Il percorso si conclude con una terrazza panoramica a sbalzo sulla valle, che collega metaforicamente l’Olocausto alla fondazione del Paese.

La prima partita di calcio sul campo di atletica dell’Y.M.C.A. a Gerusalemme, 1 aprile 1933

Reduce del progetto dell’Empire State Building di New York nel 1931, l’architetto di Chicago Arthur Loomis Harmon combina in questo sorprendente edificio Art Déco elementi appartenenti all’architettura bizantina, gotica, neomoresca e romanica. E, con l’intenzione di rendere omaggio alle tre principali fedi monoteiste della città santa, lo riempie di riferimenti simbolici. I cipressi del cortile, per esempio, sono 12 come le tribù di Israele, i discepoli di Cristo e i seguaci di Maometto. Le colonne dell’atrio d’ingresso sono 40, come gli anni di peregrinazione nel deserto dei Figli di Israele, e come i giorni della tentazione di Gesù. Un tempo sede della Young Men’s Christian Association, oggi è un albergo apprezzato anche per l’essenzialità delle camere e la qualità del ristorante. Vale una visita la torre alta 45 metri che consente una vista panoramica su Gerusalemme Est e Ovest. 


Ramot Polin Apartments

Zvi Hecker, 1975

Costruito negli anni Settanta a Ramot, uno dei quartieri sorti dopo la Guerra dei sei giorni nei territori appena conquistati, il complesso residenziale Ramot Polin disegnato dall’architetto israeliano Zvi Hecker comprende 720 unità abitative prefabbricate. Sperimentale nella forma (una serie di dodecaedri modulari costruiti a partire da lastre di cemento pentagonali con funzione di muri portanti), è stato paragonato a una struttura molecolare chimica o a un alveare. Il progetto originale, oggi molto modificato dai suoi abitanti, in pianta ricordava cinque dita, ognuna delle quali comprendeva cinque o sei condomini incastrati tra loro e dotati di cortili interni. Nell’area centrale erano raggruppati negozi, scuole, servizi per la comunità e i parcheggi. 


National Library of Israel

Herzog & de Meuron, 2013-2023


Una storia lunga un decennio segna il primo progetto dello studio svizzero Herzog & de Meuron a Gerusalemme, realizzata con lo studio locale di Tel Aviv Mann Shinar Architects & Planners. Commissionata nel 2013 e pronta ad aprire i battenti entro la fine del 2023, la nuova sede della biblioteca nazionale d’Israele occupa un lotto triangolare in pendenza, di fronte al Museo d’Israele e di fianco al Knesset, la sede del Parlamento. Sovrastato al centro da un grande lucernario circolare, il volume scultoreo rivestito di pietra calcarea locale, ha una forma curva e a sbalzo alle estremità. L’edificio di 45.000 mq è pensato per essere sostenibile, grazie ai pannelli solari sul tetto e ad aperture e intagli studiati per ridurre al minimo il calore solare sulle vetrate retrostanti.


Bezalel Academy of Arts and Design

SANAA, 2011-2022

Inaugurata a novembre 2022, la nuova sede della Bezalel Academy of Arts and Design, la più antica scuola d’arte e design del Paese, porta la firma di SANAA con lo studio locale HQ Architects, vincitori di un concorso internazionale nel 2011. È un’architettura aperta e trasparente, un volume scomposto in terrazzamenti sovrapposti, che creano una sorta di villaggio, con edifici uniti da percorsi e piazze. Assecondando un regolamento risalente al 1918, sotto il mandato britannico, che imponeva di usare la pietra di Gerusalemme per le facciate degli edifici, i progettisti hanno creato per il rivestimento una miscela di calcestruzzo e aggregati di pietra locale.


Museum on the Seam

Andoni Baramki, 1932

Fondato nel 2005 da Raphie Etgar, attuale direttore artistico, il Museum on the Seam (letteralmente “museo sulla cucitura”) si definisce un “museo socio-politico di arte contemporanea”. La sua missione è presentare “questioni sociali controverse nel dibattito pubblico” e dimostrare come l’arte sia un mezzo efficace per avvicinare le persone. Dal diritto di protesta al declino dell’egemonia occidentale, niente è troppo scottante per questa istituzione che ha sede in edificio neoclassico. L’architettura è essa stessa un manifesto di pietra della conflittualità: progettato nel 1932 dall’architetto cristiano palestinese Andoni Baramki, espropriato nel 1948 (e mai restituito al legittimo proprietario), trasformato in un avamposto militare dall’esercito israeliano e colpito più volte da proiettili e granate nel 1967. Da non perdere il bar sul tetto, con panorama a 360 gradi sulla città.

