Herzog & de Meuron. The Walker Art Center

Testo di Raymund Ryan. Fotografia di Amir Zaki. A cura di Rita Capezzuto

Evoluzione dell’ornamento
Raymund Ryan

Un’architettura, per essere qualcosa di più di a) un gesto ermetico o gratuito, b) una soluzione a certi ‘problemi’ predefiniti, deve funzionare come un organismo integrato e pluridimensionale; deve osare l’adattabilità all’imprevisto. I concetti espliciti di antecedenza storica e il collage urbano si sono infatti oggi stemperati in collegamenti più fluidi e più emotivi con l’oggetto architettonico, mentre gli utenti di una specifica architettura acquistano priorità. Sia la città sia l’istituzione richiedono un’interpolazione intelligente per crescere e trasformarsi, per assistere, rappresentare, accogliere.

Uno sguardo retrospettivo all’ultimo quarto di secolo vede l’opera di Herzog & de Meuron come un progetto dal carattere eminentemente evolutivo. Basta ricordare i loro progetti giovanili per la Casa del Veterinario e il suo tetto protettivo e asimmetrico, presso Lucerna, oppure la proposta di un teatro pentagonale a Visp: entrambi del 1984 ed entrambi capaci di pungenti forme archetipe, di inconsueto effetto ambientale. O ricordare la collaborazione degli architetti con Joseph Beuys per la Fastnacht (1978), il segnale – letteralmente anticipatore – di un’apertura agli artisti e alla performance che continua oggi a svilupparsi. L’avventura americana di Herzog & de Meuron ha prodotto finora tre opere capitali: la cantina Dominus nella Napa Valley (1998), il de Young Museum a San Francisco (la cui apertura è prevista per il prossimo ottobre) e – nelle grandi pianure centrali degli Stati Uniti – il Walker Art Center di Minneapolis.

Tutti e tre gli edifici americani sono ulteriori elaborazioni del contenitore parallelepipedo, caratterizzate dal carattere strategico della collocazione, da sottili inflessioni delle pareti e dall’attenzione alle superfici. Il progetto di Minneapolis amplia una sede pre- esistente realizzata da Edward Larrabee Barnes nel 1971. L’edificio esistente è un massiccio, sobrio padiglione rivestito in mattoni, con un volo interno di bianche piattaforme a terrazza. Herzog & de Meuron hanno aggiunto un altro padiglione, simile nelle dimensioni alla struttura di Barnes ma rivestito da un’epidermide metallica che si ripiega, si erode e galleggia sul terreno. Vincolato a una base interamente vetrata che dà sulla Hennepin Avenue, il nuovo padiglione ruota librandosi su una vasta area pavimentata, costellata qua e là da dischi erbosi e segnata da piccoli cerchi di conglomerato a vista.

Come molti progetti contemporanei di Herzog & de Meuron – il Forum di Barcellona (2004), per esempio, o il Forum della Caixa in costruzione a Madrid – la parte più evidente dell’ampliamento del Walker Art Center ha la morfologia di un cristallo, o di un enorme masso levigato. Alcuni soffitti si ripiegano indipendentemente dalle pareti circostanti, aprendo varchi all’illuminazione dello spazio sottostante. Superando il quadrilatero ortodosso, la scatola cristallina si deforma lievemente in ogni direzione. Le sue viscere sono un complesso insieme di pieni e di vuoti che premono, suggerendo un’energia intrinseca su una membrana superficiale che si fa tesa e traslucida. L’epidermide esterna è ricoperta di pannelli quadrati di rete d’alluminio lievemente increspata. Ruotati, apparentemente a caso, di 90, 180 e 270 gradi questi pannelli ritornano nella parte inferiore della copertura a sbalzo per contribuire alla leggibilità del padiglione come elemento urbano distinto.

Nella prominenza anteriore, un’ampia finestra angolare proietta la sua vetrata davanti alla struttura ed è fluida come la pelle di rete. Più in alto, dove il metallo grigio argenteo si fonde con il cielo del Minnesota, una lunga vetrata poligonale crea un punto di vista panoramico per il salone dei ricevimenti. Sul retro, una terza vetrata, come una branchia, illumina la scala principale passando in diagonale sul suo sfondo. Nell’edificio di Barnes è stato mantenuto l’atrio originale, e i visitatori quindi possono entrare dal parco, da Hennepin Avenue o dal pozzo inclinato di una scala che sale dal parcheggio sotterraneo fino al nuovo atrio.

