Per l’inaugurazione della prima Gigafactory – un enorme fabbrica di batterie alimentate a energia solare, costruita nel 2016 negli Stati Uniti – il CEO di Tesla Elon Musk asseriva con sicurezza che con la produzione di 100 di questi mega stabilimenti si esaudirebbe in modo sostenibile la richiesta di energia elettrica in tutto il pianeta. Un’affermazione impressionante e diffusa niente di meno che da Leonardo Di Caprio, che tutti sappiamo essere il paladino mainstream della lotta al cambiamento climatico.
Le Gigafactory di Tesla sono un buon modello per la sostenibilità?
Le mega fabbriche concepite da Elon Musk potrebbero essere una soluzione alla crisi ambientale, o forse sono solo capaci di inghiottire risorse ambientali e fondi pubblici.
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- Salvatore Peluso
- 04 marzo 2020
Le Gigafactory sono fabbriche dall’estensione impressionante: la prima copre una superficie di circa 1200 ettari, ovvero 3 volte l’estensione del Central Park di New York. Questa è interamente ricoperta da pannelli fotovoltaici, che la rendono autosufficiente a livello energetico. Attualmente sono quattro gli impianti completati o in costruzione: la Gigafactory 1 si trova a Storey County, in Nevada; la Gigafactory 2 si trova a Buffalo, New York; la Gigafactory 3, a Shanghai, in Cina; la Gigafactory Europe (Gigafactory 4) è invece in fase di costruzione a Berlino, in Germania.
Nonostante la visione tecno-ottimista dell’imprenditore e inventore naturalizzato statunitense, gli ambientalisti tedeschi di Gruene Liga Brandenburg si oppongono con decisione alla costruzione della fabbrica berlinese, in cui si prevede che dal 2021 verranno prodotti propulsori, batterie e anche i nuovi SUV Tesla Model Y.
Nonostante le proteste e i rallentamenti legali, la società di Elon Musk il 1 Marzo 2020 ha annunciato il completamento della bonifica dei terreni, dopo aver abbattuto in due settimane tutti gli alberi di un’area di circa 90 ettari. Tesla ha annunciato di aver messo in salvo diverse specie di insetti e animali che popolavano le conifere, e di voler ripiantare successivamente gli alberi abbattuti. Rimangono comunque i dubbi sulle immense quantità d’acqua che serviranno ad alimentare il ciclo produttivo. L’impianto avrà un consumo di circa 372 metri cubi d’acqua l’ora, una quantità che secondo gli attivisti sottrarrà ai cittadini buona parte dell’acqua pubblica della regione.
Sono diverse le inchieste giornalistiche che mettono in discussione la sostenibilità ambientale e sociale delle Gigafactory. Secondo il giornale USA Today la Gigafactory 1 ha messo a dura prova le risorse locali e ha generato “una serie di complicazioni nel territorio.” Il Guardian racconta invece le ripercussioni sociali dell’impianto americano, favorito da “enormi agevolazioni fiscali che, secondo i critici, hanno gravemente impoverito i servizi pubblici.” Un articolo del 2016 di Wired titola invece “Tesla’s electric cars aren't as green as you might think” (le auto elettriche di Tesla non sono così verdi come si potrebbe pensare), e fa luce sui diversi aspetti da considerare quando valutiamo la sostenibilità di un prodotto.
Il CEO di Tesla ha annunciato di voler costruire almeno un’altra decina di Gigafactory in tutto il mondo, ma asserisce anche che gli altri colossi dell’industria globale dovrebbero seguire il suo modello e aderire alle sue idee. Musk propone una visione edonistica della sostenibilità, esattamente come l’architetto Bjarke Inglels, che con la stessa sicurezza nelle sue conferenze dichiara: “la sostenibilità diventa di fatto l'alternativa più divertente e piacevole a ciò che conosciamo.” Le sorridenti utopie galleggianti di BIG sono in linea con la prospettiva del CEO e fidanzato della cantante Grimes – che non ha caso ha intitolato il suo ultimo disco Miss Anthropocene. Qual è la verità di questo tipo di progetti: vanno in direzione di un pianeta sostenibile o sono solo l’ultima evoluzione del capitalismo, che deve tingersi di verde per accentrare sempre più risorse e capitali?