Vista dall'alto, San Paolo appare ordinata: una griglia urbana senza soluzione di continuità centrata sui due fiumi che scorrono da est a ovest e da nord a sud, senza badare alla continua variazione di quota delle numerose alture. La proposta urbanistica per San Paolo avanzata nel 1929 da Le Corbusier continua a girarmi in testa. Anche le numerose baraccopoli sembrano per la maggior parte dotate di strade e di infrastrutture. Cogliere al volo l'immagine della città è impossibile. Quel che colpisce, mentre procediamo lentamente sulla superstrada verso il centro cittadino, è l'orizzonte infinito di palazzi di trenta piani posati su queste dolci colline.
Lunedì 3 settembre 2012, telefono allo studio di Paulo Mendes da Rocha e Dulcinea, sua segretaria da molti anni, mi dice che Mendes ha la settimana completamente occupata, compresa l'inaugurazione della Biennale d'arte di San Paolo. Più tardi, sto pranzando con la mia amica Ruth Verde Zein, docente e storica, in un vecchio caffè presso l'Universidade Presbiteriana Mackenzie, dove insegna. Telefona allo studio di Mendes, riesco a parlare con Paulo che mi fissa un appuntamento per quello stesso pomeriggio, alle cinque e mezza.
Paulo Mendes da Rocha è un uomo raffinato ed elegante. Lo studio è a pianta aperta, con un cerchio di colonne e una parete continua d'acciaio in un palazzo degli anni Quaranta, vicino a Praça da República. La nostra conversazione al tavolo delle riunioni va dall'architettura alla politica. Quando cito l'Aleijadinho (Antonio Francisco Lisboa, 1738-1814) – lo scultore, architetto ed ebanista settecentesco – mi sorprende. Secondo lui l'epoca coloniale, compresa la particolare architettura barocca brasiliana, è irrilevante e senza valore. Parla di "quelle tremende sculture di legno tutte marce dentro". La totale negazione del valore del Barocco brasiliano è sincera. È curioso che aleijadinho significhi "lo Zoppino". Figlio illegittimo di un architetto, fu istruito per fargli da assistente, ma escluso dal testamento. L'Aleijadinho di Ouro Preto fu scultore e architetto della più importante architettura barocca di tutte le Americhe. La sua architettura era cosciente della natura radicale del Barocco di stampo borrominiano e molto diversa dal Barocco planare di quella messicana e peruviana, con la sua esuberanza decorativa superficiale. Più tardi ho compreso perché questa opinione espressa da Mendes fosse essenziale nella sua prospettiva della cultura brasiliana. Per lui l'intero continente americano è una frontiera di libertà artistica, al di là della tragedia storica imposta dalle imprese coloniali come del peso della storia europea.
Una visita allo studio di Paulo Mendes da Rocha
Carlos Brillembourg racconta il suo incontro con il maestro brasiliano, ancora attivo nella professione e nell'insegnamento a 83 anni, convinto che l'architettura sia una "sublime affermazione della dignità umana".
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- Carlos Brillembourg Tamayo
- 22 gennaio 2013
- San Paolo
Paulo Mendes da Rocha rifiuta sia l'architettura che si preoccupa dell'aspetto delle superfici sia l'immagine fotografica della "nuova architettura". Il suo metodo di lavoro si basa direttamente sul disegno a linee spesse in pianta e in alzato, messo alla prova dalla costruzione di modelli di legno e di cartone tagliati a mano. Quando parla della sua celebre ristrutturazione della Pinacoteca do Estado de São Paulo afferma di non aver "fatto nulla: per prima cosa era un bell'edificio, io ho dovuto solo rimuovere alcuni strati di decorazione e poi trasformare una rigida pianta palladiana coprendo i cortili e rinnovando la circolazione che taglia a metà queste aree libere con nuove passerelle d'acciaio e con un ascensore". Non è falsa modestia ma un esempio della chiarezza con cui Mendes considera la capacità dell'architettura di trasformare le condizioni preesistenti del sito, in questo caso un edificio ottocentesco.
