L’architettura dovrebbe sempre più inventarsi dentro a concrete situazioni geografiche, storiche e umane. In genere, cerca di prendere vita in progetti che contemplano un cambio d’uso, soprattutto quelli di riconversione che permettono di aggirare le norme relative alle dimensioni e di esprimere spazi immensi a partire da strutture spettacolari. Le architetture antiche sono il più delle volte protette, sia dalla legge sia dal gusto borghese. I dettami dell’ecologia, da parte loro, abbracciano solitamente processi di economia produttiva oltre all’uso e al riuso dell’esistente, evitando per quanto possibile di demolire gli edifici.
Un’altra tendenza si sta però facendo strada. Consiste nello scegliere di ancorarsi, radicarsi e interpretare un luogo, nel perseguire il mistero della reciproca compenetrazione e dell’incontro tra epoche diverse, e di abbracciare le rivelazioni sempre più legate a interventi a lungo deprecati sul piano etico, dato che riguardavano architetture antiche e protette. Nell’Ottocento, alcuni progettisti si erano già avventurati in interpretazioni audaci e spesso giudicate troppo pittoresche o troppo spettacolari, il caso più noto è Viollet-le-Duc.
L’obiettivo attuale è prolungare la vita degli edifici già realizzati, per arricchire quell’arte che è l’architettura, per coltivare l’ambiguità tra l’esistente e le nuove invenzioni per motivi culturali, artistici, stilistici, oltre che per potenziare l’immaginario. Forse, anche per ridare un valore agli ultimi decenni che hanno prodotto molti luoghi dove le modanature, gli interni e i dettagli costruttivi sono stati troppo spesso dimenticati o martirizzati. Bisogna, quindi, attivare una nuova forma di contestualizzazione, una specie di gioco tra le generazioni, oltre che espressione di amore per la storia dei luoghi e di coloro che li hanno vissuti: un’ibridazione tra le generazioni, tra le architetture dei genitori e quelle dei loro figli.
L’arte ha ragioni che la ragione ignora. L’architettura ha fatto troppo spesso dubitare di poter essere un’arte viva. Si tratta del rifiuto di abdicare. L’architettura coglierà queste occasioni di osmosi per provare di essere ancora capace di sorprendere, inventare e accogliere testimonianze d’epoca?
Immagine in apertura: Bourse de Commerce – Pinault Collection a Parigi, nato come mercato del grano nel 1763 e restaurato da Tadao Ando Architect & Associates nel 2021. © Urs Fischer. Foto Stefan Altenburger. Courtesy of Galerie Eva Presenhuber, Zurich