Icona modernista, il Santuario del Libro (Shrine of the Book) è un’ala del Museo di Israele costruito per ospitare, tra gli altri, il Codice di Aleppo e i Rotoli del Mar Morto, antichi manoscritti biblici ritrovati sulla riva settentrionale del Mar Morto, in Cisgiordania. Si presenta come una cupola bianca, la cui forma ricorda una cipolla, che copre una struttura sotterranea e si riflette in una vasca d’acqua. Inaugurato nel 1965, è una delle ultime opere di Frederick Kiesler (che morì lo stesso anno) progettato con l’architetto e filantropo americano Armand Phillip Bartos. 

Progettata nel 1887 dall’architetto tedesco Conrad Schick, Hansen House nasce come lebbrosario per la comunità protestante di Gerusalemme nell’elegante e ricco tessuto di ville e giardini del quartiere di Talbiya. Nel 2009, il Governo israeliano cede l’edificio al comune di Gerusalemme per convertirlo in un centro culturale interdisciplinare. Tra le sue mura ci sono un cinema, un FabLab e un lussureggiante giardino, oltre ai programmi accademici della Bezalel Academy of Arts and Design e alle residenze del Mamuta Art & Media Center. Una settimana all’anno, a fine giugno, ospita la Jerusalem Design Week, un evento che dal 2011 attira ogni anno 40.000 visitatori, organizzato e gestito dalla Hansen House e Ran Wolf company con il supporto del Ministry of Jerusalem e della JDA (Jerusalem Development Authority). L’ultima edizione (22-29 giugno 2023) è stata curata da Dana Benshalom e Sonja Olitsky, con la direzione artistica del filosofo Jeremy Fogel. Aveva l’ambizioso tema “Lies & Falsehoods”, bugie e falsità. Vale la pena prendersi il tempo per una sosta culinaria nel caffè Ofaimme, la cui cucina attinge agli ingredienti biologici provenienti da una fattoria nel deserto del Negev. 


Goldstein Synagogue, campus Givat Ram, Hebrew University

Heinz Rau, David Reznick, 1957

Progettata dall’architetto tedesco Heinz Rau e dal brasiliano David Reznick (allievo di Niemeyer e autore del vicino Memoriale a John Kennedy), questa minuscola sinagoga venne commissionata nel 1957 per il campus universitario di Givat Ram, dopo che la sede universitaria sul Monte Scopus era diventata una enclave inaccessibile in territorio giordano. L’edificio ha la forma di un guscio di cemento armato e può ospitare un centinaio di fedeli. Sorretta da 8 archi e alta 3,7 metri, la cupola semisferica è separata dal terreno sottostante da uno spazio vuoto che la fa sembrare sospesa a mezz’aria e che dal basso lascia filtrare la luce nello spazio interno, altrimenti privo di finestre.

Con il progetto paesaggistico di Lawrence Halprin e altri edifici realizzati da Rau e Munio Gitai (pupillo di Mies) l’intero campus merita una visita.


Wonder cabinet, 79 Caritas Street, Betlemme

AAU Anastas, 2023

Betlemme, in Palestina, si trova a soli 5 km da Gerusalemme, un quarto d’ora di taxi, mezz’ora di autobus, ma a separarli, da ormai più di 20 anni, c’è un muro di cemento alto 8 metri. Attraversarlo per un turista è veloce, per chi ha passaporto israeliano è proibito, per un palestinese può diventare anche molto frustrante. Ne vale però la pena. Varcato il ‘confine’, il territorio è subito più rurale, meno addomesticato. A pochi km uno dall’altro, campi profughi palestinesi e insediamenti di coloni rappresentano le due facce della stessa medaglia. È in questo contesto che i fratelli Elias e Yousef Anastas, architetti cristiani palestinesi, hanno aperto lo scorso maggio Wonder Cabinet. Un edificio di sobria ed essenziale eleganza, fatto di cemento grezzo, acciaio e vetro, materiali lavorati con maestria dagli artigiani locali sotto l’egida del brand Local Industries. All’interno, in uno spazio a tripla altezza e piani comunicanti, prenderà forma un fitto programma di attività culturali di vario tipo: mostre, performance, laboratori, corsi. Una piattaforma aperta per la comunità artistica palestinese. Da non perdere.

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