Ideato 30 anni fa dall’architetto Jean Nouvel, l’edificio della Fondation Cartier pour l’Art Contemporain apre il suo involucro di vetro agli artisti invitati, a loro volta indotti a dialogare con l’architettura dell’edificio.
Ritrarsi per contemplare meglio
La “ballata” di Diller Scofidio + Renfro alla Fondation Cartier costringe lo spettatore a immergersi nell’installazione artistica, allungato su un carrello come un meccanico sotto il motore di un’auto.
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- Jean-Michel Landecy
- 21 novembre 2014
- Parigi
Realizzando la “Ballade pour une boîte de verre – Musings on a Glass Box” (“Ballata per un involucro di vetro – Riflessioni su una scatola di vetro”) lo studio Diller Scofidio + Renfro non rinnega la regola, ma sceglie di trascenderla, amplificando la sua riflessione grazie al duplice sguardo di un compositore (David Lang) e di un designer del suono (Jody Elff) con l’aiuto di un mago della robotica (Marty Chafkin) e, così facendo, dà vita a modalità espressive inedite.
Per gli autori, la cui riconosciuta professionalità oscilla tra ricerca, tecnologia e progetto, lo spazio proposto è il terreno ideale per sperimentazioni atte a forzare i limiti del rapporto con lo spazio, della sua percezione, del suo vissuto e della sua stessa rappresentazione.
La prima veduta che si offre al visitatore è quella di un vuoto, un vuoto costruttivo, quello dello spazio originario: un omaggio all’architettura dell’edificio in cui i creatori dell’installazione rimangono volontariamente minimalisti, rafforzando la leggibilità del giardino con il gioco delle pareti vetrate che alternano trasparenze e opacità.
La quiete del luogo è turbata dal ritmo regolare di gocce d’acqua che cadono, le quali divengono a loro volta origine – grazie a un collegamento a distanza – di una catena di effetti sonori e di video in tempo reale. Da una sala all’altra, e a partire da un fatto anodino, l’installazione si costruisce sull’amplificazione permanente, svelata nella forma di sperimentazioni visive e acustiche d’eccezione.
La “ballata” immaginata dagli ideatori implica un rapporto di partecipazione da parte dello spettatore, costringendolo a immergersi nell’installazione artistica, allungato su un carrello come un meccanico sotto il motore d’un’auto, sotto un soffitto sospeso composto di schermi vestiti di lamiera microforata, vibranti di onde luminose che invitano alla riflessione e ai sogni, e alieni da qualunque riferimento formale tradizionale.
L’uomo instaura così un dialogo inedito immergendosi totalmente all’interno dell’opera. “Nel nostro lavoro l’architettura spesso è invisibile, e le atmosfere vengono usate per farci uscire dal nostro sonnambulismo.” [1]
Una volta affrancato da questo viaggio nello ‘spazio-tempo’ e al calar della notte, il visitatore ritrova i suoi punti di riferimento al ricomparire del parco circostante, immerso in una luce verde fluorescente, diafana.
© riproduzione riservata
Nota:
1. Intervista di Edward Dimendberg con Elizabeth Diller et Ricardo Scofidio, New York, 21 settembre 2014.
fino al 22 febbraio 2015
Ballade pour une boîte de verre
Musings on a glass box
Diller Scofidio + Renfro
in collaborazione con David Lang e Jody Elff
Fondation Cartier pour l’Art Contemporain, Parigi