Qui il soffitto a pannelli metallici è squarciato da una quarta apertura poligonale che amplia il fluire dello spazio penetrando nel ristorante sovrastante. Piccole erosioni nella struttura offrono sorprendenti scorci attraverso le pareti e i pavimenti, tanto che il padiglione diventa un labirinto per l’esplorazione fisica e visiva. Collegando la vecchia struttura con la nuova, Herzog & de Meuron ripropongono l’esterno a mattoni sotto forma di una pavimentazione interna che scorre come una scura striscia di tappeto tra le pareti di gesso bianco lucidato delle zone di circolazione. Tre grandi aree espositive sono collocate in una bella terrazza bianca, come gli spazi espositivi originali, e coperte con un’iterazione in scala inferiore delle travature a vista di Barnes.

Due aree sono divise in quattro gallerie ciascuna, cui si accede attraverso portali dai montanti angolati, passando sotto piani che recano incisioni di motivi vegetali barocchi. I sottilissimi segni delle aperture nelle pareti a gesso, gli intagli poligonali e una serie di lampadari a bracci ottenuti assemblando spezzoni di vetro evocano il sensuale futurismo presente anche nella sede di Prada a Tokyo (2003). I soffitti decorativi ricordano certe architetture più tradizionali o popolari, immerse nella rappresentazione e nel divertimento (parodia alpina?). L’interno dello spazio dedicato alle performance – il cuore oscuro del nuovo padiglione – è foderato di rete nera in rilievo. Queste superfici, le chiazze retinate che punteggiano la pavimentazione di Hennepin Avenue e le balaustrate di cemento della rampa del parcheggio ripropongono i motivi decorativi dei pannelli bianchi incisi del soffitto.

Il Walker Art Center è per tradizione l’incubatore della musica d’avanguardia e della performance artistica. Perciò il principale elemento del nuovo padiglione è il teatro da 384 posti, con pannelli a rilievo, sipari di velluto e tagli curvilinei (neri e lucenti, quasi grotteschi) sulle balconate superiori. La circolazione tra le gallerie sottostanti, con alcove imbottite lungo gli stretti percorsi interni e bianche panche oblunghe in sale piene di luce, intessono un percorso orizzontale arduo ma interessante. La salita dall’atrio di Hennepin Avenue e dalla libreria, prima al ristorante, poi ai piani del teatro, infine alla sala panoramica in cima all’edificio, richiede energia e concentrazione. È una realizzazione ambiziosa, perfino audace. Il cristallo funge anche da tenda – forma arcaica – benché si tratti di una tenda con vuoti e terrazze interne. La fascia d’alluminio può essere letta come un liscio discendente spaziale dei grandi pannelli adottati da Venturi e Scott Brown, ma lo studio svizzero non dimentica il ruolo degli utenti, che animano l’architettura nel tempo e nello spazio reali.

Se da un lato è vero che Herzog & de Meuron vengono di solito apparentati a tattiche di accumulo e di distribuzione di contenitori, in questo caso essi sembrano invece contaminare questa impostazione con incidenti sorprendenti e pieni di stile, facendo dell’edificio un artefatto decorativo che svolge le sue funzioni a tutte le scale: dalla singola panca all’istituzione urbana.

Raymund Ryan è curatore dell’Heinz Architectural Center, Carnegie Museum of Art, di Pittsburgh

Sul giardino delle sculture si affaccia l’ala bassa del complesso, che ospita una serie di locali di servizio. Da questa corte interna si scorge il campanile della St. Mark’s Cathedral, un landmark di Hennepin Avenue
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Dettagli del teatro, uno spazio che verrà impiegato anche per le performing art. È connotato dal forte disegno ornamentale alle pareti
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L’ampia hall d’ingresso con lo spazio della libreria. Al soffitto sono applicati gli stessi pannelli quadrati in alluminio ‘stropicciato’ dell’esterno
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La vita quotidiana della città – dal flusso automobilistico alla skyline di una chiesa – 
è richiamata di continuo all’interno dell’edificio
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Prove 
di lavorazione di fogli di alluminio
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