Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 967, marzo 2013
Lo straniero si fa forza in virtù della distanza che mantiene dagli altri e da se stesso, e che gli conferisce il sentimento altero di non possedere la verità, ma di avere la facoltà di relativizzare e relativizzarsi, mentre gli altri sono in preda alla routine della monovalenza. Julia Kristeva, Etrangers à nous-mêmes, Gallimard, Parigi 1988
Prima d'intraprendere il viaggio tra Milano e Castelrotto, in Trentino-Alto Adige, è stato utile soppesare in anticipo le istantanee della casa-atelier dell'artista Hubert Kostner, progettata da Matteo Scagnol e Sandy Attia (MODUS architects), in modo da accostarsi all'edificio cancellando alcune nozioni dedotte dall'osservare l'architettura alpina degli ultimi 30 anni. Infatti, solo recentemente il paesaggio della montagna è stato finalmente oggetto di modi progettuali in grado di ridare autonomia alle singole architetture che appartengono al complesso scenario dei centri abitati, dove per anni il tema della casa è stato quasi esclusivamente appannaggio della villeggiatura come promozione dell'architettura.
Per lungo tempo, in queste zone, si è manifestata una verve architettonica che ha prodotto una 'messe' di episodi in apparente comunione con l'edilizia locale, replicando villaggi ed edifici troppo simili tra loro per poter confermare l'identità di ogni luogo che, a poco, a poco, è diventata sempre più un collage di cartoline illustrate. La dimensione dell'architettura è emersa così in tutta la sua ostensione, ispirata da fenomeni turistici così potenti da influenzare lo stesso modo di guardarla. Da sempre, invece, la montagna offre molteplici possibilità di posare lo sguardo sul paesaggio e sopra i suoi tanti strati fisici: rocce, alberi, salite e discese, natura e case, ma anche cielo e sole.
Vette tettoniche
La casa-atelier progettata da Matteo Scagnol e Sandy Attia di MODUS architects per l'artista Hubert Kostner propone una coraggiosa sintesi tra paesaggio, contemporaneità e la tradizione vernacolare del Trentino-Alto Adige.
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- Luciano Bolzoni
- 27 marzo 2013
- Castelrotto
La premessa è servita così per avvicinarsi a un edificio che nasce come momento di accostamento—anche a distanza—tra il committente e gli architetti che, nel 2009, gli inviano una cartolina con la traccia concettuale della futura dimora. La cartolina 'vettore' coincide con il desiderio ancora inevaso del suo 'com–mittente' e dà luogo, in seguito, al rigore di un progetto e di una costruzione lasciando che il materiale principale del fabbricato, il legno, si riveli semplicemente in tutta la sua durezza ed esprima i desiderata e la dignità di un cliente che partecipa attivamente al processo progettuale realizzando un primo modello della casa. A partire dall'illustrazione della cartolina, l'architettura prevede già una duplice richiesta di sintesi con un paesaggio in cui è assente la consueta visione della montagna, con vette impervie che incombono sui paesini, e dove, invece, lo sguardo tende a fermarsi sull'altopiano che circonda il villaggio: un contesto che sembra rubato alla Foresta Nera. Un diorama montano, simile ad alcuni lavori dello stesso Kostner che gettano uno sguardo diverso e ironico su un soggetto noto come quello alpino: non copia del reale come funzione d'indagine, ma una differente strategia dello sguardo che può anche diventare finzione. Un altopiano che sembra 'emergere' dal paesaggio e sul quale tutte le case sembrano 'sospese'.
Una volta a Castelrotto, è stato piuttosto semplice individuare l'abitazione e scorgere le due entità separate che contraddistinguono questa doppia costruzione che 'emerge' quasi 'sospesa' su uno sperone innevato. È stato meglio raggiungere l'edificio arrivando dalla parte bassa del paese, percorrendo a piedi il crinale che termina nell'incontrare i due volumi della casa-atelier e osservando lungo il sentiero alcune costruzioni tipiche, ornate da piccole opere artistiche in legno che testimoniano l'approccio degli abitanti all'arte del ricordo e della memoria, approccio che, in futuro, apparterrà anche a questa dimora.
