Ho in testa una foto di Ingo nel nostro piccolo piccolo giardino di Milano. Era probabilmente una tarda primavera di un anno attorno al 1990. Ingo teneva tra le mani, in alto sopra la testa, mio figlio Arturo che avrà avuto un anno o poco più. Sembrava volesse far vedere al bambino che bello è il mondo visto dall’alto. E il bambino rideva, un po’ sorpreso. E noi tutti ridevano contenti. Che bella atmosfera in quella vecchia fotografia! Un’atmosfera di pace, di serenità, di semplicità, l’atmosfera ideale che predispone ad affrontare la vita con inventiva, con voglia di creare, di sorprendere, di comunicare.
Con Ingo ci conosciamo da molti anni e, anche se ci siamo frequentati relativamente poco, ci siamo sentiti molto. Ho sempre pensato che dietro quelle opere così straordinarie ci fosse una mente e un cuore speciali, magari poco adatto a capire il cinico e violento mondo di oggi, ma molto sensibile per immaginare quello che scalda la vita. È sempre più difficile dare un senso alla vita e anche sempre meno persone che lo cercano. Di conseguenza c’è sempre meno bisogno di attribuire valore alle cose, agli oggetti che ci circondano. Ci dimentichiamo spesso che siamo gli unici animali che producono oggetti consapevolmente, che diamo un significato a quello che facciamo e cerchiamo continuamente nuovi significati. La tecnologia contemporanea ci ha messo di fronte con evidenza quanto sia importante, in tutto il tangibile che maneggiamo con le mani, riconoscere quello intangibile che manipoliamo con la mente e la mente è attivata dalle emozioni. Ingo, coscientemente, ha dedicato la vita alla ricerca del significato della luce e alle emozioni che sprigiona la sorgente luminosa.
C’è una frase di Bruno Munari che dice “non c’è alcuna ragione che ci siano cose belle da guardare e cose brutte da usare”.
Da quella piccola casa di Milano con il piccolo giardino ci siamo trasferiti in una grande casa di campagna ad Angera, (un piccolo paese dei mille che circondano Milano) e, guarda il caso della vita, proprio ad Angera ha preso sede, per merito di Michel, lo studio tecnico della Ingo Maurer in Italia. Recentemente ci siamo visti proprio ad Angera. È venuto lui a trovarmi e lo ho intervistato per la rivista Domus. Il suo lavoro seduce e ispira e la tentazione di carpire il suo segreto è sempre grande. Ingo è sincero, genuino, autentico. È un grande piacere passare del tempo con lui. Ti porta con i suoi occhi a vedere con i tuoi occhi e vedi la meraviglia della semplicità in tutto, nei colori, nelle forme, nelle materie, nei colori, nelle combinazioni più balorde e sorprendenti che mai ti verrebbero in mente senza la sua indicazione. Con lui vedi la poesia che scaturisce dalla luce.
Ingo ti voglio tanto bene e in tanti ti vogliamo tanto bene.
Michele De Lucchi, settembre 2019
Immagine di apertura: Ingo Maurer ritratto di spalle. Foto Henrik Blomqvist