"Ti piace il whisky?", mi chiede Paulo, poi si sposta verso la zona della sua scrivania, dietro gli scaffali dei libri, e un'altra conversazione inizia mentre lui si accende una sigaretta e ci beviamo uno scotch. Mi parla di suo padre, che era ingegnere, e di come si sono conosciuti i suoi genitori. Suo padre, nel primo decennio del Novecento, lavorava al progetto e alla costruzione di un ponte nel Sud del Brasile; tutto il lavoro si faceva a forza di buoi e di fatica manuale. Il miglior costruttore locale di strade era un tale di origine italiana, noto per la sua competenza. Fu incaricato di allestire la strada di accesso al ponte e di preparare le fondazioni. Si dava il caso che avesse una figlia carina, che si innamorò del padre di Paulo. Quando Paulo decise di studiare architettura suo padre era un ingegnere di successo e insegnava all'Università di San Paolo. Lui non volle studiare nella stessa università dove suo padre insegnava e decise di frequentare architettura – non ingegneria – all'università Mackenzie, l'istituto fondato dagli ingegneri scozzesi che costruivano la maggior parte delle ferrovie del paese affinché i loro figli potessero imparare una professione in un'università non cattolica. Un paio d'anni dopo la laurea, Paulo vinse il concorso per il Paulistano Athletic Club (San Paolo, 1958). L'edificio procurò al giovane architetto una notorietà nazionale come innovatore, capace di usare strutture d'avanguardia di calcestruzzo armato e d'acciaio: nel caso specifico una scultorea base di calcestruzzo per l'anfiteatro che fa da ancoraggio a una struttura di cavi d'acciaio, la quale a sua volta sostiene le travature metalliche della copertura.
A quel punto, João Vilanova Artigas, di dieci anni più anziano di lui, il più influente docente, architetto e ingegnere della sua generazione, lo invitò ufficialmente a fargli da assistente alla FAU-USP, la Facoltà d'Architettura e Urbanistica dell'Università di San Paolo. Un rapporto trentennale di collaborazione nell'insegnamento che fu importante per entrambi. Si può presumere che la transizione dell'opera di Artigas dall'influenza di Wright, tipica delle prime opere, alle costruzioni in calcestruzzo con base strutturale a vista non fosse solo frutto della sua competenza di ingegnere-architetto, ma forse anche dell'influsso del suo grande amico e collaboratore accademico Paulo Mendes da Rocha.
Dopo un altro whisky, parliamo del rapporto di Mendes con Artigas all'Università di San Paolo e con suo padre, come ingegnere e come docente. Artigas fu tra i fondatori del Partito Comunista e dedicò molti anni a questa attività politica, passando professionalmente dalle abitazioni private a opere più istituzionali. L'atteggiamento politico di Paulo Mendes da Rocha subì l'influsso di questa grande amicizia, ma il suo temperamento creativo non era rigido come la più radicale posizione politica di Artigas, benché probabilmente Mendes non dissentisse dalle idee fondamentali della critica marxista del capitalismo e considerasse responsabilità principale dell'architetto farsi agente progressista di trasformazione culturale: tanto come docente della straordinaria Facoltà d'Architettura di Artigas quanto come architetto interprete delle funzioni e del sito assegnati dal committente.
A partire dagli anni Trenta, in Brasile fiorì una vivace cultura modernista, che generò un vasto e influente gruppo di artisti e di architetti uniti nella visione di un futuro migliore per il Brasile. Nei primi anni Cinquanta, Mendes da Rocha e altri fecero parte di un movimento d'architettura d'avanguardia che aveva sede a San Paolo e propugnava un'architettura differente da quella della scuola Carioca (di Rio de Janeiro) guidata da Lucio Costa, Oscar Niemeyer, Jorge Moreira, Marcelo e Milton Roberto, Alfonso Riedy, Henrique Midlin.
