In molte delle vostre ristrutturazioni domestiche privilegiate la flessibilità alla definizione precisa degli spazi. Perché?
L’ambiente domestico fa parte di una rete di spazi che condizionano la soggettività. Una casa trasformabile permette di sperimentare su se stessi, di abbellire e raccontare la propria vita, di cercare e provare nuovi copioni, di recitare e di giocare con le identità. Ci interessa progettare spazi domestici in grado di adattarsi a stili di vita diversi, a utenti diversi, alle contingenze della vita.
Elii: “Le case sono teatri dove recitiamo le nostre commedie quotidiane”
Gli architetti spagnoli illustrano i loro progetti flessibili e personalizzabili e parlano del confine sempre più labile tra casa e spazio pubblico.
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- Federico Casati
- 27 giugno 2018
- Madrid
Spiegateci la vostra idea di casa come teatro.
La vita quotidiana è una specie di telenovela. Ci piace concepire la casa come uno spazio dove giorno dopo giorno si recitano delle commedie, in cui gli abitanti sono contemporaneamente gli attori e il pubblico. È una specie di palcoscenico trasformabile attrezzato per rendere più intensa l’esperienza drammatica del corpo, per mettere in questione i loro ruoli sociali, per creare un apparato iconografico comune, per sperimentare la loro soggettività e le potenzialità dell’ordinario.
Uno spazio domestico così particolare ed elastico – pensiamo per esempio al vostro progetto Didomestic – presuppone un utente altrettanto speciale ed elastico. È davvero così?
Didomestic è la ristrutturazione di un loft in centro a Madrid, destinato a una ragazza che si definisce fan della musica heavy metal e di Hello Kitty, e che voleva iniziare una nuova vita uscendo dal nido familiare.
Il progetto propone una duplice strategia: da una parte una distribuzione semplice garantisce la massima funzionalità a questo piccolo spazio con il tetto a mansarda; dall’altra parte, soffitti e pavimenti sono equipaggiati con una serie di dispositivi che permettono più configurazioni. Pannelli scorrevoli, portelli, spazi segreti, meccanismi pieghevoli, mobili appesi al soffitto… permettono agli abitanti di personalizzare l’abitazione.
Quanto i vostri progetti sono il risultato delle intenzioni del committente, dei suoi desideri o magari dei suoi timori?
Diciamo al 99 per cento. Gli interessi ordinari dei committenti sono il punto di partenza materiale dei progetti. Il quotidiano è sempre ricco e sorprendente. Noi cerchiamo di comprendere le particolarità di ogni situazione per poi progettare la miglior strategia architettonica per ciascun caso. Come dice Michel de Certeau: “La vita si reinventa quotidianamente”.
Il vostro studio lavora spesso su spazi pubblici. Secondo voi esiste un rapporto, pragmatico o simbolico, tra spazio pubblico e spazio domestico?
Le narrazioni tradizionali tendono ad affermare che la politica si svolge negli spazi pubblici. Anche gli spazi e i gesti privati sono parte di una (micro)politica della vita quotidiana. Alcuni dispositivi smart possono rendere l’energia visibile e controllabile. Sono in grado di interagire con i nostri comportamenti inconsci e creare una nuova consapevolezza delle pratiche di consumo energetico.
Le nuove tecnologie in ambito domestico cancellano la distinzione tra spazi pubblici e spazi privati, ovvero tra azione politica e vita quotidiana. Trasformano forze astratte in qualcosa di visibile, di palese e di quantificabile, e quindi in qualcosa su cui si può intervenire. Mostrano come dei banali gesti quotidiani sono integrati a scale d’azione differenti che vanno al di là della casa. La tecnologia offre la possibilità di vedere la casa non come uno spazio privato chiuso in se stesso, ma come uno spazio integrato in una più vasta rete di consumi energetici e di inquinamento. Potremmo dire qualcosa di analogo partendo dagli studi di genere: lo spazio domestico è il campo di battaglia della politica quotidiana.
Questa intervista è parte di “Superdomestico. A dialogue on the new obsession for domesticity”, una ricerca a cura dello studio casatibuonsante architects e ciclo di conferenze promosse e ospitate da Ostello Bello, a Milano. L’obiettivo è quello di analizzare l’ambiente domestico e i suoi cambiamenti rispetto ai meccanismi del sistema economico contemporaneo.