Inaugurata lo scorso maggio sull’Île Seguin, La Seine Musicale di Shigeru Ban è già diventata un’icona. L’inconfondibile guscio di vetro, acciaio e legno dell’auditorium – affettuosamente soprannominato l’uovo – è anche un capolavoro di tecnologia: è rivestito di cellule fotovoltaiche che, scorrendo su binari a intervalli di 15 minuti, seguono il movimento del sole. Eppure forma, tecnologia e spettacolarità sono agli ultimi posti nella scala delle priorità del Pritzker giapponese, che è riuscito nella non facile impresa di usare un materiale povero ed economico come il cartone per realizzare chiese, padiglioni e strutture di emergenza. Anche nella sala da concerti parigina, che ha una capienza di 6.000 spettatori, ha impiegato il cartone sul soffitto e alle pareti, ma “i pattern sono sagomati su precise richieste degli ingegneri del suono”, tiene a precisare, “non è semplice decorazione, servono a migliorare l’acustica e l’atmosfera”. Rendere l’edificio accessibile a un pubblico quanto più ampio possibile, anche quando non ci sono concerti, è stata un’altra priorità. L’abbiamo incontrato a Parigi e ci siamo fatti raccontare dei suoi nuovi progetti, della sua idea di flessibilità e della sua passione per l’Europa che, ammette, “resta il posto più interessante oggi per realizzare architettura di qualità”.
La mia architettura al servizio della società
Partendo dal suo ultimo progetto parigino, La Seine Musicale, Shigeru Ban ci racconta la sua idea di spazio pubblico, privato e intermedio, l’importanza di un’architettura al servizio della società e le sue strategie per realizzare progetti densi di significato.
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- Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot
- 05 ottobre 2017
- Parigi
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Quando hai capito che era possibile usare carta e cartone per costruire architetture e strutture?
Shigeru Ban: Sono sempre stato molto interessato alla struttura e ai materiali e uno dei miei architetti preferiti è Frei Otto, grande sperimentatore di materiali e strutture. Per uno dei miei primi progetti di allestimento cercavo un materiale poco costoso. L’ho trovato nei tubi di cartone usati per avvolgere rotoli di carta velina: erano più resistenti di quanto mi aspettassi, quindi ho iniziato a sperimentare. Se pensiamo che anche un edificio in cemento può essere facilmente distrutto da un terremoto, mentre costruzioni tradizionali con strutture in legno realizzate secoli fa sono ancora in buone condizioni, è evidente che la robustezza non ha nulla a che fare con i materiali usati. Sviluppare un materiale resistente richiede molto denaro, energia e procedure spesso complesse. Con i tubi di carta ho potuto fare i test da solo, senza ingegneri strutturisti. Ho sviluppato nuovi modi di utilizzare qualcosa che esisteva già.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: L’elemento più riconoscibile de La Seine Musicale è la struttura in legno che conferisce un carattere forte all’edificio. All'interno della sala principale hai usato tubi in cartone: per le poltrone, per rivestire le pareti e per connotare il soffitto. Puoi dirci qualcosa di più sull’uso dei pattern della struttura e per la decorazione?
Shigeru Ban: La cupola ha una struttura esagonale in legno curvo lamellare molto semplice: bastano due elementi. Di solito, nelle mie architetture la decorazione deriva direttamente dalla struttura. In questo caso, invece, i pattern delle pareti sono stati sagomati su precise richieste acustiche degli ingegneri. Il soffitto è insolito, non posso negare che la decorazione crea diversi motivi e ombre e, quindi, atmosfere diverse a seconda dello spettacolo: non è però solo semplice decorazione, serve a migliorare l’acustica e l’atmosfera.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Nelle Shutter House (Tokyo, 2003), Metal Shutter House (New York, 2010) e Hayek Center (Tokyo, 2007) hai usato un sistema di aperture che trasforma l'interno dell'edificio in uno spazio intermedio, che possiamo considerare uno spazio pubblico atipico: è privato, ma usato come spazio pubblico. Un dispositivo analogo è presente anche ne La Seine Musicale. Qual è il senso di queste aperture?
Shigeru Ban: Credo che uno spazio intermedio sia piacevole per chiunque. Nelle città italiane o a Parigi, le persone amano bere un caffè all’aperto anche in inverno e, quando fa troppo freddo per sedersi fuori, si può ancora godere del clima grazie a questi spazi intermedi. Ritengo anche che sia molto importante aprire l'edificio verso l'esterno perché normalmente i teatri attirano poche persone. Penso che gli edifici pubblici debbano invece essere aperti al più ampio pubblico possibile. In questo senso, gli spazi intermedi hanno un ruolo molto importante per invitare le persone a varcare la soglia, magari solo per passeggiare e assorbire qualcosa della cultura che vi si respira all'interno. Nel caso de La Seine Musicale, dovevo rispettare il masterplan di Jean Nouvel. Così ho deciso di estendere il tracciato, trasformandolo in un’arteria commerciale che attraversa l'ingresso e continua fino alla fine del mio edificio per centinaia di metri: l'enorme saracinesca, una volta aperta, permette alle persone di camminare lungo una passeggiata pubblica che porta lo spazio esterno all’interno. Una volta dentro — oltre ad approfittare dei caffè e dei negozi — dalle grandi finestre che punteggiano la passeggiata, si possono osservare le prove dei musicisti e la sala da concerto: è un'esperienza interessante, insolita e gratuita. Ho fatto in modo che l'edificio fosse sempre aperto al pubblico, anche quando non ci sono concerti.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Nei tuoi progetti è ricorrente l’idea di flessibilità. Per esempio, i cubicoli su ruote della Naked House (Saitama, 2000) consentono di riconfigurare lo spazio secondo le diverse esigenze dei proprietari della casa. Ci viene in mente anche il tuo progetto per una casa estiva completamente senza pareti, nemmeno per il bagno.
