Tra le giovani progettiste italiane dallo sguardo più profondo, Francesca Torzo (Padova, 1975) interpreta la lezione storica dello IUAV di Venezia leggendo l'architettura come un potente medium, capace di calamitare dati ed emozioni e di mettere in connessione tra loro mondi, storie e culture apparentemente lontani tra loro.
Un piccolo dettaglio costruttivo, la sfumatura di un materiale di rivestimento o il suono dei passi nello spazio sono così tutti elementi capaci di risuonare nei ricordi quanto di attingere all'humus delle città, di richiamare memorie profonde così come di proiettarsi nei linguaggi futuri. Come precisa la stessa progettista, è proprio il riconoscimento di queste relazioni, capaci di risvegliare ricordi di altri spazi, oltre la forma e la materia, a consentirci di accedere a esperienze vissute da noi o da altri. Il mestiere dell'architetto, dunque, come disciplina di osservazione e riflessione, verso le relazioni primarie che sottendono i lenti fenomeni della cultura umana.
Un “progettare con lentezza” che ben si esprime, per esempio, nel museo per l'arte contemporanea z33, appena completato nella città belga di Hasselt. Il complesso a due piani ingloba l'esistente edificio Vleugel '58: ne risulta un ampliamento composto da un insieme di stanze diverse per dimensione, proporzione e atmosfera, direttamente connesse l'una con l'altra.
La complessità del labirintico schema spaziale richiama la molteplicità di esperienze nell'attraversamento di una città, nella continua intermediazione tra pubblico e privato, esposto o intimo. Allo stesso modo, la facciata in mattoni attiva un dialogo sensibile non solo con la tradizione costruttiva del luogo, ma con le variazioni cromatiche e fisiche della materia legate alla temperatura, alla luce, alle sfumature del cielo.