Nel dicembre del 1957 Domus pubblica
"un centro di quindici case" sulla
collina di Monterinaldi, affacciata su
Firenze, dove l'architetto Leonardo
Ricci ha trasformato il pendio scosceso
di una cava di pietraforte in un
esperimento abitativo con modalità
aperte.
Le parole di Ricci centrano la filosofia
di autocommittenza e autocostruzione
del progetto: "… forse sarebbe
bene che tutti sapessero costruire la
propria casa (…), insegnare a murare
ai ragazzi così come si insegna a parlare". "Si traccia un solco nella terra. Si
prendono dei sassi. Si murano i sassi
con la malta. Il muro sale e divide lo
spazio creando un nuovo spazio che
prima non c'era. Di qua tira generalmente
vento. Qui c'è il sole del Sud.
Di qua si vede il mare. E i muri dividono
spazi sempre più vivi. Alcune parti
nell'ombra. Altre nella luce. Qui alto.
Qui basso. Qui è bello riposare. (...)
Qui lavorare. È nata una casa …".
In questa condizione Ricci, appena
ritornato da Parigi, lavora in mezzo
ad altri artisti, artigiani e intellettuali
attirati da questo programma esistenziale,
ai quali l'architetto ha venduto
porzioni di terreno a prezzi di favore
in cambio dell'incarico per le architetture.
In esse l'architetto declina la
grammatica adottata per la sua casa:
volumi aggrappati alle curve di livello
del terreno, setti portanti in pietra
del luogo, travi e lastre inclinate in
calcestruzzo armato a vista, semplici
scale in legno, infissi poveri in ferro,
in contrasto con le raffinate finiture
in pietra e marmo e con i numerosi
interventi artistici: pannelli in ceramica
sulla terrazza del soggiorno e
sulla parete della biblioteca, composizioni
in pezzi di recupero di vetro
colorato come il 'giardino di pietra'
di fronte alla casa. Questa stretta interazione
tra architettura e arti figurative
è direttamente verificata con la
mostra sperimentale di arti plastiche
'la cava' che Ricci organizza nel 1955
con Fiamma Vigo attorno e dentro le
case di Monterinaldi.
"… al giorno d'oggi non si può non
essere esistenziali, se così si può dire
(non esistenzialisti), fondamentali
saranno solo quegli atti e di consestudio guenza quelle forme che nascono da
verità esistenziali dell'uomo e non da
futili motivi di gusto. (…) In una casa
si dorme, si mangia, si vive … Il valore
sta nel "modo" in cui questi atti si
compiono. Ci si può addormentare in
una camera come dentro una scatola
di sardine, oppure dopo aver spaziato
con gli occhi nel cielo pieno di stelle.
Si può mangiare su un tavolo vicino a
una cucina perfetta come una macchina
(…) oppure su una tavola per
gustare un buon pane in un momento
di riposo dopo il lavoro".
Le case dell'architetto e dei suoi amici
vivono della continuità dello spazio
interno, dove le funzioni dell'abitare
sono filtrate da variazioni di sezione
e di luce anziché da tavolati divisori,
e da relazioni variate e continue
tra spazi interni e esterni, aperti sul
paesaggio.
In un libro autobiografico pubblicato
nel 1962 negli Stati Uniti, Ricci racconta
le sue intenzioni: il desiderio
che le case, nate da condizioni differenti
in momenti differenti, usando i
materiali a disposizione per sembrare
che fosse la terra ad averle partorite,
formassero un unico organismo.
Una condizione controllata costantemente
dall'architetto dalla collina
opposta di Fiesole.
Ideato nel 1949 e completato nel
1952, l'organismo mutante della casa
sarà nei due decenni successivi oggetto
di almeno sei fasi di autocritiche e
irrequiete integrazioni, tra le quali lo studio
di pittura e di architettura su
due livelli ricavato sotto la terrazza del
soggiorno nel 1955, un volume lineare
filtrato nel suo affaccio a valle da
espressivi diaframmi in pietra.
Sembra allora appartenere alle intenzioni
di Ricci l'occasione che questi
spazi ospitino oggi la casa-studio di
un gruppo di giovani architetti fiorentini,
che hanno preso il nome dalla
terza città degli scambi tra quelle
"invisibili" di Italo Calvino, dove gli
abitanti giocano la loro vita attraverso
spostamenti in molte città identiche,
come sui quadrati di una scacchiera.
Matteo Baralli, Luca Barontini,
Jacopo Carli, Ugo Dattilo e Antonella
Tundo, che hanno fondato nel 2003 il
gruppo 'Eutropia', lavorano al livello
superiore, nell'ex studio di pittura di
Ricci; gli ultimi due abitano il livello
inferiore, dove era lo studio di architettura.
Il contatto con gli eredi dell'architetto,
che abitano il resto della
casa, è avvenuto quattro anni fa, in
occasione della ricerca di dottorato
di Ugo Dattilo sulla 'casa teorica', un
progetto sperimentale concepito da
Ricci nel 1956 attraverso due disegni
diagrammatici – "lo spazio nella verticale"
e "lo spazio nell'orizzontale" – e
considerato per molti anni utopico,
finchè Giovanni Klaus Koenig, allievo
dell'architetto, non ne ha pubblicato
i disegni e documentato il sito di
destinazione6, confermato da tracce
di fondazioni vicino alla prima casa di
Monterinaldi.
Leonardo Ricci: spazi fluidi
Nello studio di architettura e pittura a Monterinaldi si rinnova quella che Giovanni Klaus Koenig definiva "la conformazione spaziale dell'esistenza".
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- Luigi Spinelli
- 14 settembre 2010
- Firenze