Da bambino, negli anni Quaranta e Cinquanta, ero ossessionato dal movimento e dalla velocità. Con l’immaginazione rivivevo i Gran Premi di Germania degli anni Trenta, dove si sfidavano le Auto Union color argento e le bianche Mercedes-Benz. Conoscevo i nomi e le caratteristiche tecniche di quasi tutte le moto e le auto dell’epoca e, pur di vedere una locomotiva di un treno espresso che sbuffava fumo e vapore, potevo rimanere in piedi per ore accanto alla linea ferroviaria locale.
Il nuovo numero di Domus sul futuro della mobilità
Nell’editoriale di maggio, il guest editor Norman Foster rievoca lo scenario di mobilità immaginato a metà del secolo scorso, evidenziando limiti e possibilità dei sistemi di spostamento attuali.
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- Norman Foster
- 03 maggio 2024
Forse Internet, il computer e lo smartphone hanno creato un’enorme rivoluzione sociale, ma la vita nelle città non è molto differente da quella dei decenni a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Per noi scolaretti, erano ancora più eccitanti le visioni fantascientifiche dei film e delle riviste: aerei di linea a propulsione atomica, auto volanti e monorotaie che sfrecciavano nel cielo collegando torri altissime. Confrontando il presente con le immagini del futuro di tre quarti di secolo fa, alla ricerca di risposte su una possibile visione dell’avvenire, posso dire innanzitutto che le auto e le moto di allora assomigliano straordinariamente a quelle odierne, ma che queste ultime sono più noiose. La prospettiva attuale di una massiccia elettrificazione dei veicoli rappresenta un ciclico ritorno all’inizio del XX secolo, quando la maggior parte delle auto era alimentata a batteria.
Come ci si immaginava allora, i grattacieli di oggi sono alti e sottili, ma le monorotaie che li collegavano non sono state adottate – anche se ora sono disponibili, a prezzi competitivi. Gli odierni aerei di linea, a differenza dei loro antenati riservati alle élite sono alla portata di tutti ma, al di là delle dimensioni oggi molto maggiori, sono notevolmente simili nell’aspetto. Il Flying Wing, come il supersonico Concorde, hanno fatto la loro comparsa e poi sono spariti: entrambi potrebbero rinascere in futuro, con forme probabilmente familiari. L’aspetto dell’hardware spaziale, dall’eroe dei fumetti Dan Dare – famoso grazie alla rivista Eagle – passando per la Nasa e SpaceX, non è praticamente cambiato. I dispositivi digitali che oggi diamo per scontati sono stati anticipati da film e rendering degli anni Sessanta. Forse Internet, il computer e lo smartphone hanno creato un’enorme rivoluzione sociale, ma la vita nelle città non è molto differente da quella dei decenni a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Tutto ciò potrebbe suggerire l’idea che per guardare al futuro dovremmo prima esaminare il passato, scoprendo per esempio, che l’auto elettrica fu presentata per la prima volta nel 1888 e, dieci anni dopo, una versione a forma di razzo superò la barriera dei 100 km/h. Prima della fine del secolo scorso, Ferdinand Porsche e Ludwig Lohner realizzarono la prima ruota a motore elettrico che, 75 anni più tardi, fu ricreata da Boeing e General Motors per il Lunar Rover Vehicle della Nasa, progettato per muoversi sul suolo del nostro satellite. Se i veicoli elettrici affondano le loro radici nel passato, lo stesso si può dire per i loro potenziali partner, i mezzi a guida autonoma.
Illuminante a questo proposito è un testo, tratto da una delle mie immagini preferite, scritto per la pubblicità di una società elettrica americana nel 1957: “Un giorno la vostra auto potrebbe sfrecciare su una superstrada elettrificata, dove velocità e direzione saranno controllate automaticamente da dispositivi elettronici incorporati nella carreggiata. Le autostrade saranno rese sicure dall’elettricità! Nessun ingorgo, nessuna collisione, nessuna fatica per il conducente”. Ancora, i primi aeroporti erano sempre vicini alle città, parte integrante del tessuto urbano.
