The Americans
Robert Frank, introduction by Jack Kerouac, Steidl, Göttingen 2008
"Quella folle sensazione in America, quando il sole picchia forte sulle strade e ti arriva la musica di un jukebox o quella di un funerale che passa. È questo che ha catturato Robert Frank nelle formidabili foto scattate durante il lungo viaggio (finanziato dalla Fondazione Guggenheim) attraverso qualcosa come quarantotto stati su una vecchia macchina di seconda mano. Con l'agilità, il mistero, il genio, la tristezza e lo strano riserbo di un'ombra ha fotografato scene mai viste prima su pellicola. Per questo Frank sarà riconosciuto come un grande della fotografia.
Dopo che hai visto quelle immagini finisci per non sapere se sia più triste un jukebox o una bara". Niente meglio delle parole usate da Jack Kerouac, nella sua ancor oggi godibilissima introduzione al libro fotografico The Americans di Robert Frank, potrebbe esprimere le emozioni che a distanza di cinquant'anni continuiamo a provare davanti a questa ormai classica rappresentazione visiva dell'homo americanus. È proprio contando sulla persistente vitalità di questa opera – che quanDopo che hai visto quelle immagini finisci per non sapere se sia più triste un jukebox o una bara". Niente meglio delle parole usate da Jack Kerouac, nella sua ancor oggi godibilissima introduzione al libro fotografico The Americans di Robert Frank, potrebbe esprimere le emozioni che a distanza di cinquant'anni continuiamo a provare davanti a questa ormai classica rappresentazione visiva dell'homo americanus. È proprio contando sulla persistente vitalità di questa opera – che quando venne pubblicata provocò forti dissensi nella società americana per il suo contenuto per nulla consolatorio – che l'editore tedesco Steidl ha inteso celebrarne il cinquantenario, inserendola in un cofanetto, contenente materiali eterocliti, riassuntivo della lunga carriera di Robert Frank come fotografo e cineasta.
Oltre alla ristampa di alcuni dei più celebrati reportage (Paris; Perù) del fotografo di origine svizzera ma naturalizzato americano, questa scatola delle meraviglie contiene due soggetti per il cinema (One hour; Pull my Daisy); un Dvd del suo primo film (Pull my Daisy, 1959), che è anche la sua più nota collaborazione con i poeti della beat generation – il film è scritto e narrato da Allen Ginsberg e interpretato, tra gli altri, da Ginsberg stesso e Gregory Corso ed è considerato il capofila del New American Cinema; un Cd illustrativo delle fasi di realizzazione del "Robert Frank Project" presso l'editore Steidl; il taccuino Come again (1992) che impagina come tanti "post it" le immagini in bianco e nero delle distruzioni di Beirut; un poster, perfino, celebrativo sempre del mezzo secolo ben portato dagli Americani di Robert Frank.
"Chi non ama queste immagini, non ama la poesia", sostiene ancora Kerouac nella sua già citata introduzione. Nel 1955 Frank era un giovane fotografo europeo, il primo in quanto tale a ricevere la borsa di studio annuale promossa dalla Fondazione Guggenheim di New York. Con i fondi ricevuti viaggia per quasi tutti gli Stati Uniti, riprendendo oltre ventiquattromila fotografie. Nel 1958 l'editore francese Delpire pubblica a Parigi Les Américains, una selezione fortemente distillata di sole 83 immagini tratte dal viaggio americano di Robert Frank e l'anno dopo la Grove Press pubblica il volume negli Stati Uniti con il già ricordato titolo inglese. Nulla viene tralasciato dall'obiettivo curioso, sensibile e indagatore di Frank, capace di attraversare con la ipervista di un radiologo tutti gli strati della società americana, passando con democratica disinvoltura dall'America rurale dei contadini di colore o da quella operaia, inquadrata alla catena di montaggio nella fabbrica fordista, ai charity parties in cui signore attempate della upper class newyorkese consumano il tempo dei loro eleganti riti sociali.
Ciò che accomuna immagini catturate in contesti così diversi è il senso di smarrimento e di straniata solitudine che traspare dai volti di questi individui sempre ripresi nei diversi scenari dello spazio pubblico americano: in strada o al drive-in, sull'autobus o all'ufficio postale, tanto al funerale quanto all'inaugurazione dell'anno accademico. Ogni foto è una storia e risulta necessaria nella sua sorprendente casualità, perché qui la poetica bressoniana dell'instant décisif sembra elevata alla sua massima potenza. Tutte le foto insieme, poi, contribuiscono a comporre il mosaico di una società interclassista e multietnica, l'epopea antieroica di una nazione grande e complessa come gli Stati Uniti, in un libro che solo a risfogliarlo ci incanta come solo i classici, non solo del reportage, sanno fare. Se è vero che Robert Frank ha descritto l'America come nessun altro prima di lui aveva immaginato di fare è perché il suo obiettivo si è soffermato su particolari di cui solo lui è stato in grado di sorprendere l'esistenza. E allora non si può che convenire ancora con le parole conclusive di Kerouac, uno che di strada se ne intende: "Robert Frank, svizzero, discreto, carino, con quella sua piccola macchina fotografica che tira e fa scattare con una mano, ha estratto una poesia triste dal cuore dell'America e l'ha fissata sulla pellicola, così è entrato a far parte della compagnia dei grandi poeti tragici del mondo. A Robert Frank adesso mando questo messaggio: tu sai vedere".