L’attrazione dell’uomo verso la natura è un istinto primordiale. I nostri antenati si sentivano più tranquilli nei luoghi in cui c’era abbondanza di verde, perché erano certi di trovare cibo e acqua a volontà e potevano quindi concentrarsi su altre mansioni. L’eredità psicologica di questo istinto di sopravvivenza è alla base del Biophilic Design: “È una strategia o etica progettuale che tiene conto della spontanea tendenza degli esseri umani a sentirsi bene in mezzo alla natura”, spiega Oliver Heath, uno dei guru del settore. “Uno spazio progettato in modo da farci sentire protetti e a contatto con elementi naturali (o riferimenti a essi) può contribuire quindi a ridurre il nostro stress e a essere più produttivi. Si usano elementi diretti, come le piante, l’acqua, i suoni. E indiretti, come i materiali naturali, quei colori che noi definiamo neutri ma che in realtà sono tipici del nostro habitat originale, e una gestione degli spazi che tiene conto del bisogno di una visione ampia e circolare”.
L’importanza della biofilia per l’uomo e l’architettura
L’eredità psicologica del nostro istinto di sopravvivenza che ci porta a stare meglio quando siamo a contatto con la natura è alla base del Biophilic Design, utilizzato sempre più in architettura, dagli aeroporti agli spazi urbani, fino alle aziende.
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- Tommaso Gambini
- 08 marzo 2023
Heath precisa come “un approccio biofilico alla progettazione possa migliorare la Triple Bottom Line, ovvero il benessere degli occupanti degli edifici, la produttività dei dipendenti delle imprese e il tasso di gradimento dei clienti. Considerando che la nostra salute e il nostro benessere sono intrinsecamente legati a quelli dell’ambiente naturale che ci circonda, sicuramente dovremmo volerli proteggere e farli prosperare”. La natura, in un contesto progettato e quindi focalizzato su parametri umani, fa bene: rallenta il battito cardiaco, induce la produzione di ormoni compensativi che supportano una sensazione di interconnessione e collaborazione. E non si tratta di un trend contemporaneo: “Il termine biofilia (letteralmente, “passione per la vita”) è stato coniato due volte in circostanze diverse: dallo psicologo tedesco Erich Fromm nel 1964 e dal biologo americano Edward O. Wilson nel 1984”, precisa Giuseppe Barbiero, docente di Biologia e di Ecopsicologia, direttore del Groupe de Recherche en Education à l’Environnement et à la Nature e del Laboratorio di Ecologia affettiva all’Università della Valle d’Aosta. “Fromm usa il termine biofilia per descrivere l’orientamento psicologico a essere attratti da tutto ciò che è vivo e vitale. Wilson lo usa per descrivere la tendenza umana – innata ed evoluzionisticamente adattiva – a esserne attratti.”
Nel 1993, E.O. Wilson e Stephen Kellert propongono la cosiddetta “ipotesi della biofilia” che viene definita come “l’innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affidarvisi emotivamente”. Quest’ultima definizione è quella più scientificamente corretta”. È proprio Kellert che apre le porte della biofilia all’architettura. Il suo approccio è definito olistico poiché simula le qualità spaziali di determinati ambienti naturali, le loro forme e materiali, per evocare una sensazione di benessere e stimolare le risposte positive del corpo umano. I progettisti oggi utilizzano i principi della biofilia in tutti gli ambienti, dagli aeroporti agli hotel. “Dato che gli aeroporti sono spesso collegati alla sensazione di minaccia, la creazione di paesaggi naturali tranquillizzanti è fondamentale, attraverso forme curve, illuminazione soft, materiali naturali e morbidi, suoni della natura”, spiega Harleen McLean, biophilic designer.
Allo stesso modo, chi include la natura nelle lobby e all’interno delle camere degli hotel, migliora sensibilmente l’esperienza dei propri ospiti, come evidenziato da una ricerca di Ambius: il 56% degli albergatori ha dichiarato che i propri clienti sono più invogliati a tornare quando trovano un approccio olistico al design. E anche le aziende si sono accorte che un’architettura ispirata alla natura delle aree di lavoro può aiutare a rafforzare le relazioni, la comunità e la cooperazione.