“La libertà non è, come dicono alcuni, poter guidare ovunque. La libertà consiste nel poter andare ovunque senza un’auto”.
Sono queste parole, pronunciate da Janette Sadik-Khan, una delle massime esperte mondiali in materia di trasporti e trasformazioni urbane, ad aver ispirato Giuseppe Grezzi, l’uomo che negli ultimi otto anni ha rivoluzionato la mobilità di Valencia, premiata con l’European Green Capital Award 2024, riconoscimento consegnato ogni anno dalla Commissione europea alla città che è riuscita a realizzare obiettivi ambiziosi nei temi della salvaguardia ambientale. Oggi sul 75% delle sue strade non si possono oltrepassare i 30 chilometri orari, mentre sulle restanti si arriva al massimo a 50. Dal suo arrivo l’utilizzo delle piste ciclabili è aumentato di oltre il 200%.
Grezzi, nato nel 1973 e cresciuto a Latronico, in Basilicata, dal 2015 al giugno scorso è stato assessore alla mobilità sostenibile di Valencia, dove ha ricoperto anche il ruolo di presidente dell’azienda di trasporti locale.
Giuseppe Grezzi, com’era Valencia nel 2015?
“Era una città priva di un progetto di mobilità sostenibile. Con i suoi 800mila abitanti per 135 kmq, è la terza della Spagna dopo Madrid e Barcellona. Ha un centro con vie molto strette. E in queste vie, come nel resto del suo territorio, nel 2015 l’automobile era la regina assoluta delle strade. Non c’era una rete di piste ciclabili, si registravano molti incidenti dovuti al traffico eccessivo e, come se non bastasse, l’azienda dei trasporti era quasi in fallimento”.
Quali sono state le prime misure adottate?
“Imporre i 30 km/h in tutto il centro storico. Con il sindaco Joan Ribó Canut volevamo dare un messaggio forte e chiaro ai cittadini, ovvero che era giunto il momento di iniziare a spostarsi in modo sostenibile e sicuro, cambiando abitudini radicate. Dinanzi a una rivoluzione del genere, non solo le azioni ma anche le parole sono importanti: ecco perché l’Assessorato del Traffico e dei Trasporti diventò Assessorato della Mobilità Sostenibile. E, allo stesso modo, si è passati dall’Ordinanza della Circolazione del 2010 all’Ordinanza della Mobilità del 2019, che ha regolato tutte le forme di spostamento in città affinché ci sia equità e accessibilità dello spazio per tutti gli utenti nelle migliori condizioni di sicurezza e sostenibilità, tutelando i soggetti più vulnerabili dandogli la priorità, tenendo conto che oltre il 50% degli spostamenti all’interno della città sono effettuati da pedoni. Ma i 30 km/h sono stati solo il punto di partenza. Poi abbiamo minato, uno a uno, i vantaggi che portavano a preferire l’automobile agli altri mezzi. Per cambiare il paradigma, secondo cui con la macchina mi sposto più velocemente e quindi arrivo prima a destinazione, abbiamo lavorato per esempio sulla sincronizzazione semaforica, per fare in modo che andando veloce si perdesse la cosiddetta “onda verde”, di cui normalmente si usufruisce aumentando la velocità. Abbiamo inoltre limitato i parcheggi in centro”.
Oggi la piazza del Comune è pedonale...
“Cominciammo subito a testare la situazione, chiudendola per una domenica alle auto e aprendola ai cittadini con attività varie (mercato di agricoltura di prossimità, festa della paella...) Dissero che nessuno sarebbe venuto in centro senz’auto. Dopo due mesi abbiamo cominciato a farlo tutte le settimane perché ce lo chiedevano i cittadini. Capimmo così che la piazza sarebbe potuta diventare definitivamente pedonale, progetto portato a termine quattro anni dopo, un po’ in ritardo rispetto ai programmi a causa del Covid. Il problema principale era che lì convergevano 15 linee di autobus, quindi analizzando milioni di dati per individuare le abitudini di origine e destinazione degli utenti, abbiamo trasformato le linee da radiali a perimetrali”.
Tutte queste misure hanno senso, però, solo se i mezzi pubblici vengono potenziati...
