Pochi centimetri: lo spessore dei 305 pilastri in acciaio che scandiscono i 2.000 metri quadrati del laboratorio del Kanagawa Institute of Technology in Giappone (2008).
Tre millimetri: lo sconcertante spessore di Magic Table (2006), la cui dimensione maggiore misura 18 metri quadrati, sempre poggiando esclusivamente sui 4 supporti angolari.
Quattro metri: l'altezza raggiunta dall'installazione Architecture as Air alla Biennale di Architettura di Venezia del 2010, poco prima di cadere al suolo, poche ore prima dell'inaugurazione.
Fragile: l’aggettivo che meglio descrive i lavori più famosi dell'architetto giapponese Junya Ishigami, che dichiarano con fierezza il loro equilibrio apparentemente precario, frutto di un'accuratissima ricerca sulle potenzialità di ogni materiale da costruzione.
Pur essendo stato un evidente fallimento strutturale, i resti appena visibili di Architecture as Air hanno ricevuto un Leone d'Oro, aprendo una fase completamente nuova nella carriera di questo prodigio dell'architettura giapponese. Ishigami è nato nel 1974 a Kanagawa, in Giappone. È stato un collaboratore di Kazuyo Sejima, ha vinto un Pritzker Prize, e ha approfondito senza sosta, nell'ultimo decennio, moltissimi temi progettuali – e specialmente quello della continuità tra interno ed esterno, architettura e paesaggio, materiali naturali e artificiali. Le sue esplorazioni si trovano in una vasta gamma di progetti, tra cui la Casa con piante a Tokyo (2012), la sorprendente Chapel of Valley a Shandong, Cina, e il padiglione trasparente di Vijversburg Park, Paesi Bassi (2017).
Nel 2018, una mostra monografica alla Fondation Cartier pour l'art contemporain di Parigi ha confermato, se mai ce ne fosse bisogno, che Ishigami può ora essere annoverato tra le star dell'architettura mondiale.
La mostra ha inoltre sottolineato come la sua sensibilità ambientale unica nel suo genere e il suo linguaggio progettuale sfacciatamente poetico possano attrarre un pubblico molto vasto.