Un orizzonte di complessità non solo tecnica, ma anche e soprattutto antropologica è lo scenario con cui si confronta il team di Sven Baacke, Head of Design Global Brand di Gaggenau, marchio tedesco specializzato nella produzione di elettrodomestici di alta gamma per la cucina. In questa intervista, Baacke ci racconta come progettare elettrodomestici con l’ambizione della lunga durata, bilanciando manopole e interfacce utente, ma anche cuore tedesco e contesti d’uso globali.
Da quante persone è composto il Gaggenau Design Team?
Siamo nove designer, quindi possiamo dire che si tratta di un team piuttosto piccolo. I concept sono sempre sviluppati internamente, anche se abbiamo molti collaboratori esterni, soprattutto designer di interfacce utente e architetti. Tutti i designer del mio team hanno interessi stimolanti – uno di loro fa coltelli, un altro è fotografo, e tutti sono grandi appassionati di cucina. Il background è molto eterogeneo, e abbiamo molte discussioni perché vogliamo tutti trovare la soluzione migliore.
Seguite un metodo di progettazione specifico?
Gaggenau è un marchio globale, ma non adattiamo il nostro design a stili diversi: è il contesto che diventa totalmente diverso. Le abitudini culinarie cambiano enormemente su scala globale: in Cina c’è una cucina per i cibi umidi e una per i cibi asciutti, negli Stati Uniti le cucine sono grandi e organizzate intorno al frigorifero, mentre in Italia ci si focalizza più sul piano cottura e in Germania sul forno. Ecco perché raccogliere informazioni è fondamentale e non necessariamente facile. Nelle prime fasi del nostro sviluppo progettuale facciamo un po’ di backcasting: esaminiamo molte idee, proiettandoci nel 2030 o addirittura nel 2035. Che tipo di tecnologia useremo? Come sarà il nostro ambiente urbano? Come sarà il cibo, cosa rappresenterà la cucina sana? Cucineremo ancora con un coltello? Tutte queste idee sono raccolte in quella che chiamiamo “vision room”, una stanza fisica dove tutti questi elementi vengono messi in fila per delineare una previsione.
Come si elaborano questi input portandoli nella fase di sviluppo?
Quando abbiamo completato le nostre visioni, facciamo un salto indietro dal 2035 al 2025 in modo da poter anticipare le decisioni al momento giusto. Poi tutto deve essere validato prima di passare al team responsabile dell'implementazione, ovvero il momento in cui la collaborazione con gli ingegneri, nonché con gli chef e anche con i clienti, fa il suo ingresso. Nel caso in cui lavoriamo all’evoluzione di prodotti preesistenti, il processo di sviluppo potrebbe essere più rapido, ma io preferisco pensarlo come un processo lungo che generalmente richiede dai tre ai cinque anni. Lavoriamo sempre all'interno di un sistema di elettrodomestici: di solito i clienti non comprano solo un forno Gaggenau, perché vogliono una cucina in cui i dettagli si integrino tra loro, le interfacce utente siano interconnesse e parlino la stessa lingua.
Qual è la vostra opinione sul ruolo delle interfacce digitali nel futuro degli elettrodomestici?
Ancora una volta si tratta di uno scenario fatto di molte domande: cos’è il lusso digitale, per esempio? Esiste una cosa del genere o il lusso è per sua natura analogico? È una questione aperta non solo per noi, e penso che la risposta sia la giusta dose di elementi: come marchio dobbiamo certamente essere digitali, ma anche rimanere tangibili in modo che gli utenti possano toccare non solo le manopole e le interfacce utente, ma anche i materiali.
Gaggenau è un marchio tedesco. Come riflette le caratteristiche e i valori del Made in Germany?
Gaggegau è indubbiamente molto tedesco, è stato fondato in Germania nel 1683, nella Foresta Nera. Si tratta di un’eredità molto lunga, che a volte può essere piuttosto affascinante per i designer, anche se d’altra parte può rappresentare un peso. Gaggenau mantiene questo spirito dell’ingegneria tedesca, e lo si vede ogni giorno nella lotta positiva tra i designer e gli ingegneri per mettere le cose a posto. L’affiliazione al Made in Germany la descriverei così: una sensazione di qualità, di artigianalità, di precisione nella produzione, un mettere insieme i pezzi in modo ordinato, l’idea che gli elettrodomestici possano avere una certa patina.
Pensi che gli elettrodomestici possano avere una patina?
Sì, certo, abbiamo anche una pubblicità su questo aspetto. Il primo graffio ti fa male, ma tra 20 anni racconterà una storia. I buoni elettrodomestici hanno materiali che invecchiano bene.
Che ruolo gioca la sostenibilità per Gaggenau? Come cercate di applicare i principi dell’economia circolare?
Penso che l’industria nel suo complesso sia davvero all’inizio di questo processo. Quello che Gaggenau sta cercando di fare è progettare elettrodomestici che siano durevoli nel tempo, che non siano percepiti come obsoleti sia in termini di stile che di interfacce utente. Un altro aspetto importante riguarda la riparazione: per esempio, si può smontare un forno Gaggenau con un semplice cacciavite, quindi è più facile gestire la manutenzione.
Sei in Gaggenau dal 2003. Cosa hai imparato da questo punto di osservazione privilegiato?
Quando ho iniziato, non avrei mai pensato che un forno potesse essere così complicato: ci sono molti standard in materia di sicurezza, consumo energetico, sostenibilità, senza parlare della necessità di fondere i valori del marchio e i requisiti elevati di qualità. Nel 2003, il forno aveva due manopole, ma poi in seguito ho assistito all’affermarsi di molte caratteristiche e tendenze che non abbiamo necessariamente implementato, perché in fin dei conti la cucina è ancora il cuore della casa e sono gli elettrodomestici che infondono l'anima a una cucina. Ecco perché adoro quando la gente mi dice “ho una cucina Gaggenau”: non si tratta di mobili, ma di strumenti. Più dello stile, è questo il vero cuore della cucina.