“L’orario di 23 linee è stato prolungato fino a notte inoltrata, funzionano quasi 24 ore al giorno, dal 2016 sono stati introdotti oltre 300 nuovi autobus, assunti 300 autisti e costruite 900 pensiline. Nei pressi delle stazioni e delle fermate i cittadini possono usufruire poi di parcheggi per le biciclette o dell’accesso ai servizi di sharing”.
In che modo avete garantito equità e accessibilità?
“È stato introdotto un biglietto integrato con cui poter accedere agli autobus e la metro. Un abbonamento per i pensionati a 20 euro l’anno, e per i ragazzi minori di 14 anni a 5 euro ogni 2 anni. Uno a 10 euro per coloro che hanno redditi bassi. Un carnet per 10 viaggi, che prima costava 8,5 euro, oggi costa 4 euro. È essenziale formare l’utenza di domani: se abituiamo i giovani a prendere l’autobus, in futuro avremo cittadini più responsabili. E la salute economica dell’azienda dei trasporti è migliorata”.
Un aiuto all’abbandono dell’automobile lo hanno dato anche le ciclabili?
“Nel 2015 Valencia aveva 123 km di piste ciclabili, nel 2022 190 km, ovvero +50%. Ma il dato più interessante è stato l’aumento dell’utilizzo della bici: +214%, specie nell’anello che circonda il centro storico di cinque chilometri aperto nel 2017”.
Sulle strade di alcune città come Milano i ciclisti hanno molto spesso la peggio. Come garantite la loro sicurezza?
“Le ciclabili devono essere protette dal resto della strada. Quelle segnalate solo con pittura non le considero tali, ma assi ciclabili. Tutte le nostre piste sono larghe almeno 2 metri e mezzo, bidirezionali e protette. Non è un caso che l’uso della bici è aumentato dal 30% fino al 40% tra i bambini, le donne e le famiglie. La sincronizzazione dei semafori ci ha consentito di favorirne il transito. Così, in pochi anni Valencia è diventata una delle tre città spagnole in cui si va meglio in bici, balzando dagli ultimi posti in classifica al podio”.
Quando si innescano questi cambiamenti, i cittadini sono parte del problema o della soluzione?
“La resistenza al cambiamento è sempre molto forte. Basti pensare che nel 2015 la sindaca uscente era in carica da 24 anni. Quando eravamo all’opposizione, avevamo già studiato i quartieri preparando un nuovo progetto di mobilità. Una volta insediati, istituimmo subito un tavolo per consultare i cittadini, che vanno sempre ascoltati, anche se poi le decisioni spettano a chi governa. Far decidere alla popolazione può essere sbagliato, oltre che controproducente, in questi casi: se indici un referendum sulla mobilità quasi sicuramente non riuscirai a cambiare nulla, la resistenza al cambiamento è insita nella natura umana, i sentimenti sono facilmente manipolabili ed è difficile spiegare perché è necessario modificare la mobilità o eliminare parcheggi. Poi ci sono anche falsi miti, come quello che ha fatto credere per anni ai commercianti che si potevano fare affari solo se nelle strade circolavano le auto. Non è così e lo abbiamo dimostrato. Del resto, negli anni 70 Amsterdam era piena di macchine, oggi, come è noto, è piena di biciclette, forse troppe (ride, ndr), ma molto più sicura ed efficiente. E allora è chi governa che deve avere la visione sul medio-lungo periodo e decidere che cosa è meglio fare”.
Perché definisce i vostri interventi “urbanismo tattico”?
“L’urbanismo tattico è uno strumento per promuovere misure a basso costo, veloci e reversibili, per recuperare spazio pubblico di qualità. Dal 2015 al 2022 sono stati recuperati più di 150.000 m² di zone verdi e spazi pedonali, di cui 2.182 m² intorno a 13 scuole (2020-2022). Il risultato complessivo è stata una riduzione del 10% del traffico e un aumento del 10% dei passeggeri del trasporto pubblico. Tutti gli indicatori delle emissioni segnano una decrescita sensibile, fra il 15 al 25%. Resta il problema dell’area metropolitana, che conta 45 municipi in cui vivono più 1,5 milioni di persone: il 73% dei viaggi interurbani si fanno in macchina, mentre gli spostamenti interni in auto sono solo il 23%”.
Una città senza auto è una speranza o un’utopia?
“Le auto ci saranno sempre, ma è possibile un futuro in cui se ne faccia un uso residuale. Possono essere utili in determinati casi concreti però comportano ingenti investimenti e provocano molti problemi, come sappiamo”.