Il caso della nuova chiesa ortodossa di Parigi

La costruzione del Centro spirituale e culturale russo e la sua extraterritorialità sono diventati un intrigo internazionale, in cui l’architettura è al centro di una lotta di potere.

Oggi che nelle università, specie quelle americane, l’architettura viene analizzata dal punto di vista del potere, mettendo in discussione anche i mostri sacri – persino Adolf Loos, che non aveva mai un soldo, che tipo di potere potrà mai avere esercitato? – è utile occuparsi della vicenda del Centro spirituale e culturale russo a Parigi. Non tanto perché è un intrigo internazionale avvenuto ai tempi della presidenza neogollista di Nicolas Sarkozy, oggi condannato per corruzione, quanto per valutare come l’architettura sia sempre il risultato di un compromesso tra forze divergenti: economiche, finanziarie, culturali, ideologiche. Non c’è una singola pietra a Venezia nel Rinascimento che non sia il prodotto di un conflitto politico e culturale ripeteva Manfredo Tafuri, ma in fondo è così anche attualmente specie nelle capitali internazionali come Parigi. Proprio qui nel 2007 il presidente Vladimir Putin volle acquistare un’area pregiata sulla Senna prossima alla Tour Eiffel dove prima sorgevano uffici statali per una cifra superiore ai settanta milioni di euro. Un investimento enorme, di assoluta visibilità vista la vicinanza con il Trocadero e il Museo del Quai Branly.

Wilmotte & Associés, Centro Russo Ortodosso, Parigi, Franca. Credits Wilmotte & Associés

La vicenda architettonica è stata travagliata, inizia nel 2006 e vede vincere il concorso dallo spagnolo Manuel Nunez Yanowsky, poi sostituito in corso d’opera da Jean-Michel Wilmotte, che ha dovuto ingoiare il rospo delle anacronistiche cinque cupole a bulbo dorate, come San Marco a Venezia, sovrapponendole alla fitta trama lapidea degli eterei volumi della chiesa e del centro culturale creando così un insieme stonato – il sindaco socialista Bertrand Delanoë di allora si era opposto inutilmente. Il fatto è che il governo russo voleva una chiesa più fedele della precedente cattedrale Saint-Alexandre-Nevsky, legata invece al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli quindi troppo autonoma. La terza Roma (Mosca) ha ottenuto così dal governo francese un privilegio unico, l’extraterritorialità per tutta l’area che ospita anche aule per conferenze, ristoranti, alloggi per relatori e dipendenti, insomma una piccola città nella città ed è proprio questo che fa discutere l’opinione pubblica visti i continui casi di avvelenamento ai danni di ex agenti o oppositori come Litvinenko, Politkovskaja, Skripal, Navalny. Il punto è che la reputazione della Russia era assai migliore nei primi anni 2000, mentre già per l’inaugurazione del 2016 Putin aveva scelto di non andare personalmente perché si era ai tempi dell’invasione della Crimea e della guerra in Siria, dunque al culmine dell’impopolarità in Occidente, tanto che le autorità francesi nemmeno si presentarono.

Wilmotte & Associés, Centro Russo Ortodosso, Parigi, Franca. Credits Wilmotte & Associés

Certo un simbolo così vistoso di un regime tanto muscolare nel centro della metropoli più importante dell’Unione Europea è uno sfoggio di potere notevole ma a ben vedere difficilmente il Centro ortodosso potrebbe diventare una base d’azione dei servizi segreti russi. È piuttosto un segno della grandeur francese che si è sentita autorizzata a sospendere le consuetudini diplomatiche, a fare a modo proprio sia con Sarkozy sia con Emmanuel Macron che per esempio ha ricevuto in pompa magna il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi noncurante del caso Giulio Regeni – senza dimenticare la sparizione e morte in carcere del suo predecessore democraticamente eletto Mohamed Morsi. Non è neanche vero che non ci siano precedenti: ai tempi dell’invasione americana e britannica dell’Iraq del 2003 sulla principale moschea di Birmigham, seconda città del Regno Unito, ancora campeggiava l’insegna dorata “President Saddam Hussein Mosque” perché era stato lui a finanziarne la costruzione nel 1988, quando ancora era un grande alleato della Nato per via della guerra con l’Iran, ma poi, visto l’andazzo, durante estate fu ribattezzata più prudentemente Jame Masjid (moschea maggiore).

Wilmotte & Associés, Centro Russo Ortodosso, Parigi, Franca. Credits Wilmotte & Associés

Dopotutto Parigi come ogni metropoli è un insieme di isole, non solo quelle de la Cité o di Saint-Louis: il Centro ortodosso finirà così per essere la terza isola russa nella capitale, dalla tonalità del tutto differente rispetto a quella precedente dell’ambasciata brutalista di Boulevard Lannes, visivamente legata al passato sovietico, così come alla prima della “petite Russie” nel 13° arrondissement che è più legata alla Russia bianca dei transfughi dalla Rivoluzione d’ottobre, allora quasi tutti tassisti. Si tratta insomma di nuance che forse oggi si possono apprezzare solo fuori dalla madrepatria perché in fondo i tempi non sono poi così cambiati da quelli di Fuoco pallido di Vladimir Nabokov: “Nella Russia d’oggi, le idee sono blocchi rifilati a macchina e prodotti in colori uniformi; la sfumatura è dichiarata illegale, l’interstizio murato, la curva ridotta rozzamente a gradino”.

In ultima analisi però è un peccato che un luogo di culto e di cultura resti inaccessibile al pubblico generico: l’Institut du Monde Arabe, al contrario, ci aveva abituato all’idea che una religione considerata pregiudizialmente chiusa potesse essere invece un luogo aperto di incontro e confronto fra mondi diversi all’interno di un’architettura luminosa, aerea, modernissima come il capolavoro giovanile di Jean Nouvel, ma evidentemente i tempi e i programmi sono del tutto cambiati.

Immagine di apertura: Wilmotte & Associés, Centro Russo Ortodosso, Parigi, Franca. Credits Wilmotte & Associés

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