Non tutti lo ricorderanno, ma una delle grandi passioni di Bruno Munari fu il teatro e in particolare, quello per l’infanzia. Al punto che, negli anni Settanta-Ottanta adattò una sua fiaba, Cappuccetto Bianco, per la scena e avviò una collaborazione con il Teatro del Buratto, una delle istituzioni storiche di Milano per burattini e teatro di figura, per cui tenne dei laboratori per bambini e collaborò alla creatività, realizzando tra l’altro i manifesti di una delle riduzioni per pupazzi e attori cult dell’epoca, Quello stolfo da Ferrara, libero adattamento dall’Orlando Furioso con le musiche di Franco Battiato. Oggi, questa passione del grande designer milanese viene finalmente riconosciuta con l’inaugurazione del Teatro Munari, la nuova casa di quelli del Buratto commissionata una decina di anni fa all’architetto milanese Italo Rota, e costruita nel cuore del Municipio 9, zona Dergano-Maciachini, che ne trarrà un grande beneficio oltre che un nuovo segno architettonico forte. L’assegnazione all’ente è stata fatta di recente ma le idee erano chiare da subito, racconta Italo Rota: “I rappresentanti del Municipio 9 hanno voluto fortemente questo teatro per l’infanzia e l’hanno difeso durante le tantissime assemblee pubbliche e riunioni in merito: sono particolarmente contento che sia stato assegnato al Teatro del Buratto, mi sembra un matrimonio felice”.
L’importanza dell’evento traspare anche dalla soddisfazione del Comune di Milano, espressa per bocca dell’assessore alla Cultura Filippo Del Corno: “Non vogliamo che Milano abbia un polo unico per le attività legate all'infanzia ma è evidente che per noi il Teatro Munari rappresenta un’eccellenza e un punto focale, non solo per il Municipio 9”. Vale la pena sottolinearlo, prima d’ora in città non esisteva un centro polifunzionale così grande e completo per la creatività dei più piccoli: il nuovo Teatro Munari, che occupa più un’area di oltre 2.000 mq, infatti, non vive solo di alzate di sipario nonostante il bellissimo teatro double-face, nella bella stagione il palco verrà “girato” sui giardinetti del complesso, come racconta Rota: “Entro l’estate realizzeremo la platea esterna e in questo modo il teatro potrà accogliere molti più spettatori e diventerà il più grande palcoscenico a cielo aperto di Milano”.
Mediante un portellone scorrevole tipo hangar aeronautico, il teatro si apre infatti completamente verso la platea naturale esterna a verde del parco antistante, permettendo la realizzazione di spettacoli outdoor per un pubblico di circa 2.000 persone, mica male. In attesa, ci si può consolare con gli oltre 300 posti del teatro coperto, un gioiello sobrio e minimalista di tonalità grigie con un grande e dominante palcoscenico che permetterà spettacoli anche importanti. Ma il palco è solo la ciliegina di un progetto che puntava a creare un’architettura “immersiva e fluida”, disponibile a ulteriori innesti e interventi se necessario, sottolinea l’architetto milanese, anche lui affascinato dal mondo dell’infanzia grazie ai suoi figli: “L’idea nasce dalla struttura-base dei videogiochi: ormai i bambini hanno interiorizzato il modo di muoversi all'interno dei videogame, trovandosi a proprio agio nella quarta dimensione che sottende il tempo necessario per lo spostamento e consente di strutturare le relazioni senza più la necessità del movimento”.
Il complesso, molto frastagliato e caratterizzato da linee scalene, ospita tre grandi spazi configurabili che, nella visione di Rota, “danno luogo a tanti teatri in uno, per tenerlo in vita durante la settimana in cui bambini grandi e piccoli, svolgono attività di teatro ma non solo”. In sostanza, il complesso si presenta come una completa macchina per lo spettacolo dotata di spazi interni per il pubblico (foyer, bar e guardaroba), per le attività di scuola e per laboratori didattici innovativi, laboratori di scena, uffici e aree break interne ed esterne. Continua Rota: “Volevamo creare un luogo per la creatività infinita di grandi e piccini, per poter fare spettacoli senza soluzione di continuità: anche il teatro può prendere tantissime configurazioni, frontali, laterali e inoltre è un luogo proiettato sul futuro, nei laboratori si potranno costruire dei pupazzi-robot... C’è un’attrezzatura che permette di fare queste cose, è come un fab-lab, un centro per la creatività anche digitale dei bambini”. La rivoluzione tecnologica di quest'epoca è un concetto che Rota ha tenuto e tiene presente per ogni nuovo progetto: “L’architetto è sempre immerso nelle sue problematiche legate alla climatologia e alla legge di gravità. Ma nella vita delle persone che usano l’architettura ci sono stati davvero una grande rivoluzione tecnologica e un cambiamento: oggi penso che abbiamo conquistato una sorta di libertà dall’architettura, che per lo più è una produttrice di denaro sotto forma di spazio”. L’architetto milanese racconta di amare sempre tantissimo Milano, “città piccola in cui però c’è tutto”, ma ammette che non lo disdegnerebbe un’esperienza in Cina, “perché è un posto immenso in cui si può lavorare con i grandi numeri”. E coglie l’occasione per lanciare l’anti-manifesto dell’architettura 4.0: “Oggi dobbiamo abituarci ad avere dei luoghi con edifici essenzialmente da usare, che al bisogno possono essere sostituiti con altre cose: poi se sopravvivono a se stessi perché funzionano, tanto meglio”. Al Teatro Munari puoi anche “aggiungere altre pezzi, il progetto induce una certa proliferazione, la nuova poetica è quella della reversibilità e del riutilizzo totale degli spazi: lo stile, e l’identità sono fluidi e in divenire perenne”. E “immersivi”, come i mondi creati dai nuovi videogame per la realtà virtuale, conclude Rota: “Schiacci e ti giri, o fai un salto di ambiente, vai sopra o sotto: l’immaginario dei nuovi videogiochi è fantastico, allarga gli orizzonti e lo sto portando nell’architettura”.
- Progetto:
- Italo Rota
- Committente:
- Comune di Milano
- Anno di progetto:
- 2007
- Realizzazione:
- 2017
- Indirizzo:
- Area Ex Carlo Erba, via Bovio Milano