Zaha Hadid è considerata la più importante rappresentante, in età contemporanea, dell’architettura declinata al femminile: vera e propria archistar di fama mondiale, prima donna a vincere il Pritzker Prize nel 2004, ha però iniziato la propria carriera come artista e si è occupata spesso di design (d’arredo e di prodotto).
Il mio primo lavoro era influenzato dalle prime avanguardie russe; in particolare dalle opere di Kasimir Malevich – è stata una delle prime influenze, come rappresentante della moderna intersezione d’avanguardia tra arte e design. Malevich ha scoperto l’astrazione come principio sperimentale che può spingere il lavoro creativo a livelli d’inventiva mai visti prima; questo lavoro astratto mi ha permesso grandi livelli di creatività
Nata a Baghdad nel 1950, ha studiato matematica presso l’Università americana di Beirut prima di emigrare in Inghilterra, nel 1972, per frequentare i corsi dell’Architectural Association. Qui è entrata in contatto con Elia Zenghelis, Rem Koolhaas (è stata una tra i primi membri di OMA – Office for Metropolitan Architecture), Bernard Tschumi e Leon Krier, dalla Hadid spesso indicati come suoi mentori insieme a El Lissistsky e, soprattutto, a Kazimir Malevich. Conseguita la laurea nel 1976, grazie alla discussione di una tesi che verteva sul tema del ponte abitato e proponeva un progetto intitolato «Malevič Tektonik», ha continuato a frequentare gli ambienti dell’Architectural Association in qualità di docente, fino al 1987. A Londra ha anche debuttato sulla scena internazionale, ottenendo un precoce successo attraverso l’esposizione di numerosi dipinti che descrivevano ambienti d’ispirazione costruttivista, realizzati a partire dagli anni Settanta: figurazioni visionare, che a posteriori possono essere lette come testimonianza del ruolo cardine che il disegno ha sempre svolto nel processo creativo della Hadid. Nella capitale del Regno Unito, infine, la progettista anglo-irachena ha fondato, nel 1979, il suo primo studio professionale denominato Zaha Hadid Architects (ZHA).
Al periodo degli esordi inglesi risalgono significative esperienze, spesso rimaste sulla carta, nuovamente ispirate al linguaggio del Suprematismo degli anni Venti: dal progetto per “The Peak” a Hong Kong (vincitore, nel 1983, di un concorso internazionale a cui parteciparono più di cinquecento architetti), al Kurfürstendamm di Berlino (1986), fino alla sfortunata vicenda della Cardiff Bay Opera House (1994). Tutte opere in cui l’interesse di Zaha Hadid è rivolto al tentativo di ridurre l’architettura ai suoi elementi essenziali, puri, che vengono integrati alla topografia naturale mediante sistemi artificiali molto complessi, studiati a partire dall’applicazione delle più avanzate tecnologie costruttive, allo scopo di comporre nuovi paesaggi urbani.
A partire dai primi anni Novanta, il linguaggio della Hadid ha subito però una repentina accelerazione verso quello che diventerà uno dei temi dominanti dell’intera sua produzione, non solo architettonica: il movimento, inteso spesso come rappresentazione dei flussi (di utenti o luminosi, per esempio) che attraversano lo spazio e che si traducono in forme all’apparenza avulse dalla geometria euclidea. Di particolare impatto visivo, trovano una prima applicazione in progetti come la caserma per i vigili del fuoco di Weil Am Rhein, in Germania - inaugurata nel 1993 e primo cantiere effettivamente affidato alla Hadid – o la stazione d’interscambio modale di Hoenheim-Nord a Strasburgo (1999-2001), per raggiungere l’apice con alcune delle più discusse opere del nostro secolo, molte delle quali realizzare in Italia.
Stefano Casciani riferito al MAXXI di Roma:
un monumento all’arte contemporanea come vertigine senza fine
Non solo il MAXXI di Roma, ma anche il Rosenthal Contemporary Arts Centre di Cincinnati, prima opera americana (aperta nel 2003) in cui la strada si spinge fin dentro l’edificio, diventando il perno spaziale attorno a cui si organizzano sezioni e percorsi distributivi dell’intero complesso; la stazione marittima di Salerno (2002-2012), nei pressi della quale – ha scritto Hadid - la banchina si “alza dolcemente a suggerire il succedersi di rampe progressivamente inclinate all’interno dell’edificio, tramite le quali i passeggeri accedono alla piattaforma d’imbarco“; l’Aquatics Centre, costruito a Londra per le Olimpiadi del 2012, il cui involucro è suggerito dalla fluidità dell’acqua in movimento; la Guangzhou Opera House in Cina (2010) o, ancora, l’Heydar Aliyev Centre a Baku (2013). Fino alla recentissima stazione ferroviaria per l’alta velocità di Napoli Afragola: opera postuma, inaugurata solo nel 2017 (un anno dopo la scomparsa della sua progettista), in cui l’ennesima architettura-spettacolo si fa landmark urbano per il caotico tessuto a nord del capoluogo partenopeo, mediante una struttura che lentamente si erge dal terreno, scavalca i binari e si modella in un continuum spaziale in cui muoversi liberamente.
Simili complessi architettonici hanno avuto spesso bisogno di attente riflessioni sul tema dei più nuovi materiali da costruzione, campo in cui lo studio ZHA ha prodotto interessanti sperimentazioni: con Italcementi per il MAXXI di Roma e il Padiglione Italiano all’Expo di Shangai (che ha portato al brevetto di un cemento trasparente), ma anche con le ricerche condotte sul Corian, insieme alla DuPont, tanto per la stazione di Afragola quanto per Z-Island, la cucina monoblocco presentata al Salone del Mobile di Milano nel 2006.
Attraverso le parole di Deyan Sudjic:
Hadid appartiene a una generazione di progettisti formatisi sotto la guida di docenti che non potevano – o non volevano – costruire. Per loro l’architettura era confinata alla carta, era una speculazione critica sul suo destino e il suo ruolo in un clima ostile. La conquista più grande della Hadid è proprio aver cambiato questo quadro. L’avanguardia considera ancora con un certo sospetto i compromessi che il costruire nel mondo reale comporta: ma il suo Contemporary Arts Center di Cincinnati appena inaugurato è una prova convincente che la sua esplosiva visione dello spazio è capace di trasformarsi, senza minimamente rinunciare alle proprie ambizioni, in una vera architettura, funzionale a un luogo e a un compito specifico.
- Estremi cronologici:
- 1950-2016
- Ruolo professionale:
- architetto, designer, artista