“Il mio più grande interesse ora è andare nelle campagne per cercare la vera cultura, la storia e la vita della gente comune, dal momento che molte città cinesi sono cambiate oltremodo ed è sempre più difficile trovarvi questo genere di cose” (Domus 1021, febbraio 2018)
Una figura come quella di Wang Shu (Urumqi, 1963) nasce in un contesto territoriale, la Cina, che in qualche decennio ha cancellato quasi completamente un patrimonio storico millenario in nome di una modernizzazione banale e frettolosa.
Premiato con il Pritzker Prize nel 2012, l’architetto cinese accusa i professionisti dell’architettura e dell’urbanistica di compiere un disastro, ormai quasi irrecuperabile.
A queste figure l’architetto cinese oppone un approccio artigianale, dilettantesco, amatoriale: Amateur Architecture Studio è infatti il nome dello studio fondato nel 1997 insieme alla moglie Lu Wenyu a Hangzhou.
Lo studio reinterpreta la cultura popolare cinese con un linguaggio contemporaneo; accoppia materiali tradizionali quali pietra, legno e bambù – con le più moderne tecnologie; lascia che l’idea iniziale per un progetto sia assorbita e rielaborata dalle manifatture locali, ottenendo risultati inaspettati. Seguendo le antiche usanze cinesi, costruisce un delicato equilibrio tra la natura e le capacità degli abitanti del luogo.
Ne è dimostrazione il Ningbo Historic Museum di Yingzhou (2008), un edificio dall’aspetto antimoderno e concepito come fosse una montagna artificiale: “Quando ho disegnato questa parte pensavo alle montagne. Non potevo disegnare nulla per la città perché qui la città non c’è ancora, ma volevo creare qualcosa che avesse vita. Alla fine ho deciso di disegnare una montagna. Del resto fa parte della tradizione cinese”, racconta Wang Shu sulle pagine di Domus 922.
Le facciate dell’edificio raccolgono frammenti della memoria storica del paese: vari tipi di mattoni, pietre e detriti raccolti da tutta la regione e che vengono da periodi moltodiversi. La tecnica utilizzata per tenere insieme frammenti e materiali, chiamata wa pan, è conosciuta solo dagli artigiani locali. L’edificio diventa quindi anche uno strumento di trasmissione di conoscenze e tecniche locali e tradizionali, che altrimenti rischiano di scomparire.