Modernità sovietica

Catalogando la monumentale architettura realizzata in quattordici repubbliche ex sovietiche dagli anni Cinquanta ai Novanta, la mostra all'AZW è il documento importantissimo di un'eredità modernista che va lentamente svanendo.

"Modernismo sovietico" è un'espressione polarizzante: se ne parla con glorificazione nostalgica oppure con profondo disprezzo. Ma, dalla caduta della Cortina di ferro, è trascorso abbastanza tempo da consentire una valutazione più obiettiva dell'eredità culturale dell'ex Unione Sovietica. La mostra "Sowjetmoderne 1955-1991. Unbekannte Geschichten" ("Il Modernismo sovietico 1955-1991. Storie sconosciute") aperta presso l'Architekturzentrum di Vienna compie un serio tentativo in questa direzione. Illustra chiaramente come urbanistica ed edilizia dell'ex Unione Sovietica non fossero né centralizzate né omogenee, ma costituissero un fenomeno estremamente differenziato, complesso e specifico di ogni regione. Le curatrici Katharina Ritter, Ekaterina Shapiro-Obermair e Alexandra Wachter hanno compiuto parecchi viaggi nell'Europa orientale, negli Stati baltici, nel Caucaso e nell'Asia centrale per svolgere ricerche in loco. Hanno visitato edifici, parlato con architetti e con esperti locali e hanno compiuto parecchie ricerche d'archivio. Un lavoro che ha svelato alcune notevoli opere d'architettura, interessanti figure dell'urbanistica e parecchie storie sconosciute sulla cultura e sulla prassi costruttiva dell'ex Unione Sovietica.

È indubbiamente raccomandabile stare ad ascoltare le interviste con architetti locali e urbanisti proiettate su alcuni schermi della mostra, il cui allestimento è stato progettato in tono di estremo purismo dallo studio Six & Petritsch. Si tratta di una panoramica sul secondo Modernismo, dopo la Seconda guerra mondiale e dietro la Cortina di ferro, dal 1955 al 1991. È esposta una selezione dei migliori edifici di quattordici Paesi (tutte repubbliche dell'ex URSS, esclusa la Russia). Un pannello per ogni Paese. La Russia è stata esclusa con un criterio pienamente intenzionale: sarebbe semplicemente stata fuori tema. In questo modo è più facile concentrarsi sulle altre quattordici repubbliche. Ciascuna di esse sviluppò la propria strategia specifica nei rapporti con il Gosstroj, la massima autorità in materia di edilizia. E in ogni modo architetti e istituti di progettazione riuscirono a dar vita a forme proprie di "Modernismo sovietico".

In apertura: Fortezza degli Eroi, Memoriale di Brest, 1971, Brest, Bielorussia © Belorussian State Archive of Scientific-Technical. Qui sopra: vista della mostra "Soviet Modernism 1955–1991. Unknown Stories". Photo © Pez Hejduk

In particolare gli Stati baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) venivano considerati meta molto popolare di vacanze dall'atmosfera europea. L'architettura di questi Paesi risente ovviamente l'influsso della Finlandia e della Scandinavia. A Tallinn si potevano trovare caffè eleganti, nella capitale estone era perfino possibile costruire case monofamiliari. Per i talenti emergenti divenne un terreno di sperimentazione. La casa progettata per se stesso dall'architetto Raine Karp appare nettamente ispirata ad Arne Jacobsen. Notevoli le qualità espressive del Tourist, il punto di vendita in valuta estera. Venne costruito all'inizio degli anni Ottanta da Peep Jänes ed Henno Seppmann. L'atmosfera culturale era aperta agli influssi occidentali e negli anni Settanta la Scuola di Tallinn formò un gruppo fortemente autonomo di architetti. Toomas Rein, Vejo Kaasik, Leonhard Lapin, Vilen Künnapu, Jüri Okas, Avo-Himm Looveer, Ain Padrik, Jaan Ollik, Tiit Kaljundi e Ignar Fjuk osarono criticare il metodo sovietico della pianificazione di massa ed elaborarono parecchi, utopici progetti soprannominati "progetti di carta".