Shigeru Ban: In entrambi i casi, l'idea nasce dal fatto che i committenti avevano budget e spazio limitati. Rendere uno spazio flessibile sovrapponendo funzioni diverse è un modo per migliorare i piccoli spazi e ottenere un risultato finale interessante.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: In uno dei tuoi progetti più famosi, la Curtain Wall House (Tokyo, 1995), s’intravede una sperimentazione tra il modo giapponese e quello occidentale di creare uno spazio: da un lato, c'è la dissoluzione dei confini; dall'altra, l'uso di una tenda a doppia altezza. Come sei arrivato a questa idea?
Shigeru Ban: Probabilmente sono influenzato in modo inconsapevole dalla cultura giapponese, ma in generale non amo quando i critici di architettura la collegano alla mia architettura. Ci sono diversi progettisti miei connazionali che utilizzano il loro essere giapponesi come strategia per vincere concorsi e realizzare architetture. Non è il mio caso. Nella Curtain Wall House, per esempio, sono stato fortemente influenzato dalle case nel deserto della California che ho visitato quando ho iniziato a studiare architettura negli Stati Uniti. Là usano materiali semplici o industriali e, a causa del clima secco, cercano di aprire le residenze il più possibile; è una cosa che mi è rimasta impressa. La tenda a doppia altezza del mio progetto è un dispositivo di ombreggiatura, come quelli che possiamo trovare in piazza San Marco a Venezia o anche a Beirut: sono rimasto sorpreso di vedere quanti balconi qui hanno grandi tende.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Perché hai deciso di lavorare in Francia? Quali sono le differenze tra la Francia e altri Paesi dove lavori (come USA e Giappone)?
Shigeru Ban: Ho deciso di aprire un ufficio a Parigi nel 2004, quando ho vinto il concorso per il Centre Pompidou-Metz. Il progetto di Metz era molto importante per la mia carriera, non volevo commettere errori e volevo controllare tutto il processo. Lavorare in Francia è molto difficile, ma la Francia è il miglior Paese al mondo per l'architettura. In Giappone o negli Stati Uniti, dove ho studiato, se non hai esperienza nella progettazione di musei, non sarai mai invitato a partecipare a un concorso; in Francia, invece, questo non importa. Il Centre Pompidou-Metz è stato il mio primo museo, La Seine Musicale il mio primo teatro. In Francia i committenti cercano idee e progettisti interessanti. Lavorare in Giappone, Stati Uniti ed Europa è molto diverso. In Giappone, le imprese edili sono di grande aiuto e abbiamo una grande cultura della costruzione, tuttavia essendo un'isola è difficile studiare ingegneria. Gli USA hanno perso tutta la produzione manifatturiera e, se non hai un grosso budget, tutto proviene dalla Cina. L'Europa resta il posto più interessante oggi per realizzare architettura di qualità: ci sono industrie, artigiani, ingegneri, ottenere materiali di alta qualità dall'Italia o dalla Finlandia è facile e si può trarre vantaggio dal mercato unico aperto. Quando ho aperto il mio ufficio a Parigi, ho portato con me alcuni collaboratori da Tokyo, dopo un po’ di tempo ho assunto in loco. Ho anche un ottimo partner francese: Jean de Gastines. In tal senso, mi considero molto fortunato.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Hai fatto diversi progetti con uno scopo umanitario, destinati alle persone che soffrono per un disastro o vivono in un Paese povero: puoi dirci cosa ti spinge a impegnarti in quest’ambito?
Shigeru Ban: Dopo i primi 10 anni di professione sono rimasto molto deluso perché lavoriamo sempre per chi ha i soldi e il potere. Gli architetti sono incaricati di fare monumenti per mostrare al pubblico il loro potere e, soprattutto, il potere del denaro. Ricordo che ero stanco e triste di vedere che gli architetti non lavoravano per la società, ma solo per i ricchi. Volevo usare la mia esperienza e le mie conoscenze anche per il grande pubblico, per le persone che avevano perso la casa a causa di un disastro naturale. Si aprono sempre molte nuove opportunità per gli architetti dopo una tragedia. Sapevo che, prima del processo di ricostruzione, le persone soffrono di condizioni di vita difficili. Come architetto, volevo migliorare le condizioni di vita delle strutture di evacuazione e degli alloggi temporanei in cui si abita prima di ritrovare la normalità in case vere. Ecco perché ho deciso di utilizzare partizioni di cartone: per restituire alla gente un po’ di privacy. L’intimità è un bisogno umano fondamentale. Dopo un disastro, dopo avere subito la perdita di persone carissime, dei propri averi e dei beni personali, essere anche obbligati a condividere lo spazio con persone sconosciute è davvero troppo. Ecco perché ho fatto questa scelta.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Qual è il tuo messaggio architettonico al mondo?
Shigeru Ban: Non ho un messaggio per il mondo, tuttavia dico sempre ai giovani studenti che devono viaggiare e conoscere culture diverse. Questo è il punto di partenza più importante per diventare un buon architetto.
Intervista di Salvator-John A. Liotta e Fabienne Louyot
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