Raccontare Venezia attraverso i suoi luoghi è probabilmente un’operazione tanto complessa quanto lo è raccontare la sua storia. Le popolazioni che dalla terraferma, in seguito alle varie ondate di invasioni barbariche del V secolo, hanno cercato rifugio sulle isole della laguna, hano dato inizio ad una delle storie urbane in assoluto più avvincenti. Diventando, di fatto, una delle principali porte di accesso all’Oriente bizantino e alla via della seta, Venezia si è sviluppata sotto l’influenza di una profonda contaminazione culturale che si è tradotta anche in un linguaggio architettonico unico: a Venezia, le fondazioni in pietra d’Istria degli edifici poggiano su suoli totalmente artificiali, fatti di pali di legno e fanghi, e ogni sviluppo viene pensato in verticale. Ma Venezia è anche una città nostalgica. Il crollo del campanile di San Marco nel 1902, ad esempio, si rivela essere un trauma troppo grande per la comunità, che porta le autorità alla decisione della sua ricostruzione “com’era, dov’era”. Questo episodio è significativo per comprendere le trasformazioni che si sono susseguite e quelle che sono rimaste sui fogli da disegno, che rivelano un sorprendente attaccamento della città alla propria identità, tanto nelle sue forme iconiche quanto in quelle immateriali.
La guida di Domus a Venezia
Aperti i recinti della Biennale di Architettura, la città sull’acqua si offre ai visitatori. Ma c'è molto più di un museo all’aperto; ecco una selezione di luoghi per capire Venezia 365 giorni all’anno.
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- Gerardo Semprebon
- 07 giugno 2023
Dagli edifici di Andrea Palladio agli interni di Carlo Scarpa, dalla “operante storia urbana” che ha studiato la morfologia del costruito agli episodi insulari, da una libreria a un aeroporto, oggi, cosa fa di Venezia, Venezia? Accanto al peso specifico dell’eredità storica, non si può negare che Venezia sia stata anche un “laboratorio del futuro” in anni più recenti, che ha visto il contributo di importanti esponenti della cultura architettonica mondiale, come gli interventi di Gino Valle, Vittorio Gregotti e Cino Zucchi alla Giudecca, di Aldo Rossi al Teatro La Fenice, di Michele De Lucchi per la Nuova Manica Lunga della Fondazione Cini, di Tadao Ando a Palazzo Grassi e Punta della Dogana, di Rem Koolhaas al Fondaco dei Tedeschi, di Santiago Calatrava per il Ponte della Costituzione, o di David Chipperfield alle Procuratie di Piazza San Marco. Una guida attraverso i luoghi simbolo di Venezia è certamente incompleta, pretenziosa e probabilmente fuorviante, nel vero senso della parola, ovvero ci porta fuori strada. Quante involontarie deviazioni ci hanno allontanato dalle nostre mete veneziane? Eppure, quante serendipitose scoperte o rivelazioni? Ecco perché in questa guida molte delle architetture che abbiamo appena ricordato non si troveranno; ecco perchè altre compariranno, a dare la cifra queintessenziale della città attraverso i secoli fino ad oggi; ed ecco verso la fine di questa carrellata non sarà un luogo specifico ad essere scelto, ma una caratteristica pervasiva e onnipresente dei campi, di quegli spazi che fanno di Venezia, Venezia.
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Foto di Agata Kadar su Adobe Stock
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Domus Grimani è il progetto di ri-allestimento degli spazi più significativi dell’omonimo palazzo, la residenza di una delle famiglie più influenti nella storia di Venezia. La riapertura del 2021 ha permesso di riposizionare nel luogo dove erano state concepite alcune, 87 su più di 130, opere in bronzo e in marmo, tra cui lo scenografico Ganimede rapito dall’aquila illuminato dalla luce zenitale della Tribuna o la ricostruzione della Sala del Doge. L’edificio è stato definito una preziosa rarità per Venezia sia per l’impianto architettonico che per l’apparato decorativo.
