Fuori, la facciata è dominata da una scultura di metallo di Kelly, lunga più di 12 metri e del peso di oltre 2 tonnellate. Sfidando l'abbagliante sole della California meridionale l'opera si ispira nettamente a pezzi precedenti realizzati sotto altri cieli: Study for Black and White Panels, un collage del 1954 realizzato a Parigi e Black over White, dipinto da Kelly a New York nel 1966. L'artista e l'architetto hanno collaborato all'installazione, appendendo l'opera a cinquanta centimetri dall'intonaco della facciata, a formare un surrogato di intavolatura oppure una specie di cartellone censurato. "Un pomeriggio me ne stavo fuori della galleria: un'anziana signora che passava di lì ha alzato gli occhi per guardare l'opera di Kelly e mi ha chiesto che cosa voleva dire il cartellone", ricorda Zellner. "L'edificio è come mimetizzato, misterioso."
La galleria pare collocarsi proprio tra questi due termini: mimetizzata, nel suo fondersi nel contesto vernacolare commerciale del Santa Monica Boulevard, e misteriosa, nel suo emanare un inquietante mutismo. Per capire questa oscillazione bisogna fare un po' di storia del progetto di Zellner. L'aggiunta della scultura è avvenuta tardi nel percorso del progetto, quando l'architetto e il gallerista hanno iniziato a collaborare con John Chase, l'immaginoso urbanista del Comune di West Hollywood scomparso nel 2011. I tre si erano impegnati a convincere il municipio che il minimalismo era un ottimo tema per gli spazi d'arte e l'opera di Kelly dava corpo alla loro presa di posizione, trasformando l'intero edificio in un'opera d'arte pubblica.
Il minimalismo cui mi rifaccio non è quello di John Pawson, ma quello che cerca Isozaki, o il minimalismo di Gehry. È il minimalismo della California