Fra poche ore il comitato del Pritzker incoronerà “l’Architetto del 2014”. Ognuno avrà probabilmente già maturato le proprie aspettative (magari influenzate dalle sue personali preferenze). D’altra parte, se a volte in passato la scelta del Pritzker si è rivelata prevedibile, è anche vero che a volte non sono mancate le sorprese. In attesa del risultato, abbiamo cercato di capire cosa pensa il grande pubblico, analizzando Internet e il flusso costante di informazioni, opinioni, gusti che in esso si riversano ogni giorno, anche a proposito di architettura.
Social-genic #1: architetti
In attesa della proclamazione del vincitore del Pritzker 2014, proponiamo gli esiti di un test di popolarità, compiuto lo scorso anno su un campione di 200.000 post, per capire chi (e perché) è l’architetto più discusso, commentato e apprezzato oggi sui social network.
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- Maria Novozhilova
- 22 marzo 2014
- Milano
Per scoprirlo, insieme con Voices from the Blogs, spin-off dell’Università degli Studi di Milano, sono stati analizzati circa 200.000 post pubblici in lingua inglese in tutto il mondo, pubblicati dal 2 gennaio al 25 novembre 2013 sui principali social network, come Twitter, Facebook, Pinterest, Google+, su diversi blog, forum e su YouTube, con un duplice fine: capire da un lato chi è l’architetto più discusso e commentato sui social network; dall’altro, chi risulta il più apprezzato.
Chi pensava che vincere il Pritzker o dirigere un qualche evento culturale di grande importanza (per esempio la Biennale d’Architettura) bastasse per diventare l’architetto più menzionato del 2013 resterà deluso. Un risultato sorprendente? Solo in parte. Dopotutto, ciò che garantisce una presenza in questa moderna agorà virtuale che chiamiamo Rete è soprattutto la capacità di comunicare. In modo fotogenico, ma anche social-genico.
Per cui non è una sorpresa se quegli architetti che progettano opere iconiche, e forse proprio per questo più facili da comunicare e da ricordare, come Zaha Hadid e Frank Gehry, si innalzano, con pochi eguali, sul piedistallo virtuale della notorietà. Li segue Norman Foster che tuttavia riceve un quarto di commenti in meno rispetto alla leader della nostra classifica.
Tutti gli altri rimangono nelle retrovie. Anche Renzo Piano e Rem Koolhaas, che pure seguono la triade summenzionata nella classifica degli architetti più discussi, non “conquistano” neanche la metà dei commenti riportati dai vincitori della Rete. Una conclusione che si accentua in modo ancor più marcato se consideriamo l’architetto dell’anno. Il vincitore del Pritzker 2013, Toyo Ito, non rientra nemmeno nella top-10 della classifica degli architetti più discussi, raggiungendo meno del 15% delle menzioni della star della gara.
Ma un conto è essere citato, un conto è essere apprezzato. E così Zaha Hadid pur vincendo la “corsa alle menzioni”, la perde per il sentiment, le opinioni positive, come si direbbe nel gergo di chi analizza i social network: infatti, unico caso tra gli architetti considerati, i commenti negativi riferiti a Zaha Hadid prevalgono, seppur di poco, su quelli positivi. In modo simile Frank Gehry, che è al numero due per quantità di menzioni, rimane al secondo posto anche per quanto riguarda la percentuale di menzioni negative ricevute. Insomma, come diceva il poeta Arturo Graf, “corre rischio di farsi odiare da tutti chi da tutti vuol essere amato”. Così sia Zaha Hadid che Frank Gehry vengono criticati spesso proprio per le forme (o meglio, per il formalismo) delle loro creazioni. Ed è proprio qui che Toyo Ito prende la sua rivincita, ottenendo una quota di commenti positivi di tutto rispetto: il 95% del totale.
Analizzare le discussioni online permette però di andare anche oltre al sentiment. Ad esempio, possiamo identificare qual è il progetto più discusso relativo a ciascun architetto. Si parla soprattutto di ciò che è stato appena fatto, oppure la Rete ha una “memoria da elefante”, preferendo focalizzarsi su un progetto che nonostante il tempo che passa continua a rimanere nei cuori (e nei tweet) delle persone? In generale c’è un po’ di tutto: per alcuni (come Toyo Ito e Frank Gehry) si privilegia il passato, per altri le opere di design, per altri ancora le opere sperimentali, che possono spingersi, come nel caso di Norman Foster, fino alla progettazione di una base lunare.
Interessante infine notare come a ogni architetto, nelle discussioni online, sia associata una immagine predominante specifica. Se alcune di queste sono anticipabili (il collegamento ad esempio di Renzo Piano con la struttura e la tecnologia, o quello di Toyo Ito alla figura di vero e proprio “guru” dell'architettura), altre risultano piuttosto sorprendenti. Per esempio, se consideriamo ancora una volta Zaha Hadid, nonostante il grande successo in un campo, come quello dell’architettura, considerato a torto o a ragione come tradizionalmente maschile, viene percepita in primo luogo come designer. O ancora, nel caso di Norman Foster, la discussione legata alla fattibilità del suo progetto “lunare” rinvia alla possibilità (molto più “terra terra”) dell’effettiva fattibilità delle strutture con più o meno innovative stampanti 3D.
A tirare le fila, un vero vincitore non c’è. E del resto sarebbe stato sbagliato credere il contrario. Ognuno, infatti, vince a modo suo. Di una cosa si può essere certi: chiunque trionferà lunedì prossimo, in Rete il dibattito non mancherà.