Domus 930, novembre 2009
Domus 631, settembre 1982
Domus 362, gennaio 1960
Domus 362, gennaio 1960
Domus 362, gennaio 1960
Domus 362, gennaio 1960
Domus 983, settembre 2014
Domus 983, settembre 2014
Sono i due lasciti più famosi di Carlo Scarpa a Venezia. Sono la definizione del particolare costruttivo e la sua conseguente realizzazione a identificare ogni centimetro di queste opere. Come una narrazione che sembra non avere né inizio né fine ma essere parte integrante della vicenda veneziana, l’esperienza di queste architetture si dipana da una soluzione di dettaglio all’altra, costruendo passo dopo passo un discorso che ha sempre senso, indipendentemente dallo spazio che precede o segue quello in cui ci si trova.
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Uno dei pochi edifici con i quattro lati liberi, la Chiesa Santa Maria dei Miracoli è il biglietto da visita del Rinascimento a Venezia. Si trova nel Sestriere di Cannaregio in Campo dei Miracoli, un po’ defilata dagli itinerari mainstream. Da fuori, il capolavoro di Pietro Lombardo ha l’armonia e l’equilibrio dell’architettura rinascimentale, mentre all’interno si configura come una grande aula larga dodici metri, coperta da una volta a botte. Pilastri, capitelli, archi, pulpiti, pavimenti e motivi geometrici o zoomorfi si rincorrono in questo scrigno di altissimo pregio dove il marmo, nelle sue diverse qualità e lavorazioni, la fa da padrone.
Il restauro curato dalla Fondazione Cini e completato nel 2022 ha restituito all’isola di San Giorgio Maggiore il suo teatro all’aperto completato da Luigi Vietti e Angelo Scattolin nel 1954. Il teatro, che dal 2016 è inserito tra i Luoghi del Cuore del FAI, riprende lo schema greco ma introduce la vegetazione come elemento complementare alla definizione dello spazio, sospesa tra la volontà di creare una quinta verde e l’idea di lasciare entrare i bagliori della laguna nella rappresentazione. Negli anni ’50, Katharine Hepburn definì questo teatro da 1500 posti il più bello del mondo.
Nella classifica delle dieci librerie più belle stilata dalla BCC si trova anche quella in Calle Longa Santa Maria Formosa, all’interno della quale i libri sono esposti su, e in, imbarcazioni di ogni tipo, dalle gondole alle canoe. Quando infatti si alza la marea, i volumi galleggiano sull’acqua all’interno del negozio. Caratteristici sono la scala di libri, da cui si può godere di una suggestiva vista e le due sedie antiche affacciate sul canale. In assenza di un catalogo digitale, sarà l’affabile proprietario Luigi Frizzo a guidare i clienti alla lettura desiderata.
L’ampliamento del principale cimitero di Venezia, sull’isola di San Michele, è opera di David Chipperfield, in seguito alla vittoria del concorso del 1998. La Corte dei Quattro Evangelisti è la parte completata ad oggi e consiste in un cluster di corti introverse ma permeabili in alcuni punti specifici. È un’architettura che reinterpreta il senso civile degli spazi per i defunti, contraddistinta da geometrie nette e materiali locali, come la pietra d’Istria, che insieme a una pietra basaltica definisce i rivestimenti esterni. I colonnati all’interno delle corti invece sono realizzati in cemento grigio scuro a vista. L’estensione del cimitero è cadenzata da varie fasi che fanno parte di una strategia di progetto chiara e flessibile, i cui esiti vedranno la luce negli anni a venire.
