Domus 1039 si intitola “Solo noi possiamo fare le città”. Nel suo editoriale Winy Maas ci ricorda che le città sono fatte di persone e non di cemento, pietra e mattoni, necessari solo per permettere alle persone di vivere a contatto. Presenta il lavoro di JR, l’artista che incolla enormi fotografie di persone su edifici e negli ambienti urbani, ricordando da chi è fatta la città.
La riqualificazione della periferia di Medellín, in Colombia, seguita dalle Unità di Vita Articolata, è un caso di urbanistica sociale al servizio della comunità. Viene raccontato il piano di rigenerazione del lungofiume di Huangpu che fa di Shanghai la nuova metropoli culturale dell’Asia. L’intervista a Ekrem İmamoğlu, il nuovo sindaco di Istanbul, tratta della sostenibilità della città, della congestione del traffico e della mancanza di alloggi a prezzi accessibili.
In “Come ci sposteremo?” sono stati confrontati i sistemi di mobilità urbana, che mostrano le mappe dei trasporti di Dar es Salaam, Zurigo, Los Angeles e Silicon Valley.
Nel numero viene raccontata, inoltre, la sfida dei professionisti del design e dell’architettura: come utilizzare materiali più ecologici riducendo la produzione di rifiuti nelle fasi di progetto, per un mondo senza plastica usa-e-getta?
Il tema dell’architettura bianca è trattato in “Mondo bianco?”: le diverse connotazioni di questa architettura dal Partenon agli edifici progettati da Le Corbusier, Oscar Niemeyer o Álvaro Siza; i progetti di Aires Mateus per la Facoltà di Architettura in Belgio e di Alberto Campo Baeza per Casa Cala in Spagna.
L’ultima pagina è dedicata alla fotografia: Harpur Hill, dalla serie Project Cleansweep, di Dara McGrath, rappresenta la cava, uno dei tanti siti inglesi in cui sono state prodotte, testate o immagazzinate armi chimiche tra la prima guerra mondiale e la guerra fredda.
Con la rivista, il supplemento Interni d’autore. I luoghi della creatività.