Era il 31 marzo quando sono cominciate le notti di dibattito in place de la Repubbliche e oggi – 3 maggio, giorno dell’intervista – per loro è il 64 marzo. Partiamo da qui – dal fatto che la misurare del tempo è riformulata come vuole la tradizione rivoluzionaria –, per ascoltare le ragioni dei partecipanti alle “Nuit Debout”. Gente che s’incontra in una piazza divenuta simbolo della partecipazione attiva e luogo pubblico di riappropriazione della parola. “Archi Debout” nasce dalla volontà comune di prendere parte al movimento cittadino che ha fatto nascere “Nuit Debout”: anche gli architetti hanno voluto riunirsi in assemblea per immaginare un progetto comune di società. Abbiamo incontrato Olivier Leclercq, iniziatore di “Archi Debout”, che ci racconta delle assemblee dedicate all’architettura e alla città in queste notti parigine.
Archi Debout
Olivier Leclercq racconta perché gli architetti parigini si riuniscono in assemblea ogni sera a discutere fino a notte fonda di spazio pubblico, immaginando un progetto comune di società.
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- Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot
- 13 giugno 2016
- Parigi
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Da fine marzo, place de la République è diventata luogo di assemblea permanente, v’incontrate ogni sera verso le 18 e continuate fino a notte fonda. Olivier Leclercq: Il mio studio è giusto accanto, ho cominciato a partecipare alle prime serate di discussione generale fino a quando una sera ho lanciato l’idea di cominciare a discutere di città e architettura. Questo desiderio è stato largamente condiviso, vista la velocità con la quale l’avvenimento si è propagato in una settimana: più di 3.000 persone interessate e 850 partecipanti, malgrado le condizioni atmosferiche poco clementi. Architetti, ingegneri, paesaggisti, urbanisti e cittadini comuni sono venuti in massa ad assistere all’assemblea generale di “Archi Debout”, per discutere di spazio pubblico: un buon segno. Va detto che è apparso subito evidente che gli architetti sono cittadini come gli altri e che hanno un loro posto nel movimento “Nuit Debout”. La cosa veramente interessante è che non si sta avanzando nessuna rivendicazione. La gente viene perché ha voglia di discutere, di esprimere la propria opinione, di sentire cosa pensano gli altri. C’è uno spirito che forse è lo stesso dell’agorà greca delle origini.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Disaffezione alla cosa pubblica, mancata partecipazione all’esercizio democratico, percentuali di elettori al voto nei paesi europei mai state così basse, assenza di luoghi di discussione partecipativi mentre “Nuit Debout” continua a crescere in intensità offrendo un luogo d’incontro e di scambio. Il solo fatto che la gente venga e discuta è una prova di democrazia, significa fare esperienza per la prima volta del fatto che le proprie opinioni contino. Olivier Leclercq: Quando ho scritto delle ragioni della mia proposta d’incontro, riflessioni che avevo in testa e che rimuginavo nel mio angolino, ho potuto riscontrare – grazie ad “Archi Debout” – che tanti altri sentivano le stesse cose e adesso invece che pensarle da soli le pensiamo insieme. Viene fuori un malessere diffuso nel mondo architettonico, con l’architetto che esegue i piani imposti dai promotori immobiliari a loro volta guidati dalla logica del profitto. Morale: gli architetti si trovano a eseguire progetti che non hanno le persone – e il loro benessere – come loro obiettivo.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Quali sono le dinamiche di discussione, cosa avete in mente per il futuro, state pensando a delle azioni concrete? Te lo chiedo sapendo che ci risponderai che non è importante dare indicazioni concrete ma che conta lo spirito che ci mettete nel vivere questo momento. Olivier Leclercq: Sì è vero, questo è quello che ci chiedono in molti e la risposta è no, non c’è alcuna azione concreta che proponiamo, perché non vogliamo alcuna struttura che ingabbi questa cosa splendida di fare esperienza della democrazia attiva. Appena sorgeranno sovrastrutture gerarchiche, “Nuit Debout” sarà già finita. Oggi è una struttura orizzontale, usiamo WikiDebout – piattaforma libera e accessibile a tutti – per proporre temi d’interesse comune che vengono poi discussi da tutti. È importante esserci e vivere la sensazione di stare insieme, di essere una massa critica capace di agire.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: Sembra dalle tue parole di intuire una voglia di libertà, la necessità di sfuggire a qualsivoglia classificazione e di occupare luoghi di democrazia dove invece la riposta della politica sembra soltanto di voler difendere posizioni acquisite e impedire il prosieguo di questa esperienza. Olivier Leclercq: Qualche giorno fa, siamo andati con una cupola geodetica in piazza. Montiamo questa struttura all’arrivo e la smontiamo la notte prima di andare via. Sotto la cupola le persone hanno affisso post-it, parole-chiave da discutere, qui ha trovato posto pure la radio per le sue trasmissioni. Poi è arrivata l’ordinanza del ministro Cazaneuve che dichiara illegali le strutture temporanee di qualsiasi tipo. Invece che fermarci, stiamo pensando a una cupola ancora più grande. Così l’architettura diventa un atto di disobbedienza per il quale si può essere arrestati. Nella sua banalità mi sembra un’idea forte perché la cupola non è altro che un luogo d’incontro, uno spazio di democrazia dove si parla di habitat urbano, di architettura partecipativa, della città giungla di Calais. La risposta della politica: qualsiasi struttura temporanea che crei un luogo dove discutere è proibita.
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot: In Francia, la legge sull’architettura del ’77 metteva la professione di architetto al centro di un discorso di qualità urbana che sottolineava l’architettura come attività di interesse pubblico. Le varie riforme susseguitesi negli ultimi 30 anni ne hanno eroso il ruolo svuotandolo di senso e de-potenziandolo. Olivier Leclercq: Vi è voglia di riprendere il controllo sulla cosa pubblica e sulla maniera di pensare gli stili di vita contemporanei. L’arrivo della proposta di avere una commissione architettura è stato magnificamente accolto. Le tre ore di assemblea straordinaria hanno visto dibattere su temi quali la mercificazione delle città, come concepire la sistemazione dei quartieri insieme agli abitanti degli stessi, come opporsi alla mancanza di alloggi e all’esclusione sociale e urbana, come rivendicare il diritto alla città, come pensare il legame fra ambito urbano e rurale, come creare un legame fra architettura e agricoltura. Gli scambi con la piazza hanno permesso di constatare in modo allarmante che la professione non ha più i mezzi né per agire né per esercitare correttamente il suo mestiere.
Da troppo tempo gli architetti sono isolati o individualisti. Gli strumenti digitali ci devono portare verso nuove forme di collaborazione, le scuole di architettura vanno riaperte al dibattito cittadino, va scritta una carta di progettazione equa e continuare gli incontri di “Archi Debout” è più che necessario in questo senso. Questo movimento non è che all’inizio, serve la partecipazione più estesa possibile, che la gente si appropri ancora una volta e per sempre della propria vita.
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