Non abbiamo sete di scenografie narra le vicende della chiesa di Santa Maria Assunta a Riola, una piccola località sull’Appennino bolognese. Progettata da Alvar Aalto nel 1965, viene inaugurata tredici anni più tardi, nel 1978, due anni dopo la sua morte. Gli autori sono Mara Corradi, giornalista, e Roberto Ronchi, cameraman per la TV, che hanno lavorato al documentario per 4 anni: un lavoro che ha portato a 15 interviste, un viaggio in Finlandia, svariati spostamenti su Bologna e dintorni, nonché visite agli archivi.
Il film, terminato nel 2018 e presentato in numerosi film festival internazionali e negli eventi organizzati dagli Ordini degli Architetti sul territorio italiano, non era mai stato reso disponibile al pubblico. In un momento delicato come quello che stiamo vivendo i registi hanno deciso di renderlo disponibile on demand su Vimeo “per condividere il messaggio di solidarietà e lotta per il bene della comunità che è al centro della storia della chiesa di Riola”. Lo scopo è di donare il 50% del ricavato per la causa universale di chi lotta contro la pandemia da Coronavirus, e in particolare all’Ospedale di Gavardo, Brescia.
“Nei tredici anni di gestazione del progetto della chiesa di Santa Maria Assunta ci sono momenti di euforia ed esaltazione, alternati a momenti in cui ogni speranza di costruire la chiesa sembra perduta”, racconta a Domus Mara Corradi. La storia di questo edificio intreccia le vite di tre personaggi carismatici molto diversi tra loro: il cardinale Giacomo Lercaro, che trasformò l’idea stessa della liturgia cattolica e dello spazio liturgico dopo il Concilio Vaticano II, Alvar Aalto, maestro del Movimento Moderno che propose una nuova relazione tra l’architettura e l’uomo, e Mario Tamburini, un imprenditore che costruì in tutto il mondo, riuscendo sempre a farsi amare dai suoi operai e dalla gente.
Un ruolo determinante, infine, lo ebbe la comunità di Riola, che volle fortemente questa chiesa, seguendo ogni passo della vicenda, fino a donare per riuscire a costruire l’opera. “Ogni personaggio di questa storia è caratterizzato da un fortissimo impegno morale verso l’obiettivo”, continua Corradi. “Chiunque sia stato toccato dalla vicenda sapeva di contribuire a un gesto di valore altissimo e portava avanti una missione: da Giorgio Trebbi che fu il portavoce del Cardinale verso il fronte dell’architettura, agli architetti Glauco e Giuliano Gresleri che seguirono tutte le pratiche e fecero da mediatori tra Lercaro e i cittadini; da Alvar Aalto che, alla fine della sua carriera, non credeva che sarebbe mai riuscito a costruire un progetto sul suolo italiano che tanto amava, ma che ugualmente si prodigò nella sua concezione, fino ai parrocchiani riolesi che andarono addirittura a studiare sui libri chi fosse questo architetto finlandese che avrebbe progettato la loro nuova chiesa. È un esempio meraviglioso di impegno sociale, da qualsiasi punto di vista lo si contempli.”
“Volevamo far intuire un aspetto che spesso nella storia delle grandi opere architettoniche non viene raccontato, cioè come esse siano state realizzate giorno dopo giorno, vissute dal basso, da coloro a cui sono destinate o da chi è il committente dell’opera”.
La colonna sonora è di Antonio Ciaccia, pianista jazzista docente alla Julliard School di NY e direttore nel 2018 del Jazz Festival di La Spezia che venne a sapere del film tramite il crowdfunding lanciato dai registi. “Casualmente Caccia aveva abitato per qualche anno davanti alla chiesa di Riola e un giorno ci chiamò da New York per offrirsi di comporre volontariamente le musiche del film”.
Non abbiamo sete di scenografie sarà disponibile online a questo link fino al 4 maggio.