Eccoci al dunque: questo è il mio ultimo numero come guest editor di Domus per il 2019. In momenti come questo si è tentati di voltarsi indietro e dare uno sguardo ai risultati ottenuti, e lo faremo. Tuttavia, continuo a credere che sia più importante guardare al futuro. Dopotutto, questi dieci numeri della rivista hanno parlato di futuro: del futuro dell’architettura, del futuro delle nostre città, del futuro del nostro pianeta... del futuro della nostra specie. Per pensare al futuro con chiarezza dobbiamo capire da dove veniamo, ed è qui che uno sguardo al passato può rivelarsi utile. Ecco perché in questo numero stiamo riassumendo un anno intero di articoli apparsi su Domus, compilando e visualizzando tutti i dati pubblicati accanto a ciascun articolo, nonché alcuni metadati sugli articoli stessi.
Qual è la superficie media dei progetti presentati? Quali parti del mondo abbiamo esaminato in modo più dettagliato? Quali sono state le urgenze globali a cui abbiamo dato maggiore risalto? E nel fare questo, cosa abbiamo dimenticato? Valutando il nostro lavoro in questo modo, capiremo meglio l’efficacia di questo piccolo contributo apportato al futuro.
Nell’arco dell’anno, i temi urgenti di cui ho parlato nel mio editoriale di gennaio sono apparsi più evidenti che mai. L’ansia riguardo ai cambiamenti climatici, già acuta all’inizio dell’anno, negli ultimi mesi ha raggiunto livelli inediti. Abbiamo assistito a enormi incendi nelle foreste pluviali. Gli scioperi per il clima messi in atto tra il 21 e il 27 settembre si sono rivelati una delle più grandi proteste globali della storia. È passato quasi un anno dal mio editoriale di gennaio, ma a parte le crescenti tensioni, cosa è cambiato davvero? Un anno fa, secondo le Nazioni Unite rimanevano 12 anni per prevenire cambiamenti climatici catastrofici. Adesso ne mancano 11, così ripeterò ciò che ho scritto 10 mesi fa: siamo troppo lenti.
Possiamo e dobbiamo superare le nostre attuali urgenze, possiamo e dobbiamo guardare avanti verso un futuro migliore. A patto che tutti ce ne assumiamo la responsabilità – come individui, come progettisti, come organizzazioni, come aziende, come cittadini, come politici. Tutti artefici della città futura.
Che tipo di futuro ci aspetta? Un altro contributo-chiave di questo numero è il nostro “sondaggio sul futuro”. Abbiamo chiesto ad alcuni tra i migliori e più acuti urbanisti, architetti e studiosi di spiegare brevemente ciò che vedono davanti a noi.
Le loro risposte vanno dall’ottimismo all’incertezza, dalle deduzioni rispetto la nostra traiettoria attuale alle previsioni di uno sconvolgimento radicale. C’è molto da imparare dalle loro idee.
Tra gli argomenti da loro avanzati – e lo stesso vale per quelli esplorati da altri nostri collaboratori in questo numero – vi è quello che la crisi climatica, come la maggior parte delle crisi, costituisce anche un’opportunità d’innovazione; che dobbiamo reintrodurre uno spirito immaginativo nella pratica architettonica; e che c’è molto da imparare dal passato – forse c’è qualcosa di valido nel radicalismo e nell’ottimismo di quello che ora chiamiamo ‘retrofuturismo’.
Inoltre – cosa ancora più importante – il messaggio di questo numero è che possiamo e dobbiamo superare le nostre attuali urgenze, che possiamo e dobbiamo guardare avanti verso un futuro migliore. A patto che tutti ce ne assumiamo la responsabilità – come individui, come progettisti, come organizzazioni, come aziende, come cittadini, come politici. Tutti artefici della città futura. Le sfide che ci attendono devono essere affrontate da ogni possibile angolazione.
Quest’anno è stato l’anno del “Tutto è urbanistica”. Dalla scala microscopica a quella globale, dalle opere concrete alle strutture concettuali, tutto informa le nostre città e ne viene a suo volta informato.
Se c’è un messaggio che potete recepire dal mio anno come guest editor di questa rivista, è che “tutto è urbanistica” e l’urbanistica di qualità è un tema urgente.
Abbiamo presentato una piccola selezione di cose buone e cattive che il mondo ha da offrire. Ora tocca a voi. Quale sarà il vostro contributo?
Immagine di apertura: (ab)Normal, Dichtelust, 2018