Paulo Mendes da Rocha rifiuta sia l'architettura che si preoccupa dell'aspetto delle superfici sia l'immagine fotografica della nuova architettura.
L'architetto europeo più ammirato dalla scuola paulista era Mies van der Rohe, invece di Le Corbusier. Benché all'epoca quella del calcestruzzo fosse la tecnologia edilizia comune in tutto il Brasile, questi architetti realizzavano strutture che univano i metodi costruttivi del calcestruzzo e dell'acciaio, comprese le innovative armature d'acciaio pretensionato e post-tensionato. Nel 1951, gli architetti di San Paolo fondarono la Biennale d'Architettura di San Paolo ed esposero opere di architetti importanti tra cui Carlos Raul Villanueva, Le Corbusier, Mies van der Rohe, Walter Gropius, Max Biel e Paul Rudolph. Negli anni Sessanta il gruppo si ampliò e si rafforzò, sotto il nome di "architetti paulisti", con figure di punta tra cui Lina Bo Bardi, João Batista Vilanova Artigas, Paulo Mendes da Rocha, Pedro Paulo de Melo Saraiva, Ruy Ohtake e Joaquim Guedes.
Benché etichettata come brutalista, l'architettura di Mendes da Rocha potrebbe essere definita con maggior precisione 'essenzialista', per l'accento sull'astrazione e sulla riduzione dell'architettura a spazio poetico di profonda raffinatezza. Il baldacchino d'acciaio fluttuante sulla sua Praça do Patriarca (San Paolo, 1992-2002) crea un ingresso monumentale alla metropolitana ed è divenuto un'importante struttura civile che crea un polo urbano in una città informe ed espansa. Le sottili sezioni d'acciaio permettono al baldacchino di librarsi sulla piazza come un'ampia ala. Il suo linguaggio architettonico non è mai letterale: la soluzione nasce dalla necessitò di costituire un riparo, in un'espressione poetica dei valori civili memore degli ideali dell'opera di Louis Kahn, il quale affermava che "il bisogno ti fa diventar matto". Forse il suo progetto più sorprendente è la Pinacoteca do Estado de São Paulo del 1993. Questa ristrutturazione-restauro di una scuola d'arti applicate della fine dell'Ottocento si potrebbe paragonare al Museo di Castelvecchio di Verona, di Carlo Scarpa, per l'impostazione radicale nei confronti dell'edificio preesistente; ma la differenza importante sta nel fatto che invece delle soluzioni di Scarpa, ossessivamente originali, gli interventi di Mendes da Rocha si limitano al minimo di espressività, contrapponendo alla riduzione all'essenziale dell'involucro dell'edificio in stile Secondo Impero le astratte passerelle d'acciaio con i luminosi spazi dei lucernari sui vecchi cortili interni.
L'architetto, ancora attivo nella professione e nell'insegnamento a 83 anni, ha gradualmente abbandonato l'espressività strutturale dottrinaria in favore di una sottile architettura di raffinate strutture d'acciaio e di calcestruzzo armato che si flettono adattandosi alle differenti situazioni spaziali. Benché il suo lavoro per le istituzioni pubbliche abbia riguardato progetti come stadi, musei e opere pubbliche di grandi dimensioni, è stato capace di tradurre in pratica la sua convinzione che l'architettura sia una "sublime affermazione della dignità umana". Il breve incontro mi ha lasciato la profonda impressione di un uomo la cui dedizione all'architettura è pari a quella per i valori 'umanistici'. Anche di fronte alle severe condizioni imposte dalla dittatura militare, Paulo Mendes da Rocha, come architetto e come docente, si è battuto per un'architettura capace di fermare il tempo, nel senso che ogni grande architettura pare rimanere sospesa nel tempo e costantemente significativa per il presente, nella costruzione delle istituzioni di una società giusta in un continente di perenne frontiera.