Nel numero di luglio 1944 Domus pubblicò in copertina un’immagine della significativa sede degli studi Paraguay-Suipacha. L’edificio dalle dimensioni relativamente piccole, progettato da Antonio Bonet Castellana, è un esempio capitale dell’architettura argentina del XX secolo e uno dei primi capolavori del Modernismo sudamericano.
Negli anni Venti l’Argentina era uno dei paesi più ricchi del mondo. La sua ricchezza ovviamente si rifletteva nell’architettura della capitale, Buenos Aires. L’esempio più importante e celebre del periodo di prosperità argentino è lo spettacolare ed eclettico Palacio Barolo, l’opera più famosa dell’architetto italiano Mario Palanti. Il suo stile fortemente decorativo doveva tuttavia essere ben presto sostituito da un Modernismo progressista, introdotto in Argentina dal giovane architetto spagnolo Antonio Bonet Castellana (1913-1989).
Antonio Bonet Castellana arrivò a Buenos Aires dopo una breve esperienza di lavoro del 1936 nello studio di Le Corbusier. Qui ebbe come colleghi dei giovani architetti di Buenos Aires: Jorge Ferrari Hardoy e Juan Kurchan. Nel 1938 si ritrovarono a Buenos Aires, dove fondarono un importante movimento d’architettura e d’arte battezzato Austral, legato alla fusione di culture di cui Buenos Aires era il centro negli anni Trenta. Purtroppo il gruppo sopravvisse integralmente per un solo anno, fino alla pubblicazione del terzo numero della rivista che portava lo stesso nome. Ma gli architetti rimasero in contatto tra loro e continuarono a lavorare insieme. La più famosa opera in collaborazione dei tre fu la poltrona BKF (Bonet-Kurchan-Ferrari Hardoy), progettata nel 1938 e diventata famosa in tutto il mondo. Dal 1975 il progetto viene prodotto dalla Knoll con il nome di Butterfly.
Comunque sia, Bonet iniziò a focalizzare la sua attenzione sull’architettura nel 1938, progettando nello stesso anno il primissimo esempio della sua concezione dell’architettura: la sede degli studi d’arte municipali Paraguay-Suipacha, ispirati a Le Corbusier e alle precedenti esperienze di Bonet nel gruppo d’architettura spagnolo GATCPAC, formatosi negli anni Trenta come ramo del CIAM. A soli 22 anni Bonet, insieme con Vera Barros e López Chas, creò il primissimo edificio esemplare dell’architettura americana moderna. Gli architetti proposero un’alternativa alla rigida linea parete a parete dei palazzi d’appartamenti del centro cittadino e crearono una dinamica struttura angolare, dove le idee razionaliste europee erano perseguite attraverso nuovi gesti organici e surrealisti.
L’edificio fu realizzato in calcestruzzo, acciaio e vetro come un ricco mosaico di schemi curvilinei, volumi arrotondati ed elaborati particolari tecnici. Al piano terreno dell’edificio si accosta l’ondulazione delle vetrine dei negozi. Gli altri piani sono realizzati con grandi telai d’acciaio e con un geometrico mosaico di finestre, blocchi di vetro e persiane verticali. Infine, in cima all’edificio, sono collocati due attici coperti a volta. All’interno la struttura consiste in quattro negozi da affittare al piano terreno e in sette studi d’artista di varie dimensioni sugli altri piani. Bonet inserì nell’edificio una serie di particolari, tra cui arredamenti polifunzionali e modulari, lampade e altri elementi, che riflettevano la rapida trasformazione degli stili di vita della fine degli anni Trenta.
Gli architetti, pur sottraendosi all’osservanza rigida del razionalismo europeo, aggiunsero al loro linguaggio architettonico una variegata miscela di immaginazione. Certe forme organiche dei tre piani dell’edificio ricordano le visioni fantastiche della natura e della figura umana dei quadri surrealisti di Salvador Dalí, Joan Miró, Pablo Picasso e Yves Tanguy, di cui Bonet era amico. Il risultato è un’originalissima sintesi di stile e di particolari. Oggi l’edificio appare all’esterno alquanto invecchiato, ma la sua patina racconta la straordinaria storia delle origini del Modernismo argentino.
Nelle sue soluzioni progettuali il razionalismo si sposa alla sensualità e alla fantasia. All’interno si ritrovano gli elementi originari del progetto. Nonostante che la pianta di alcuni studi sia cambiata, ancora si distinguono una scala a chiocciola di metallo e il bancone in muratura di uno degli studi. La parte meglio conservata dell’edificio è uno degli attici in cima al palazzo, che ancora funge da studio d’architettura. Occupato dallo stesso Bonet fino al 1941, lo spazio è racchiuso da una straordinaria copertura a volta e arredato, come in origine, con contenitori singoli e una straordinaria parete mobile dall’elaboratissima realizzazione in acciaio. Tutti elementi che mostrano una poco ortodossa fusione di componenti costruttive razionaliste con una fantasia sensuale e una gioiosa architettura. Il terrazzo adiacente presenta soluzioni analoghe, tra cui un pavimento a forme organiche e schermi di metallo ondulati. Negli anni Cinquanta Bonet, prima di fare ritorno in Spagna, costruì alcuni altri edifici e case d’abitazione in Argentina e in Paraguay. In patria lavorò molto a Barcellona, progettando edifici pubblici e residenziali e splendide residenze private come Villa La Ricarda.