I due volumi si elevano in aria come fossero piccole montagne
In un certo senso, vedere in anticipo le immagini della casa scattate dal basso ha chiarito le rispettive posizioni dell'artista e dei progettisti nei confronti di un ambiente in cui il turismo ha condizionato non poco il modo di vedere gli spazi dell'abitare e, in questo caso, anche del lavoro. Da questo punto di vista, la casa-atelier vive nel villaggio lo stesso grado di estraneità di chi ha inviato la cartolina e di chi l'ha ricevuta: sono "forestieri locali" che, attraverso un dialogo lungo e contrastato, hanno compreso come far nascere una parte di futuro. Il progetto ha generato una costruzione che si scinde in due entità: si elevano in aria come piccole montagne, entrambe da scalare. Sono vette apparentemente prive di copertura in un territorio, come quello alpino, in cui i tetti sintetizzano quasi per intero l'idea stessa di architettura montana. Le due cime edilizie rievocano i tipici masi locali, spesso accoppiati. Questo tema ha indotto i progettisti a proporre dei volumi distinti, evidenziando l'apparente disturbo provocato dall'edificio, in un fazzoletto di terra tra vecchie case, come fosse il racconto stesso di uno spazio, al quale si va ad aggiungere un elemento in grado di ridisegnare il contesto esistente attraverso la sua frammentazione. Radicarsi in questo villaggio con una costruzione di questo tipo equivale a cercare un punto di sintesi tra i dati storici, rappresentati dall'edilizia locale, e un certo modo di consolidare il contemporaneo nel futuro paesaggio alpino.
"Voi siete qui" diceva una scritta apposta dall'artista Kostner in ogni singola stazione della metropolitana di superficie di Bolzano, a significare come ogni fermata, nell'incessante flusso che attraversa una città soggetta a mutazioni continue, non fosse mai uguale alle altre. E che ci potrebbe riportare a un ipotetico "Voi eravate qui" del disegno di questa casa che esprime semplicemente il proprio tempo con un'architettura che riunisce un passato non più lontano con un futuro immediato e, soprattutto, non più rappresentabile con chalet e finti masi. Sotto lo stesso tetto—anzi, gli stessi tetti—si proietta la vita della famiglia Kostner e l'opera dell'artista che, nella porzione che emerge dal suolo, lavora ed espone la sua arte e che, nella parte sospesa (o appesa al cielo), vive con il suo nucleo familiare. Il suo spazio di lavoro, quindi, s'immerge nella terra e si lega fisicamente al fabbricato adiacente, abitato dalla sua famiglia d'origine.
Lo stesso artista, nell'invitarci a visitare nuovamente la sua dimora, svela che la casa è nata da un lavoro molto secco, attraverso modalità che hanno generato spazi modellati dalla durezza del legno assemblato senza ricorrere a una sola vite, in cui la decorazione è limitata a un'incisione nelle assi che ne rivestono l'involucro: un tatuaggio che lede, in maniera quasi invisibile, un frammento di facciata. Una casa che, volendo, come Kostner suggerisce, può essere demolita in mezz'ora, mediante l'azione di una motosega ad agire sulle travature a X che la sorreggono e la rendono quasi un elemento non permanente di questo insolito paesaggio, così poco alpino. Luciano Bolzoni. Architetto e studioso di cultura e architettura alpina
Architetti: MODUS architects, Sandy Attia, Matteo Scagnol
Gruppo di progettazione: Volkmar Schultz, Samuel Minesso, Veronika Lindinger
Ingegneria strutturale: Rodolfo Senoner
Direzione lavori: Matteo Scagnol
Impianti: Josef Reichhalter
Aziende: Urban Winkler (strutture in calcestruzzo); Ludwig Rabanser (struttura in legno);
Wolfartec (serramenti); Kometal (finiture in metallo);
Josef Rier (arredi)
Cliente: Hubert Kostner
Altitudine: 1,075 m
Area: 934 mq
Area edificata sotto il livello del suolo: 410 mq
Area edificata sopra il livello del suolo: 160 mq
Area adibita ad atelier: 200 mq
Area adibita a residenza: 200 mq
Progetto: 04/2009—06/2010
Realizzazione: 04/2011—12/2012