L’idea di sviluppo urbano di Georges-Eugène Haussmann – prefetto della Senna dal 1853 al 1870 – è stata guidata da una visione capace di attraversare il tempo. Il catalogo della mostra “Paris Haussmann” al Pavillon de l’Arsenal di Parigi apre le porte alla comprensione dell’impronta e dell’eredità haussmaniana, che sono state capaci di determinare l’organizzazione urbana e l’identità odierna della capitale francese.
Scritto da Franck Boutté (FBC), Benoit Jallon e Umberto Napolitano (LAN), il catalogo propone un sistema di lettura retroattivo della trasformazione moderna della capitale francese. Risulta lampante come Haussmann intendesse fare di Parigi uno strumento della società industriale dell’epoca atto a perseguire un programma sia funzionale che estetico. Egli intendeva rispondere simultaneamente ad aspirazioni sociali, a necessità umane e a evoluzioni tecnologiche. Tutto attraverso la modellazione dello spazio, la proposizione di tipologie abitative e l’utilizzo di un determinato linguaggio materico e formale.
L’ambizione degli autori è quella di riaprire il dibattito sugli strumenti per fabbricare la città, che sono stati oggi in parte dimenticati. Ciò che in definitiva il catalogo mette in questione non è tanto il discorso sul modo di costruire ma bensì l’abilità di “creare senso” e di “fabbricare la città” così come solo Haussmann è riuscito a fare.
Boutté e Napolitano considerano Parigi la città più densa in Europa e tra le cinque città più dense al mondo. Ma questa densità, lontana dall’essere insopportabile o invivibile, è vissuta in maniera positiva. Se la sua piccola taglia, al confronto con altre metropoli mondiali ne è certamente l’espressione preponderante, Parigi rappresenta un modello urbano che merita interesse. Con i suoi 20.000 abitanti per chilometro quadrato, Parigi è densa quanto Shanghai e l’undicesimo arrondissement, in particolare, con i suoi 40.000 abitanti per chilometro quadrato, ha la stessa densità di Dacca o Manila.
La domanda è: cosa vi è nel sistema haussmaniano che rende sopportabile questa densità?
Analizzare le forme per comprendere il senso: con questo spirito il lavoro contenuto nel catalogo della mostra cerca di qualificare, quantificare e calibrare i criteri che costituiscono questo modello come lo conosciamo oggi, ma che di fatto resta ancora da comprendere in tutta la sua portata.
Per il direttore del Pavillon de l’Arsenal Alexandre Labasse, l’ambizione di Haussmann – confortata a posteriori da un secolo di esperimenti – ha tradotto in realtà l’equazione indispensabile alla città di domani: una città profondamente collettiva e contenuta nel territorio. Le idee del prefetto della Senna hanno trasformato Parigi e ne hanno fatto una città che con i criteri odierni potremmo definire “durabile”: perché non consuma troppo terreno naturale, dove ci si può spostare a piedi, dove gli edifici hanno un bilancio energetico soddisfacente, dove funzioni e persone si mischiano abbastanza per rendere il sistema resiliente e autorigenerante.
Sia la mostra sia il catalogo sono arricchiti da modelli, diagrammi, riflessioni grafiche e soprattutto dalle foto di Cyrille Weiner, che mostrano una città nella sua bellezza minerale: secche, asciutte, analitiche.
La ricerca prodotta viene definita dagli autori come un “retroatlante” contemporaneo del territorio pensato da Haussmann. Di fatto, si tratta di un’esplorazione e di un’analisi delle caratteristiche di questo paesaggio a tratti omogeneo, ma polimorfo. Un lavoro generoso nella sua rilettura della città tanto nei suoi volumi architettonici e nel suo tessuto urbano quanto nei suoi tempi e usi. Il dibattito sull’effetto delle idee di Haussmann viene così riaperto.