Gio Ponti, Bruno Munari, Ettore Sottsass, Gae Aulenti e Alessandro Mendini: le illustrazioni di Lorenzo Petrantoni per Domus for Design sono un omaggio a cinque personaggi simbolo della cultura del progetto in Italia. Petrantoni rielabora il repertorio delle illustrazioni delle antiche enciclopedie ottocentesche che caratterizza il suo linguaggio espressivo per ritrarre cinque creativi italiani accomunati da una vorace curiosità, che con un approccio personale, poetico e multidisciplinare hanno scritto la storia del design, e di Domus.
Gio Ponti (1891-1979)
Fonda Domus nel 1928 e la dirige per più di quarant’anni. Architetto e designer, anche se nella vita sognava di diventare un pittore, sulle pagine della rivista invita i lettori a costruire l’ambiente domestico attorno alle proprie esigenze, senza seguire le mode ma “secondo l’intelligenza e con un’amorosa cultura ed un nostrano buon senso”. Instancabile creatore, Ponti scrive, progetta, disegna le copertine della rivista, invita amici, architetti e artisti a collaborare. La sua Domus diventa lo spazio dove accogliere e far dialogare le arti e diffondere la nuova cultura dell’Abitare moderno, a cui Ponti contribuisce con i progetti di design, le ceramiche, i vetri, le posate, i mobili e le sue architetture, le case al mare, gli uffici milanesi, il grattacielo Pirelli, le ville a Caracas e a Theeran. Quella di Ponti, secondo la figlia Lisa, che lo affianca nella direzione della rivista, è una Domus che “sapeva essere milanese e mondiale”.
La Domus di Ponti sapeva essere milanese e mondiale
Bruno Munari (1907-1998)
Impossibile costringere Bruno Munari in una sola definizione. La sua inclinazione leonardesca, in costante ricerca espressiva, spazia in tutti i campi, dall’arte alla grafica, dal design alla scrittura. Sin dagli anni Quaranta collabora con Domus, dove pubblica le sue riflessioni sull’abitare e le “macchine inutili”, opere astratte in relazione con l’ambiente circostante. Nel testo pubblicato nel 1944 “Uno torna a casa stanco per aver lavorato tutto il giorno e trova una poltrona scomoda” (Domus 202, 1944), Munari inaugura il dibattito tra scelta estetica e funzionalità nella progettazione dell’oggetto. Domus segue la sua collaborazione con l’azienda milanese Danese, che sarà l’editrice di pezzi destinati a un successo intramontabile, come il posacenere Cubo, del 1957, e la Falkland, pubblicata nell’aprile del 1965, la lampada dalla struttura in nylon che “può essere lavata e che smontata occupa pochissimo spazio”.
Ettore Sottsass (1917-2007)
Collabora con Domus dal principio degli anni Cinquanta, giovanissimo, “geniale e senza paura”, scrive Lisa Ponti, un talento a cui non bisogna porre ostacoli. Per più di vent’anni Sottsass viaggia, scrive e fotografa per Domus. Disegna mobili e interni, ma anche gioielli, vetri, vasi, ceramiche che decide lui stesso come impaginare. La rivista racconta le sue collaborazioni, con la Olivetti, per cui progetta macchine e arredi, e le sue esperienze di design “radicale”. Negli anni Settanta affida a Domus i suoi racconti di viaggio, scritti in una prosa unica e diretta, che evoca immagini, profumi, colori di luoghi lontani. Dal 1980 al 1985 è art director della Domus diretta da Alessandro Mendini e nel 1983 è il protagonista della copertina di ottobre. Al direttore, che lo interroga sul suo percorso progettuale, di Olivetti, della Memhips e delle sue numerose esperienze, Sottsass risponde “mi piace pensare e credere che il cambiamento sia lo stato permanente”.
Mi piace pensare e credere che il cambiamento sia lo stato permanente
Gae Aulenti (1927-2012)
Domus documenta la sua prolifica attività nel campo del design e della progettazione d’interni. Nel 1966 Gae Aulenti si occupa del rinnovamento del Centro Fly, un grande magazzino per l’arredo moderno, con “prodotti di qualità sia costosi che non”, per il quale disegna la seggiolina pieghevole Black and White, un successo che Zanotta ripropone più di vent’anni dopo, nel 1988. Alla fine degli anni Sessanta, Domus racconta le sue collaborazioni con la Olivetti, per cui progetta gli showroom di Parigi e Buones Aires. Sono interni audaci, forti ed efficaci richiami visuali, per cui progetta alcuni oggetti iconici come la Lampada Pipistrello, disegnata per il negozio in Faubourg Saint Honorè. Negli anni Ottanta, Gae aulenti firma grandi progetti di restauro degli spazi pubblici, come la ristrutturazione “pacata e armoniosa” del Palazzo Grassi e Venezia, l’intervento alla Gare d’Orsay di Parigi, alla Triennale di Milano.
Alessandro Mendini (1931-2019)
Designer rivoluzionario e spiazzante, critico acuto e direttore di Domus per due mandati, dal 1979 al 1986 e tra il 2010 e il 2011, Mendini è una fucina di idee. Le sue Domus sono progetti a trecentosessanta gradi: con occhio instancabile indaga la contemporaneità e i fenomeni di costume, introduce pagine dedicate alla decorazione e alla moda. Nei suoi innumerevoli disegni quotidiani, fatti sempre con la stessa penna, il tratto clip, fa ginnastica per la mente e riordina le idee in continuo movimento: così progetta oggetti, architetture, riviste. È un “marziano sensibile”, come l’ha definito Michele De Lucchi. Per Mendini, “Le possibili risoluzioni progettuali del futuro si trovano nella vitalità indisciplinata e incontrollabile di quei milioni di esperienze individuali che sfuggono ad ogni categorizzazione”, scrive su Domus, in un editoriale del 1981.
Le possibili risoluzioni progettuali del futuro si trovano nella vitalità indisciplinata e incontrollabile di quei milioni di esperienze individuali che sfuggono ad ogni categorizzazione
Immagine d'apertura: Alessandro Mendini nell'illustrazione di Lorenzo Petrantoni per Domus for Design