Edificio residenziale su Minskaya Street, anni Ottanta, Bobruisk, Bielorussia. © Belorussian State Archive of Scientific-Technical Documentation

In Armenia, il Modernismo sovietico spesso trovò realizzazione con il marmo bianco e il tufo rossastro. Il Museo etnologico di Armavir – progettato con abbondanza di archi da Rafael Israelyan – è un buon esempio di citazione della tradizione locale. Per contrasto il centro di vacanze per scrittori sembra uscito da un film di fantascienza. Sorge presso un lago e pare levitare sul paesaggio. Lo straordinario edificio fu progettato da Gevorg Kochar. Anche la residenza per i giocatori di scacchi di Zhanna Mesheryakova a Yerevan è una bella opera d'architettura moderna. Anche le unità residenziali di massa venivano realizzati in modi differenti. In Uzbekistan, per esempio, i fratelli Pëtr e Nikolaj Zharski si inventarono un loro metodo per realizzare pannelli a mosaico sulle lastre di calcestruzzo precompresso destinate ai complessi residenziali. Occorreva una settimana per terminare la decorazione di otto lastre, solitamente sufficienti per un piano. Decorazioni a mosaico dei fratelli Zharski si possono trovare su molti edifici di Taškent.

Frank Lloyd Wright, Le Corbusier, Oscar Niemeyer, Kenzo Tange e Alvar Aalto furono riferimenti importanti per l'architettura modernista sovietica.
Vista della mostra "Soviet Modernism 1955–1991. Unknown Stories". Photo © Pez Hejduk

La mostra presenta anche alcune tipologie architettoniche di base promosse dal sistema comunista e reperibili in tutta l'Unione Sovietica. I circhi equestri venivano considerati un'alternativa di alto livello al teatro. Gli artisti venivano formati in apposite scuole e per un architetto un circo invernale era un incarico importante. Ne risultarono molti begli edifici a cupola di calcestruzzo, come quello di Taškent, progettato Genrikh Aleksandrovich e Gennady Masyagin. L'influsso di Pierluigi Nervi è palese. Anche il circo di Almaty di Vladimir Katsev e I. Slonov è molto interessante. Allo stesso modo vennero costruiti grandi capannoni da mercato. Una delle interpretazioni più originali si trova a Baku, dove Uruzmag Revazov e P. Yarinowsky hanno aggiunto più cupole di differenti dimensioni a un unico grande tetto a lucernari, che ricopre il mercato.

Ministero dei Trasporti, 1974, Tbilisi, Georgia. Photo © Simona Rota

Un'altra forma decisamente tipica era quella degli edifici della memoria e del lutto collettivi: monumenti alle vittime del fascismo, ai soldati della seconda guerra mondiale e ad altri eroi della patria si trovano in tutta l'ex Unione Sovietica. Il loro linguaggio architettonico è talvolta decisamente sentimentale e scultoreo. Il terzo caso importante che la mostra mette in luce è la costruzione di giardini d'infanzia, scuole e campeggi per adolescenti. Al posto delle chiese il sistema inventò i "palazzi del matrimonio". Ovviamente la Cortina di ferro era estremamente permeabile agli influssi occidentali. Frank Lloyd Wright, Le Corbusier, Oscar Niemeyer, Kenzo Tange e Alvar Aalto furono riferimenti importanti per l'architettura modernista sovietica. "Vogliamo dare visibilità agli edifici, che rappresentano uno specifico periodo storico ma rischiano di scomparire", sottolineano Katharina Ritter, Ekaterina Shapiro-Obermair e Alexandra Wachter. L'eredità modernista dell'ex Unione Sovietica va lentamente svanendo. La mancanza di fondi per il restauro porta al decadimento degli edifici, oppure alla loro ristrutturazione con criteri distruttivi. Alcuni di essi sono stati riconosciuti a stento dalle curatrici, perché il loro aspetto era afflitto da nuove facciate di marmo. La mostra costituisce quindi anche una documentazione importantissima.

Complesso sportivo e per concerti, 1976–1984, Yerevan, Armenia. Photo © Simona Rota
VIsta della mostra "Soviet Modernism 1955–1991. Unknown Stories". Photo © Pez Hejduk
Devintas Fortas (Nono memoriale e museo), 1984, Kaunas, Lituania. Photo © Ekaterina Shapiro- Obermair