Vico Magistretti è uno dei più importanti maestri italiani della progettazione, del design inteso come progetto nel suo senso più ampio, esteso a tutti gli aspetti dell’abitare: dall’architettura degli edifici agli interni più diversi, ad oggetti e arredi divenuti leggendari. Esponente di un filone italiano che spinge ad una evoluzione del Moderno, arriva a inserirsi in quella nota come terza generazione dei Moderni dopo un percorso formativo segnato dagli anni del tardo fascismo e della guerra. Figlio e nipote di architetti conosciuti, Ludovico Magistretti era infatti nato a Milano nel 1920, e durante gli studi al Politecnico di Milano aveva dovuto lasciare l’Italia per la Svizzera nel 1943, prima di potersi poi laureare nel 1945. In Svizzera, entra in contatto con Ernesto Nathan Rogers — fondatore dello studio BBPR e influente figura destinata a orientare il dibattito dell’architettura italiana postbellica — che diventa presto riferimento della sua formazione.
Tornato in Italia, avvia la sua attività di architetto assieme al collega Paolo Chessa; sono gli anni della ricostruzione e del successivo boom edilizio, e Magistretti è attivo tanto nella costruzione quanto nella sperimentazione costruttiva e tipologica: per tutti gli anni 50 realizza insediamenti per l’INA-Casa, e partecipa all’esperienza del quartiere sperimentale QT8 per l’Ottava Triennale (1948), della quale cura la anche la sezione sull’industrializzazione edilizia assieme a Chessa. La sua attività cresce rapidamente, e su Milano si traduce in molti edifici tra cui la celebre Torre al Parco (Parco Sempione, 1953-56), conducendo gradualmente Magistretti verso la rilevanza e riconoscibilità che la sua figura di architetto conosce negli anni ’60. A consacrarlo nel panorama teorico è la presentazione all’ultimo CIAM (Congrès International d’Architecture Moderne, Otterlo, Olanda) nel 1959 della sua Casa Arosio, da poco completata nella pineta di Arenzano (1956-59): sul momento, verrà accusata di ritirata dal Moderno; negli anni però rappresenterà la cifra del modo con cui Magistretti fa architettura, moderno nella sostanza, sensibile agli stimoli del contesto e del paesaggio, alla percezione dello spazio interno, rifiutando tendenze storiciste e decorativiste che caratterizzeranno poi il Postmoderno.
Lungo gli anni ’60, Magistretti si concentra molto sulle abitazioni, e sull’abitare in senso lato in tutte le sue scale e componenti. In questo decennio si distinguono le molte case unifamiliari, tra le quali la Casa Bassetti ad Azzate (1960-62) e la Casa Cassina a Carimate (1964-65) — tutte caratterizzate da una tensione tra interni ed esterni che si esprime in volumetrie chiare e distinte come ad Arenzano — ma anche edifici collettivi come quello per il Golf Club di Carimate (1958-61) concepito secondo gli stessi principi di cura e articolazione dell’interno dedicati dall’architetto agli spazi abitativi. Per questo progetto viene appositamente concepita la sedia Carimate (1959), la prima di una lunga serie di arredi che Magistretti produrrà con l’azienda Cassina.
In questi anni Magistretti si volge sempre di più dall’architettura degli edifici al design. Ancora si susseguono progetti come il quartiere Milano San Felice a Segrate (1966-75, con Luigi Caccia Dominioni), il municipio di Cusano Milanino (1966-69), e la casa in piazza San Marco (Milano, 1969-71), e fino ai suoi ultimi anni Magistretti continuerà a progettare architetture; ma indubbiamente si intensificano le collaborazioni con produttori emergenti ed affermati del design italiano, coi quali Magistretti svilupperà una grande quantità di pezzi, molti dei quali divenuti leggendari e conosciuti globalmente. Con Artemide realizza le lampade Eclisse (1967) — iconiche e riconoscibili per la caratteristica palpebra di regolazione del flusso luminoso — Mania (1963), Chimera (1969) e Teti (1970), mentre la sua collaborazione con Oluce, di cui diventerà anche art director, si tradurrà nella celeberrima Atollo (1977) e altri modelli tra cui Snow (1974) e Sonora (1976). Con Artemide, Magistretti esplora anche la realizzazione di arredi, come la sedia Selene del 1969, tra i primi esperimenti di produzione industriale di sedie in plastica stampata.
L’approccio di Magistretti al design, che fa di lui uno dei più importanti padri del design italiano, è basato fondamentalmente su principi di processo, primo tra tutti la strettissima interazione con le aziende produttrici già a partire dal concept e dalla definizione progettuale del prodotto. La figura di Magistretti resta legata a quelli da lui chiamati “progetti al telefono”, nati cioè dalla conversazione diretta con chi poi si sarebbe occupato della produzione, come nel caso della lampada Chimera . Attraverso 4 decenni, Magistretti si occupa ininterrottamente della progettazione di arredi, a partire da quelli creati per Cassina, tra cui spiccano il divano Maralunga (1973), il divano Sindbad (1981) e la poltrona Veranda (1983) aprendosi poi a collaborazioni divenute fondamentali come quella con dePadova — per il quale creerà pezzi quali le sedie Marocca (1987) e Incisa (1992) , il tavolo Vidun del 1987 — o con altri produttori, spesso focalizzate su sperimentazioni nell’ambito di precise tipologie d’arredo, come le cucine per Schiffini, o i letti per Flou: il Nathalie del 1978, il primo completamente imbottito, o il Tadao del 1993, impostato sul cambio di scala della tipica struttura a doghe.
Il riconoscimento della sua pratica avviene attraverso l’attività di insegnamento, che svolge al Royal College of Art di Londra dalla fine degli anni’70 — formando molti dei nomi rilevanti delle generazioni successive, come Jasper Morrison o Constantin Grcic — e una grande quantità di premi e mostre. Vince infatti numerose edizioni del Compasso d’Oro (per Eclisse, ed Atollo, per la Carriera), la medaglia d’Oro della Society of Industrial Artists and Designers, a valle delle medaglie d’Oro e Gran Premi alla VIII, IX e X Triennale di Milano. Della Triennale era stato anche curatore assieme a Ignazio Gardella nel 1960, oltre che membro della giunta esecutiva. Negli ultimi anni, gli vengono poi dedicate due grandi mostre monografiche, una del 1997 al Salone del Mobile di Milano e quella del 2003 al Palazzo Ducale di Genova, mentre molti suoi lavori fanno parte delle collezioni permanenti di istituzioni di tutto il mondo, come Die Neue Sammlung di Monaco, il MoMA di New York, il Victoria&Albert di Londra.