“Domus vuole essere una rivista di attualità, discutere questioni attuali, le grandi idee attuali. Deve essere un vettore di emozioni e sensazioni.”
Jean Nouvel ha aperto così la presentazione della sua Domus, introdotto dai saluti dell’amministratore delegato Giovanna Mazzocchi Bordone e dalle parole del direttore editoriale Walter Mariotti, per tratteggiare un processo di critica che parta da un “no” per arrivare al carattere nell’architettura.
Il primo tema, per Nouvel, è il locale: “La globalizzazione ormai è attualizzata, ha cose positive, come la globalizzazione del pensiero, la comunicazione. Ma mostra i suoi mali quando si moltiplicano gli oggetti globali, un urbanismo globale senza visione. La modernità è ritrovare il potere dei luoghi, la seduzione dei luoghi. ‘Locale’ è parola del domani, non il clonare modelli ormai privi di vita.”
Il momento, poi. L’architettura è raccontata come ancorata al luogo e alla storia: il qui e l’ora, conciliabile con il mercato solo conoscendo l’architettura, per cui le questioni ecologiche non possono accontentarsi di soluzioni generali e la prima visione davvero ecologica è l’utilizzazione del luogo.
Nelle parole di Nouvel, oggi si è invece all’annullamento dell’architettura, del ruolo dell’architetto. Le condizioni impediscono di determinare l’oggetto rispetto alla geografia. È impedito il carattere come approfondimento di una personalità. “Ecco perché non bisogna confondere l’erotismo e la ginnastica: caratterizzare, sempre”.
È in questi termini che la modernità viene vista come “tradizione del nuovo”: trovare il significato dell’epoca nei luoghi, in territori oggi abbandonati, disprezzati, che sono però la base del futuro.
Per Nouvel va soprattutto rivendicato un diritto all’architettura, un diritto al piacere: “Significa rifiutare la situazione neocarceraria di un’economia contemporanea che porta all’identico, con una atrofizzazione dell’architettura. Significa rifiutare di trattare le persone che si rivolgono all’architettura, ma non hanno mezzi, in termini di ammasso. Per un diritto all’architettura si deve combattere: la missione dell’architetto esiste e deve puntare a realizzare un piacere dell’abitare”.
Sollecitato da Mariotti, Nouvel parla di architettura come un mezzo capace di disinnescare dinamiche foucaultiane di città come grandi panopticon carcerari, ora che il divario tra ricchi e poveri è esacerbato, che il 2-3% della superficie del pianeta genera il 70% del PIL.
Va però compreso l’errore alla base delle economie attuali: determinante è la volontà, da parte delle città stesse, nel riconoscere che è il costruire male ciò che costa caro, e che l’architettura non è necessariamente legata alla ricchezza formale e materiale. “Restare legati al modulo di 50-60 mq con un terrazzino aperto sul nulla è una tortura, una prigione che merita evasione”.
“La pandemia ha aperto gli occhi sulla necessità di un cambiamento politico, economico – ha continuato Nouvel – di un modello che impedisce all’architettura di operare ma soprattutto impedisce a milioni di persone di vivere in condizioni dignitose e non nocive.”
Un ruolo sociale dell’architettura che sta nel dare piacere alle persone, mettere la città nella prospettiva di qualcosa di vivo, legato ad un bisogno di arte. Non una semplice prestazione ma un lavoro della fioritura. “Creare certo qualcosa di redditizio, centrato però sull’economia locale, ritrovare gemme che rinascono ovunque e farne scaturire nuove creazioni”.
L’elaborazione è poi proposta come forma fondamentale, una forma di poesia: “l’essere insieme, partecipare, parlarsi. Ogni città dovrebbe creare laboratori per l’elaborazione del su territorio, dove tutti gli attori sociali, nessuno escluso, si incontrano con trasparenza, per tornare al piacere condiviso di creare progetti comprensibili.”
Il cinema ad esempio è un esempio di questa elaborazione, che mostra come la coscienza emozionale – sfumature, visione, poesia – conti tanto quanto il sapere intellettuale.
Un processo in cui, per Nouvel, si integrano tutte le relazioni, le più vecchie e le più recenti: “Senza fare del classicismo gratuito, bisogna continuare a inventare: come ci mostra la globalizzazione tecnologica, ogni casa può diventare moderna con uno schiocco di dita.”
Nouvel ha anche parlato di recente della sua ispirazione a edifici che incarnano valori umani superiori, argomenti che si prestano alla trascendenza, la morte, la religione, il potere. Edifici che diventano rappresentazioni di ciò che c’è di più importante sulla terra. In dialogo con questo, l’architettura è però esserci con tutte le arti, l’architettura è abitare. Una cosa ugualmente formidabile per il mondo è la poesia del quotidiano, qualcosa che è capace cambiare le vite: è l’architettura.
Come ha concluso Mariotti, Domus rimane un luogo di elaborazione concettuale, ancora di più attraverso queste tre chiavi proposte da Nouvel, che vengono messe in pratica attraverso una nuova attenzione a dettagli visivi che si fanno concettuali, rivolgendosi proprio alla sfera dell’elaborazione e della rivitalizzazione dei progetti in una prospettiva contemporanea.
Immagine in apertura: Jean Nouvel. Foto Giovanni Del Brenna