Volendo cercare un illustre ascendente, si potrebbe a prima vista associare il daybed Five to Nine disegnato da Studiopepe per Tacchini alla Tube chair di Joe Colombo, quintessenza della medesima tipologia, ridotta com’era ai quattro cilindri della struttura che, per contenere al minimo l’imballaggio, s’infilavano uno dentro l’altro. Pur attingendo al passato, la sequenza di cuscini a rullo disposti per l’intera lunghezza regala un certo carattere e un tono attuale alla classica dormeuse d’inizio Novecento. Il progetto è super essenziale: una base di legno semplicemente rivestita da 11 morbidi cilindri cui se ne aggiunge un dodicesimo, che può diventare bracciolo o schienale. Pensato anche per essere versatile: può avere funzione di seduta per il relax o per l’attesa; può essere usato da solo o in composizioni articolate (con il bracciolo con funzione di divisorio); può, infine, adattarsi ad ambienti domestici o a luoghi pubblici.
Studiopepe: dodici morbidi cilindri di relax
Arianna Lelli Mami e Chiara Di Pinto rispondono alle nostre domande sul nuovo daybed Five to Nine per Tacchini, su cosa le rende felici e cosa le spaventa come progettiste e sui designer che ammirano di più.
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- Elena Sommariva
- 08 giugno 2020
Il punto di partenza di questo progetto?
È stato il cuscino: ci piaceva il riferimento alle sedute anni Settanta e abbiamo voluto reinterpretarlo e reiterarlo in maniera quasi ossessiva per dare forma a un elemento di arredo contemporaneo,
Perché si chiama così?
È un gioco di parole rispetto al canonico orario lavorativo “Nine to Five”, dalle nove alle cinque, che indica la parte del giorno restante, quando cioè non si lavora.
Come si combinano insieme più daybed?
Il bracciolo può fungere da divisorio per la seduta, anche nel caso si decida di accostare più daybed per creare, per esempio, una zona lounge. Può creare composizione articolate arricchite da accessori diversi, come il tavolino tondo.
Cosa vi rende felici come progettisti?
Sapere che la creatività è una risorsa che ci accompagnerà sempre
E qual è invece la vostra più grande paura?
La paura che questa non basti più come risorsa! E anche non avere il tempo necessario per fare tutte le cose che ci piace fare.
Come vi dividete i compiti nel lavoro di studio?
Tra noi i ruoli sono fluidi, c’è molto dialogo e dialettica. Cerchiamo di avere una struttura agile che ha funzionato molto in questo periodo di lockdown e di avvalerci di un team di collaboratori eclettico e fidato.
Amiamo molto le designer donna perché hanno un’attenzione speciale agli ambienti e alla qualità degli spazi e del modo di vivere.
Un designer che ammirate? Perché?
Amiamo molto le designer donna, non per una questione di genere ovviamente, ma perché hanno un’attenzione speciale agli ambienti e alla qualità degli spazi e del modo di vivere. Sto pensando a Charlotte Perriand per esempio... Abbiamo visto la sua mostra a Parigi ed è stato molto interessante entrare nel mondo di questa designer così speciale e anche approfondire il suo controverso rapporto con Le Corbusier, molto più intransigente come progettista, e si sente veramente il contrasto tra due visioni affini ma anche differenti. Personalmente [Arianna, ndr], amo moltissimo la sua ricerca sulle forme organiche, raccolte, catalogate e fotografate insieme al suo amico Léger. Pratica che anche noi seguiamo. In fin dei conti le donne sono “raccoglitrici”, nella teoria antropologica di hunter e gatherer.
Quale oggetto ha cambiato la vostra vita?
Nessuno in particolare, gli oggetti sono spettatori del nostro quotidiano... Spesso hanno anche un ruolo attivo, ma cambiare la vita forse è una pretesa esagerata. Direi, tutto sommato, la bicicletta.
Perché avete deciso di diventare designer?
Abbiamo studiato design al Politecnico per cinque anni ma non siamo diventate subito designer, o meglio: lo eravamo fin da subito ma non in modo “tradizionale”. Abbiamo iniziato progettando storie e ambientazioni, creando mondi immaginari in cui il design potesse vivere ed essere interpretato. Poi abbiamo avuto voglia di progetti bespoke, su misura, sono piaciuti a molti nostri clienti e così abbiamo iniziato a lavorare come product designer. È stata una necessità e forse le cose migliori nascono proprio in questo modo.
Abbiamo iniziato progettando storie e ambientazioni, creando mondi immaginari in cui il design potesse vivere ed essere interpretato.
Se poteste viaggiare nel tempo, quale epoca (passata o futura) scegliereste?
Credo che un’epoca che metta d’accordo entrambe siano gli anni Dieci e Venti del secolo scorso. Anni di grandi sperimentazioni e avanguardie, grandi ideali e ideologie. Con lo spettro della guerra sempre presente, ma con un anelito verso la vita incredibile. Basta leggere i romanzi dell’epoca per assaporarlo.
- Five to Nine
- Studiopepe
- Tacchini
- 2020
- Legno naturale o verniciato a poro aperto
- Pelle o velluto mohair
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini
Daybed Five to Nine di Studiopepe per Tacchini