Sulle storture del paesaggio italiano contemporaneo esiste una vastissima produzione critica. Il massiccio Atlante dei Classici Padani, che documenta la ricerca svolta dall’artista Filippo Minelli dal 2010 ad oggi, aggiunge a questa raccolta un nuovo tassello.
Il lavoro di Minelli prende in analisi un pezzo del Paese che di solito interessa più i sociologi che gli artisti. Ovvero la provincia delle ricche regioni della pianura del Nord. Tra Piemonte, Lombardia e Veneto, il luogo di elezione dei “Classici Padani” sono quelle periferie agro-industriali che legano gli uni agli altri centinaia e centinaia di comuni italiani, spesso non più grandi di cinque o diecimila abitanti.
Non esistono monumentali Strip nella Pianura Padana (seppure Minelli ne identifichi una a Roncadelle, poco distante da Brescia). Ed è paradossale riflettere come alcuni dei comuni impietosamente ritratti, da Meda a Cantù, siano gli stessi che ospitano celebri e raffinate imprese del design italiano. L’Atlante del Classici Padani è dedicato a un ambiente geograficamente lontano da Las Vegas ma ideologicamente contiguo, a tutti gli effetti dominante in gran parte d’Italia. Ma gli elementi ricorrenti di questo paesaggio, spogliati di ogni speranza di crescita economica o di una liberatoria teoria postmoderna, appaiono soltanto desolanti. Mentre persino la Lega Nord, di recente, ha abdicato agli originali propositi secessionisti per inseguire l’immagine di un rispettabile partito di destra patriottica, su ispirazione del Front National francese, l’Atlante dei Classici Padani ci ricorda che di buono, da imparare dalla Padania, non c’è poi molto.