Il nuovo museo di Tadao Ando, in costruzione nel cuore di Parigi, accetta ancora una volta la sfida del confronto tra passato e presente su un monumento emblematico della storia francese e ambisce a rinnovare l’edificio facendo dialogare patrimonio e innovazione. La sua ubicazione unica, nel centro della città, tra Les Halles e il Louvre, avrà certamente anche un forte impatto urbano.
Fino a oggi, l’attività museale della collezione Pinault si articolava tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana. La nuova sede della Bourse de Commerce conferma la volontà forte da parte del mecenate di occupare siti storici d’importanza rilevante. Martin Bethenod, direttore della Pinault Collection, ci racconta in che modo.
Tre edifici esistenti allestiti dallo stesso architetto. Quali analogie avete riscontrato intervenendo nei tre diversi siti?
Gli edifici sono molto diversi, così come lo sono i contesti architettonici, urbani, sociali, culturali di Parigi e Venezia. I protagonisti, invece, sono gli stessi – l’architetto e il collezionista – e anche la funzione è la stessa – presentare l’arte contemporanea attraverso il prisma della Collezione François Pinault. Soprattutto, lo spirito è lo stesso e conferisce alla Bourse de Commerce, così come a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana un profondo “senso di famiglia”. Questo spirito è dato da un intervento insieme radicale, rispettoso e sottile in un contesto architettonico e patrimoniale importante. Il gesto architettonico di Tadao Ando mira a instaurare un dialogo con il contesto. Non si tratta tanto dell’oggetto in sé, il cubo di cemento che costituisce il cuore di Punta della Dogana o il cilindro che sorgerà all’interno della Bourse de Commerce, bensì della relazione tra questi oggetti architettonici minimalisti e l’ambiente che li circonda. Un gesto che Ando definisce elemento di unione tra passato e presente, tra astratto e particolare, tra lo spazio architettonico e quello dell’opera d’arte.
Quali sono i vantaggi e i limiti che la materia esistente porta con sé?
Ci sono inevitabilmente inconvenienti quando ci s’inserisce in un edificio storico. I vincoli – legati per esempio all’accessibilità, al carico al suolo, alle condizioni di allestimento – richiedono una continua ricerca di soluzioni che non sarebbe necessaria in un edificio concepito per essere un museo di arte contemporanea. Ma sono moltissimi anche i vantaggi. Il primo è quello di iscrivere la creazione in un continuum senza provocare una rottura tra passato e presente, così da mantenere una profondità storica che sia d’ispirazione per gli artisti e attrattiva per il pubblico. Il secondo è progettare spazi irripetibili, in un’epoca che tende alla standardizzazione. Mostrare un’opera a Punta della Dogana, dove la storia del luogo è preponderante, è molto più complicato. Ma quando questo connubio funziona, diventa unico e indimenticabile. Alla Bourse de Commerce, con le sue pareti curve e le numerose finestre, l’effetto sarà lo stesso.
Avete riscontrato complicazioni legate alla legislazione che tutela i monumenti storici nei due Paesi?
Abbiamo avuto, a Venezia come a Parigi, la grande fortuna di poter lavorare con interlocutori di grande spessore. A Venezia, il dialogo illuminante e costruttivo tra Tadao Ando e la sovrintendente Renata Codello ha permesso dei piccoli miracoli quali Punta della Dogana e il Teatrino di Palazzo Grassi. A Parigi, il lavoro congiunto tra gli studi di architettura di Tadao Ando, di Thibault Marca e Lucie Niney e di Pierre-Antoine Gatier ci condurrà, ne sono certo, allo stesso risultato efficace, sottile ed equilibrato. L’edificio, costruito nel 1763 per ospitare il mercato del grano, fu fortemente rimaneggiato nel 1889 da Henri Blondel per accogliere la Bourse de Commerce. Le facciate esterne inglobano la Colonna Medici, monumento del XVI secolo che Caterina de’ Medici aveva fatto realizzare nella corte della propria residenza, e la cupola in ghisa ricostruita nel 1813 da François-Joseph Bélanger in seguito a un incendio. Pierre-Antoine Gatier, Architecte en Chef des Monuments Historiques responsabile del restauro della Bourse de Commerce, ha commentato con noi il suo intervento.
Il restauro ricondurrà il monumento a una fase specifica delle sue diverse vite?
Il 1889 è il grande momento dell’esposizione universale con la Torre Eiffel che simbolizza il successo della costruzione razionalista del XIX secolo. Le affiche pubblicate in occasione dell’inaugurazione rappresentavano assieme la Tour Eiffel e la Bourse de Commerce, illustri modelli dell’abilità tecnologica francese. Il valore simbolico assunto dalla cupola giustifica il fatto che, quando Blondel restaura l’edificio preesistente, ne conservi l’intelaiatura del 1813, la più grande edificata in Francia in ghisa. C’è una sorta di storia che s’intreccia tra la Tour Eiffel e la Borsa. Dagli archivi si evince persino che alcune imprese avevano lavorato su entrambi i monumenti. Il nostro progetto prevede di restaurare lo stato originale, che altro non è che l’edificio del 1889. Non si tratta quindi di ritrovare uno stato scomparso, oggi non più leggibile, ma di ripristinare la materia esistente secondo una prassi che si avvicina allo spirito italiano e che favorisce la conservazione di tutte le fasi storiche del monumento.
È stato semplice coordinare il restauro con l’intervento dello studio Ando?
Tra l’équipe di progettazione contemporanea e la nostra équipe si è creato un rapporto di ammirazione e rispetto, quasi di fascinazione nei confronti di Ando che riconosce nel Pantheon di Roma une grande fonte d’ispirazione. Si è creata così una sorta di comunità intellettuale, rispettosa della pianta circolare esistente. Eravamo lì, tutti assieme, per inventare una struttura complessa, che associasse il velo di cemento armato e la struttura antica, cercando allo stesso tempo di assicurarne la reversibilità. Il cilindro di Tadao Ando si fonda profondamente nel suolo e attraversa i solai di Blondel rispettandoli e affermando la forte volontà di confrontare la storia con una modernità “controllata”. A riprova delle buone relazioni che si erano create sul cantiere, anche il ritrovamento delle tele murali che decoravano l’antica Sala dei Passi Perduti e che rappresentano scene dedicate al commercio. Il progetto di conservazione di queste tele è stato immediatamente adottato da tutti.
Secondo quali criteri si rinuncia a un elemento storico in favore del rinnovamento?
La trasformazione verso un nuovo uso impone la comprensione dell’edificio tramite un’analisi storica e archeologica che permetta di distinguere la struttura originale dalle opere meno eccezionali. Questo lavoro archeologico, fondamentale, deve essere ben documentato dal costante confronto tra rilievi architettonici e fonti storiche.