Sul canale della Giudecca, angolo Calle Zucchero, si trova il Condominio Cicogna di Ignazio Gardella, meglio conosciuto come Casa alle Zattere. È uno degli edifici che, nella stagione del secondo dopoguerra e della ricostruzione dei centri storici, ha scatenato l’acceso dibattito sul rapporto tra modernità e tradizione, autorialità e contesto; un momento chiave nella maturazione di una consapevolezza architettonica europea. Questa architettura assimila e ripropone con lievi ma significative variazioni il sistema di misure e proporzioni delle facciate su Fondamenta delle Zattere.
Tra le opere di Andrea Palladio sulla terraferma Veneziana, Villa Malcontenta testimonia una tappa importante nel percorso teorico e professionale del più famoso interprete del Rinascimento veneto. Qui appaiono i tutti punti principali della sua architettura, dal rapporto tra natura e cultura, all’organizzazione funzionale della residenza di campagna, incluso il ruolo produttivo che esercita sul possedimento agricolo, alla teoria delle proporzioni tra i vari elementi costruttivi e decorativi, fino al tema della monumentalità, ottenuta senza ricorrere a materiali e tecniche troppo onerose.
Alle 19:00 del 5 Luglio 1900 veniva inaugurato l’Hotel des Bains al Lido, un gioiello liberty, riflesso architettonico della Belle Époque veneziana, equipaggiato con amenità servizi senza precedenti all’epoca, come illuminazione elettrica, telefoni, ascensori, bagni privati, acqua potabile, frigoriferi e ghiacciaie. Nelle intenzioni originarie vi era anche il progetto di un collegamento diretto con Venezia attraverso un tunnel sotto la laguna che avrebbe dovuto far transitare non solo i pedoni ma anche tram, mezzi e posta pneumatica. Il disegno dell’hotel vede anche il contributo nel giardino, specialmente l’area della piscina, del paesaggista fiorentino Pietro Porcinai. Nel corso degli anni l’hotel vive momenti di gloria, che lo vedono protagonista nell’opera di Thomas Mann La morte a Venezia, portato sul grande schermo da Luchino Visconti, ma anche di tragedie, come l’occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale o la grande mareggiata del 1966. Oggi è oggetto di grande attenzione nelle cronache locali per via del susseguirsi di piani di salvataggio e rilancio principalmente ad opera di investitori locali e internazionali.
Foto di Gerardo Semprebon
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Foto di Gerardo Semprebon
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Non solo l’acqua alta, ma anche quella potabile, è sempre stato un problema per i veneziani, che li ha costretti a sviluppare metodi complessi per poterla raccogliere e usare. Le cisterne che punteggiano i campi sono la risposta ingegneristica a questo problema. Oggi si contano più di 7.000, di cui solo 140 circa sono pubbliche; le altre sono custodite all’interno di corti private o sfruttano appositi pluviali. Nel suo Venetia, città nobilissima, et singolare: descritta in XIII. Libri, Jacopo Sansovino ha scritto che ogni chiesa a Venezia ha un campo e in ogni campo si trova una cisterna pubblica. Se uno mettesse insieme tutti i campi di Venezia, su quello spazio si potrebbe costruire un’altra grande città.
Con una pista in erba lunga circa un chilometro, un eliporto e un piccolo terminal, questo gioiello razionalista è stato inserito al terzo posto della classifica degli aeroporti più belli del mondo stilata dalla BBC, preceduto solo da quelli di Montevideo e Hong Kong. È il 1935 quando il primo aeroporto civile in Italia viene completato su progetto del colonnello ingegnere Felice Santabarbara e dell’architetto Mario Emmer, con interni disegnati da Giovanni Nei Pasinetti. All’indomani della Seconda guerra mondiale, il veloce sviluppo dell’industria aeronautica e delle relative infrastrutture posiziona il Nicelli sulla via di un lento declino, sopravvivendo solo per ospitare il locale Aeroclub. In seguito ai restauri del 2007 la storica aerostazione ha attirato l’interesse di istituzioni e investitori per affiancare alla normale attività dei voli spazi dedicati a clienti in possesso di jet privati e spazi espositivi.