La mostra Architecture in Uniform al Canadian Centre for Architecture presenta una vasta ricerca su un periodo per lo più trascurato della storia dell'architettura del XX secolo. La mostra riguarda la Seconda Guerra Mondiale, che è spesso stata considerata una specie di interregno della storia dell'architettura, collocata com'è tra gli anni tra le due guerre, da un lato, e il secondo dopoguerra, dall'altro. Come dimostra più che sapientemente il curatore Jean-Louis Cohen, titolare della cattedra Sheldon H. Solow di Storia dell'architettura alla New York University, agli architetti, negli anni che precedettero e videro il conflitto, vennero affidati molti compiti.
La mostra è costruita inoltre su una tesi ancor più audace. Cohen non intende solo mostrare come gli architetti prendessero parte allo sforzo bellico, ma sostiene anzi che il loro contributo alla produzione industriale di grande serie fu parte integrante dell'affermarsi del Modernismo, aprendo la strada alla sua autorità assoluta nei decenni a venire. Come afferma Cohen, la guerra fece da "acceleratore a un'innovazione e a una produzione ottenute attraverso la tecnologia che avrebbero condotto alla supremazia del Modernismo in architettura". L'affermazione considera l'intensificarsi della produzione industriale di guerra come un'elettrizzante sperimentazione e un avanzamento dell'esperienza che, alla fine della guerra, avrebbero radicalmente mutato gli stili di vita.
Architecture in Uniform in mostra al CCA
Indagando il ruolo dei progettisti durante la Grande Guerra, Jean-Louis Cohen colma un vuoto nella storia dell'architettura.
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- Mary Louise Lobsinger
- 19 maggio 2011
- Montreal
La mostra mette in evidenza una vasta gamma di materiali che fanno da contesto e da documento all'impegno dell'architettura negli anni che precedono e accompagnano il conflitto. Benché la mostra si concentri sull'Europa in quanto principale teatro di guerra, i contenuti scavalcano i fronti del conflitto rappresentando sia gli Alleati sia l'Asse con progetti canadesi, francesi, tedeschi, giapponesi, statunitensi, olandesi e sovietici. I contenuti sono ordinati per argomenti in sette settori espositivi, che presentano al visitatore vari temi e vari artefatti suddivisi per categorie: Il fronte interno, Realizzare la produzione bellica, Architetture mobili, La fortezza Europa, Mimetizzazione, Grandi progetti e Dalla guerra alla pace. Queste categorie identificano aspetti fondamentali dell'attività architettonica, dalla piccola scala domestica del piantare un "orto di guerra" o costruire un rifugio antiaereo nel cortile di casa alla grande scala, compresa la pianificazione di sistemi di difesa territoriali e di campi di concentramento; e dalla sperimentazione di materiali coma la plastica alle innovazioni delle tecniche di mimetizzazione.
L'aspetto più spettacolare è forse la scala dell'industrializzazione di massa che compare nel progetto di edifici e catene di montaggio destinate a produrre macchine per la guerra. Con essa arrivarono le innovazioni nelle abitazioni operaie e, naturalmente, l'esigenza di proteggere i siti che rifornivano la guerra di equipaggiamenti immergendo gli edifici nel sottosuolo, come avveniva nel contesto europeo, oppure tramite strategie di pianificazione decentrata in America settentrionale. La seconda guerra mondiale fu segnata da un'industrializzazione totale della vita civile come di quella del fronte. E alla fine della guerra i materiali, le tecnologie e le strategie di programmazione sarebbero state riconvertite per nuovi mercati e nuovi risultati.
Cohen non intende solo mostrare come gli architetti prendessero parte allo sforzo bellico, ma sostiene anzi che il loro contributo alla produzione industriale di grande serie fu parte integrante dell'affermarsi del Modernismo, aprendo la strada alla sua autorità assoluta nei decenni a venire.
Accanto all'ingresso della mostra ci sono due grandi immagini fotografiche che ritraggono le rovine di Colonia dopo un bombardamento alleato. Le fotografie di August Sander creano l'atmosfera e individuano le principali direttrici concettuali in gioco nel percorso della mostra: la scala della guerra e la minaccia, in proporzioni fino ad allora sconosciute, del bombardamento aereo. Quest'ultima, il passaggio dallo spazio bellico terrestre a quello aereo, era stata anticipata già all'indomani della Prima Guerra Mondiale. Il cambio di scala assume un ruolo trasversale in varie situazioni, tra cui la pianificazione delle città e delle industrie per proteggerle dai bombardamenti aerei, la mobilitazione di forza lavoro e il grado di distruzione.
La scala è evidente nelle opere di Albert Kahn come la fabbrica di bombardieri Ford Motor di Willow Run o la fabbrica di carri armati Chrysler di Warren Township, entrambe nel Michigan. La foto della lunga, vasta facciata di quest'ultima e l'apparentemente infinito interno della sala progettazione della prima (entrambe riprodotte sul manifesto della mostra) individuano la scala non solo nel senso dell'estensione strutturale, delle dimensioni dello spazio coperto o della forza lavoro ospitata, ma anche in termini di controllo ambientale, di portata tecnologica. Per la climatizzazione degli interni il mantenimento di una coerente qualità dell'aria e dell'illuminazione rispondeva all'esigenza di condizioni di lavoro controllate ventiquattr'ore su ventiquattro in funzione della produzione bellica.
L'importanza della scala, in ogni senso, ma in particolare nel paesaggio industriale isolato si sarebbe protratta nell'urbanistica del dopoguerra. Questa scala urbanistica in risposta al timore di attacchi aerei era stata ovviamente immaginata molto prima dello scoppio della guerra e qui basterà ricordare le preoccupazioni di Le Corbusier in proposte come La Ville Radieuse. E il visitatore apprende, nelle intenzioni di Cohen, che "la guerra fu un processo di trasformazione che coinvolse nella mobilitazione tutte le componenti dell'architettura. La militarizzazione del settore spinse il perseguimento dell'innovazione allo scopo di rispondere alla domanda della produzione bellica: nuovi materiali dovevano essere utilizzati in modo nuovo e nuove tecnologie dovevano essere impiegate per nuovi usi". Da questo punto di vista l'affermazione che il contributo dell'architettura alla guerra e all'industrializzazione garantì il successo del Modernismo negli anni del dopoguerra è inattaccabile. La mostra comprende disegni, fotografie, manifesti, libri e altre pubblicazioni, modelli e filmati. I materiali sono tratti dalle collezioni del CCA o prestiti di numerose istituzioni internazionali. Mary Louise Lobsinger
La mostra Architecture in Uniform, a cura di Jean-Louis Cohen, rimarrà aperta al CCA fino al 18 settembre 2011.