Mano a mano che gli aerei diventavano più grandi, richiedevano piste più lunghe e, con l’aumento del volume dei passeggeri, i terminal avevano bisogno di più spazio. Le conseguenze delle dimensioni e dell’impatto ambientale hanno allontanato gli aeroporti dai centri urbani. Questo schema si è ripetuto in tutto il mondo: il trasferimento del Kai Tak di Hong Kong su un’isola nel Mar Cinese Meridionale ne è un esempio eclatante. L’effetto di questa suburbanizzazione è l’accumulo di strutture complementari, come alberghi e centri ricreativi, che si raggruppano intorno ai terminal più grandi, dando vita a una forma caotica di tessuto urbano. Uno sguardo al futuro è offerto da uno dei più grandi aeroporti che stiamo progettando con Foster + Partners, quello di Riad che, entro il 2050, dovrebbe gestire 185milioni di passeggeri all’anno.
Quando gli spostamenti diventano più veloci o più economici, la tendenza è quella di viaggiare di più, per esempio adottando un tragitto più lungo o scegliendo una meta più lontana per lo shopping o le vacanze.
Qui il cerchio si chiude, con una sorta di ritorno alle origini: progettato come aeroporto urbano, se visto dall’alto assomiglia a una città fortificata del passato, immersa nel deserto e attraversata da un’oasi verde. Libera dal traffico automobilistico e pedonalizzata, potrebbe avere molte delle qualità della città del futuro. Le auto volanti delle immagini fantascientifiche del passato sono comparse insieme a James Bond in L’uomo dalla pistola d’oro, ma è più probabile che in futuro si trasformino in droni. La tendenza all’autonomia vista nella rivoluzione delle telecomunicazioni probabilmente influenzerà la mobilità non solo dei veicoli autonomi che abbiamo già testato. La mancanza di infrastrutture per il trasporto in Africa ha portato, per esempio, all’adozione di droni per la consegna di forniture mediche. Anche se esistesse una rete di strade, il drone rimarrebbe più economico e veloce.
Ecco quindi perché è stato preso in considerazione dal servizio sanitario nazionale nel Regno Unito, oltre che in un progetto che mi vede coinvolto per l’ospedale del futuro, in cui la struttura interna fornirà ampie vie d’accesso a flotte di droni, utilizzati per trasportare farmaci e altri materiali in modo più rapido ed efficiente. In America, la maggior parte delle persone trascorre oggi da un’ora a un’ora e 20 minuti al giorno per gli spostamenti personali, con un costo pari al 16-20 percento del bilancio familiare. Quando gli spostamenti diventano più veloci o più economici, la tendenza è quella di viaggiare di più, per esempio adottando un tragitto più lungo o scegliendo una meta più lontana per lo shopping o le vacanze.
Queste statistiche sono il riflesso di una società che si muove in auto e del predominio dell’espansione urbana, con un elevato consumo di energia e un’alta impronta di carbonio. A titolo di paragone, una recente ricerca mostra come Manhattan, città compatta ad alta densità e percorribile a piedi, abbia un impatto di carbonio nettamente inferiore ad altre con lo stesso modello.
New York ne è un esempio a sviluppo verticale, ma questo tipo di città può essere anche di media altezza, come Boston sempre negli Stati Uniti o Londra, Parigi e Copenaghen in Europa. Città che, oltre a essere sostenibili, grazie alla qualità della vita che offrono sono sempre ai primi posti nei sondaggi sui luoghi più appetibili da visitare, e in cui lavorare e vivere. Il futuro della mobilità è inestricabilmente legato alla pianificazione futura delle città e delle infrastrutture che le collegano, sia a livello nazionale sia continentale.
Immagine di apertura: Foto Mary Evans Picture Library