Precedentemente noto con il nome di ÉLEx (1999), abbreviazione di Éric Lapierre Experience, lo studio ha preso il nome di Experience nel 2020 con l’aggiunta di Tristan Chadney e Laurent Esmilaire come soci. La stretta continuità della professione con la teoria e l’insegnamento si esplicita nella ricerca della radice permanente dell’architettura. Nella convinzione che la modernità abbia abbattuto i codici classici, Éric Lapierre (Tarbes, Francia, 1966) vede l’architettura – disciplina sia artistica sia tecnica – sotto al fuoco incrociato della massificazione della costruzione e dell’“inflazione monumentale”.
Lo studio è interessato quindi al bilanciamento fra monumentalità e ordinarietà del manufatto architettonico, al suo carattere di necessarietà e alla sua valenza collettiva. Lapierre ambisce a definire “l’architettura della condizione ordinaria” (versus quella iconica), elevando la dimensione popolare attraverso la sofisticatezza della cultura ‘alta’. Fa ciò operando attraverso “un’economia dei mezzi”, principio essenziale che ha dato il nome alla mostra, parte di “The Poetics of Reason”, la Triennale di Lisbona del 2019, di cui è stato capo curatore.
Il centro per la fotografia Le Point du Jour a Cherbourg, in Francia, (2008) è una metafora dell’arte a cui è dedicato. Collocato in un contesto urbano generico, l’edificio è rivestito da Paxalumin, un materiale argenteo utilizzato come membrana impermeabilizzante. Astratto e grezzo, lucido ma non specchiante, l’esterno decontestualizza la struttura nel rimando ai sali d’argento – alle origini della fotografia – offrendo al contempo lo spazio interno alla dimensione pubblica.
Tale dimensione è enfatizzata nella residenza per studenti Chris Marker a Parigi (2017), che comprende al piano terra un parcheggio e un’officina per otto linee di autobus. La difficile coesistenza delle due componenti del programma giustifica la distribuzione dello spazio collettivo a tutti i livelli, lungo la diagonale che attraversa la facciata. Determinante nel conferire una dimensione domestica a un edificio di grande scala (100 x 20 x 31 m) è l’ottimizzazione delle proporzioni dei singoli alloggi. In pianta, questi sono raccordati a coppie da una linea zigzagante, replicata in prospetto negli elementi di cemento in situ, ovvero gli spioventi marcapiano e i sostegni verticali. Tale sagoma triangolare è ricavata dal lavoro sulla regolamentazione antincendio: un’elevazione dell’ordinario a scelta formale ed espressiva.