Nel 1939 l'Italia fascista conquista l'Albania. Tirana è poco più di un villaggio e nel giro di pochissimo cambia volto. L'artefice di questo cambiamento è soprattutto un architetto fiorentino, Gherardo Bosio: tra le sue opere il Viale dell'Impero, con le sue sei corsie una vera e propria autostrada che taglia quello che all’epoca è un borgo di 60mila anime; completato nel 1941 e lungo un chilometro, oggi il Dëshmorët e Kombit Boulevard, intitolato ai “Martiri della Nazione”, è contornato da alcuni dei principali edifici pubblici della città, come il Palazzo dei Congressi e la Piramide, eretta come mausoleo del dittatore Enver Hoxha, oggi abbandonata. È delimitato da due piazze la recentemente riqualificata Sheshi Skënderbej a nord, e dall'altra parte da un’altra piazza pedonale, intitolata a Madre Teresa dopo la caduta del comunismo, progettata proprio da Bosio — si chiamava Piazza Vittorio Emanuele III — in perfetto stile razionalista, come tutte le maggiori strutture che su questo rettangolo bianco si affacciano: tra di esse, fino a poco tempo fa, anche lo stadio di forma ellittica, capace di ospitare un quarto dell’intera popolazione di Tirana e, nei piani del suo architetto, da rivestire completamente di marmo. Fu inaugurato a guerra finita, quando l'Albania era già una Repubblica Popolare, Hoxha al comando, e del fascismo l'unica eredità evidente erano le opere progettate da Bosio. La prima pietra era stata posata da Galeazzo Ciano, gerarca fascista e genero di Benito Mussolini; alla fine lo stadio è stato intitolato a Qemal Stafa, eroe albanese della guerra che si era appena conclusa.
Del Qemal Stafa Stadium di Tirana resta oggi l'ingresso monumentale sul lato di Piazza Italia, affacciato sulla struttura porticata di Bosio che lo separa da piazza Madre Teresa. “Per recuperarlo, abbiamo costruito un ponte lungo 50 metri che sostiene la struttura”, spiega Marco Casamonti di Archea Associati, lo studio — fiorentino, come Bosio — che ha progettato il nuovo Air Albania Stadium, durante la conferenza stampa all’Hotel Plaza di Tirana in cui racconta il progetto a una delegazione italiana a poche ore dall’inaugurazione. Non una semplice arena, ma un edificio pubblico contemporaneo, con negozi e un porticato, e una torre che diventerà un hotel nel 2020. Uno stadio da 22mila posti all'inglese, costruito per la Federazione calcistica dell’Albania — le squadre di Tirana giocano in una struttura da 5000 posti fuori dal centro — con gli spettatori vicinissimi al campo da gioco e una struttura che si ispira all'anfiteatro; gli spalti sono concentrati su tre lati, le due curve e una tribuna centrale. All’interno il colore predominante è il rosso della bandiera albanese e dello sponsor. Una cornice dove si alternano quadroni grigi corre sopra gli spalti e lo stesso motivo si ripete anche l'interno della copertura.
All'esterno 30mila metri quadri di facciate rivestite in vetro conferiscono all'Arena Kombatere l'aspetto di un edificio urbano, niente a che vedere con la semplice struttura che l’ha preceduta. Sono state ricavate due piazze laddove prima c'erano le curve della pista di atletica. Un “red carpet”, come lo definisce Casamonti, di travertino rosso persiano, corre davanti all'ingresso monumentale di Bosio, ricostruito e integrato nella nuova struttura come simbolo di continuità e omaggio al passato: “La vecchia facciata è stata smontata, i pezzi numerati e lavati, poi rimontata”, spiega l'architetto fondatore di Archea. “Con questo stadio, gli albanesi hanno scoperto cosa sia un'opera di restauro”. Qui di monumenti antichi ce n'è ben pochi. In compenso, c'è una certa maestria nel trattamento dei metalli: tutte le lavorazioni delle 6500 tonnellate di acciaio utilizzate per costruire lo stadio sono state fatte in Albania, tranne alcune particolarissime realizzate con tecniche laser 3D. Soprattutto, sottolinea sempre Casamonti, c'è un grande desiderio di arte e architettura. Qualcosa che in Italia, dove abbiamo tanto e forse troppo, ci siamo persi. “E tutto qui avviene in maniera più veloce”. Anche costruire uno stadio il cui costo in Italia si aggirerebbe intorno agli 80 milioni di euro. I lavori sono durati tre anni e hanno coinvolto circa 6000 persone. 3 gli incidenti, di cui uno mortale: un operaio per controllare che nessuno si facesse del male durante una operazione, si era tolto le sicurezze ed è caduto, racconta l’architetto.
Il 17 novembre 2019 lo stadio inaugura, pronto ma non ancora completamente finito, sommerso da una infinità di bandiere e sciarpe e magliette rosse con l’aquila bicipite albanese. La nazionale shqipe gioca contro la Francia, che vince con due gol segnati entrambi nel primo tempo. Prima della partita l’inaugurazione, con una coreografia di massa, una torma di ragazzini vestiti di bianco compongono figure geometriche sul campo da gioco, e le esibizioni di pop star che il pubblico sommerge di applausi: l’ottimo Flori Mumajesi, Aurela Gace che corre su e giù per tutto il tempo ed Era Istrefi, che ricorda tantissimo Rita Ora, pop star di origini albanesi lanciata nell’iperuranio della musica da Jay-Z. Lo stadio è stato pensato come un teatro e da questo punto di vista funziona molto bene. Dalla tribuna centrale dove siedo i giocatori sono vicinissimi. Certo, manca l’epica che solo la tv riesce a dare al racconto del calcio e talvolta mi devo allungare per vedere quello che succede sulla fascia di campo più vicina. La cosa più spettacolare è senza dubbio la curva dei sostenitori della nazionale locale, con i loro cori infiniti e le danze senza sosta, e questo stadio dove tutto sembra a portata di mano amplifica la loro performance di tifosi. Lascio la partita durante l’intervallo e trovo una città ancora sveglia. In piazza Madre Teresa c’è un festival di street food. Ragazzi siedono sulle scalinate dell’ex casa del fascio di Bosio, che oggi ospita l’università. Persone di tutte le età passeggiano lungo il boulevard, ben illuminato.
Prima di raggiungere piazza Skanderbeg, di fronte alla Galleria d’Arte Nazionale, mi imbatto nella Nuvola di Sou Fujimoto, padiglione per la Serpentine Gallery di Londra nel 2013, che ora è installata qui a Tirana. Fuori dal centro, la capitale albanese è un cantiere. Molti sono i nuovi edifici che presto sorgeranno in città. In questa città dove l’impronta italiana si sente, la densità delle filiali di Intesa Sanpaolo è superiore a quella di Milano e il supermercato dell’aeroporto è una Conad con i nomi dei prodotti in italiano sulle etichette, presto arriverà anche l'edizione albanese del bosco verticale di Stefano Boeri. Anche la fantomatica, tetra Piramide dovrebbe riprendere vita, con un progetto a cura di MVRDV. Il guest editor di Domus 2019 Winy Maas l‘ha reimmaginata come un centro dedicato ad arte, cultura e tecnologia; le ripide pareti su cui si inerpicano pericolosamente i ragazzini di Tirana, che hanno fatto dell’ex mausoleo il loro rifugio, saranno sostituite con dei gradini, un cambio di passo che vorrebbe rappresentare quello di un intero paese.