Il legame tra paesaggio e architettura viene comunemente definito dal concetto di megastruttura, o per lo meno questo è il primo messaggio che si percepisce aprendo il volume Landform Buildings e scorrendone le pagine. Ma questo stretto rapporto ha subito rapidi cambiamenti dell'ultimo decennio, dal punto di vista biologico a quello geologico; il desiderio di realizzare un'architettura coerente oggi si arricchisce di riferimenti al paesaggio. Oggi, come sottolinea Stan Allen, una tendenza parallela guarda non alla biologia delle singole specie ma al comportamento collettivo dei sistemi ecologici in quanto modello della città, degli edifici e del paesaggio: "L'architettura si colloca tra biologia e geologia: più lenta della vita ma più veloce della geologia sottostante".
Il punto di partenza di questo nuovo modo di leggere l'architettura si colloca all'inizio degli anni Novanta, quando il configurarsi di un'"urbanistica del paesaggio" si focalizzò su sperimentazioni di piegatura, di manipolazione delle superfici e di creazione di terreni artificiali. Per lo più queste strategie sono collegate con progetti d'avanguardia degli anni Sessanta, come la Città portaerei nel paesaggio di Hans Hollein oppure Transplantation I di Raimund Abraham; un momento in cui le proposte dell'architettura comprendevano di per sé la trasformazione del paesaggio, come spiega bene Erwin Rommel (citato da Marida Talamona): "Qualunque opera d'architettura, prima di essere un oggetto, è una trasformazione del paesaggio".
1. Landform Building, Architecture's New Terrain, convegno della Princeton University School of Architecture
2. Thinking big. Conversazione di John Rajchman con Rem Koolhaas
3. Michael Jakob, On Mountains, Scalable and Unscalable, ms.
4. Reyner Banham, Scenes in America Deserta, MIT Press, 1989.
5. Fumihiko Maki, Investigations in Collective Form, 1964
6. Kenneth Frampton, Megaform As Urban Landscape, University of Michigan, 1999.