La fama di Verner Panton (Copenaghen, 1926 - Basilea, 1998) è legata innanzitutto alla sedia che porta il suo nome: la “Panton Chair”, progettata a partire dal 1960 come “Stacking Chair” e poi come “S-Chair”, messa in produzione da Vitra nel 1967 e tuttora nel catalogo del marchio svizzero. La prima seduta in plastica, colata e stampata ad iniezione in un solo pezzo, è comunemente considerata come il lascito più importante del designer danese alla storia del product design. Icona riconosciuta del XX secolo, riassume molti dei temi di ricerca cari al suo creatore.
Verner Panton
“Oltre che utili, le sedie dovrebbero essere ciascuna valida in sé e, quando sistemate vicine, costituire un ‘paesaggio-sedia’ che rifiuta di essere solo funzionale” (1979).
View Article details
La figura di Panton deve essere contestualizzata nella scena del design danese della metà del ‘900. Da Odense si trasferisce a Copenaghen, dove tra il 1947 e il 1951 studia alla Royal Danish Academy of Arts, scuola che promuove attivamente l’evoluzione della tradizione del paese nordico nell’ambito del furniture design dalla dimensione artigianale a quella industriale. Ancora studente, lavora con il più grande designer danese dell’epoca, Arne Jacobsen (1902-1971), e ha l’occasione di partecipare a progetti destinati a grande fortuna, come quello per la “Ant Chair” (1952). L’esperienza da Jacobsen avrà effetti duraturi e visibili sulla produzione successiva di Panton, che si separa dal maestro e apre il proprio studio già nel 1955.
Verner Panton, Installazione “Visiona 2” per Bayer, Cologne Furniture Fair, 1970.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Flowerpot Lamp”, 1969.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, Hotel Astoria, Trondheim, 1960.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Living Tower”, 1969.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Ball Lamp”, 1969-1970.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Flying Chair”, 1963-1964.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Cone Chair”, 1958.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Globe Lamp”, 1969.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, Ristorante Varna, Aarhus, 1971.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Verner Panton, “Shell Lamp”, installazione site-specific per la sua casa di Binningen, Svizzera, 1972-1987.
Design by Verner Panton, www.verner-panton.com
© Verner Panton Design AG
Delle tendenze più canoniche del design nordico Panton sposa l’interesse per la concezione e la formalizzazione dell’oggetto in senso organico, ma rifiuta il minimalismo, ad esempio sul piano cromatico. Il suo specifico utilizzo del colore, declinato in senso anti-purista, pop e anche psichedelico, ha certamente contribuito ad alimentare la fama di Panton nel tempo.
In parallelo, degli anni ’50 il giovane designer recepisce con gioioso e ironico ottimismo l’impulso tecnologico che attraversa tutto il mondo occidentale, facendo della ricerca al tempo stesso ragionevole e audace sui materiali una delle cifre distintive del suo lavoro. Panton non sperimenta solo con la plastica, ma anche con il metallo, il vetro, le fibre sintetiche, per fare qualche esempio. Lo supportano in questo percorso i molti produttori con cui intesse relazioni proficue negli anni, innanzitutto in Danimarca, dove lavora tra gli altri con Fritz Hansen, Louis Poulsen e J. Lüber, e poi in Svizzera dove nel 1963, anno del suo trasferimento a Basilea, comincia una lunga collaborazione con Vitra.
La “Panton Chair” è solo una delle innumerevoli sedute progettate da Panton, molte delle quali profondamente innovative da vari punti di vista, non ultimo per il loro potenziale “performativo”. Le sedie di Panton ruotano come la “Cone Chair” (1958), volano come la “Flying Chair” (1963-1964) e se non volano si gonfiano. È il 1963 quando Domus pubblica per la prima volta il sedile “leggero come l’aria” prodotto dalla danese Unika Vaev. “È in plastica blu trasparente, ha diverse camere d’aria e si gonfia come un palloncino”, è il commento dei redattori. Per concludere, talvolta s’ispirano ironicamente a un formaggio, come nel caso della serie “Emmenthaler” per Cassina del 1979, pochi pezzi unici pensati per il salone del mobile di Copenaghen di quell’anno. Per giustificare le loro configurazioni assolutamente inedite, Panton dichiara a Domus che “oltre che utili, le sedie dovrebbero essere ciascuna valida in sé e, quando sistemate vicine, costituire un ‘paesaggio-sedia’ che rifiuta di essere solo funzionale”.
Il divano “Living Sculpture” (1970-1971) e la “Living Tower” del 1969 sono interpretazioni sul tema della seduta-abitacolo, oggetti-spazio che recepiscono la sensibilità di anni inquieti di rivoluzione culturale, alla ricerca di nuovi modi per abitare l’ambiente domestico. Della “Living Tower” Domus afferma in termini curiosi ed entusiastici che “il centro della casa è diventato una caverna, soffice, confortevole, silenziosa e ricca di colori”. Non meno sperimentali sono i tessuti di Panton della stessa epoca, come la collezione “Mira-X-Set” del 1969-1971, e le molte lampade.
Ordinate cronologicamente la “Flowerpot Lamp” (1968), la “Globe Lamp” (1969) e la “Ball Lamp” (1969-1970) testimoniano dell’urgenza di contraddire i confini convenzionali dell’oggetto e di interagire in maniera autenticamente organica con lo spazio che lo circonda e con gli utenti. Culmine di questo percorso di espansione atmosferica della lampada è il monumentale soffitto luminoso site specific che Panton realizza per la propria casa di Binningen tra gli anni ’70 e ’80, ispirato alle “Shell Lamps” del decennio precedente.
Sedile ad aria per Unika Vaev, 1963. Da Domus 408, novembre 1963
Verner Panton, Sedie per Thonet, 1967. Da Domus 454, settembre 1967
Verner Panton, Installazione “Visiona 2” per Bayer, Cologne Furniture Fair, 1970. Da Domus 488, luglio 1970
Verner Panton, Sedili “1, 2, 3” per Fritz Hansen, 1975. Da Domus 551, ottobre 1975
Verner Panton, Sedili “1, 2, 3” per Fritz Hansen, 1975. Da Domus 551, ottobre 1975
Verner Panton, Sedili “1, 2, 3”, 1975. Da Domus 552, novembre 1975
Il salone di Binningen è un esempio interessante, ma non il più estremo, di “total environment”, ossia di un interno in cui il progettista si occupa di ogni superficie e di ogni elemento a tutte le scale, orchestrando un’alchimia esuberante ma precisamente dosata tra le varie componenti. È una strategia in cui Panton crede profondamente, e non è un caso se la maggior parte degli oggetti citati poco sopra sono stati concepiti in origine come parte di un total environment. Tra i più celebri spicca l’hotel Astoria di Trondheim, Norvegia (1960), il ristorante Varna di Aarhus, Danimarca (1971), gli interni della sede di Der Spiegel ad Amburgo (1969) e soprattutto due indimenticati allestimenti commissionati da Bayer. “Visiona 0” (1968) e “Visiona 2” (1970) sono le partecipazioni dell’azienda chimico-farmaceutica a due edizioni della Cologne Furniture Fair. Per diversi anni in occasione della fiera Bayer noleggia un’imbarcazione e ne affida il progetto degli interni a designer e architetti di fama. A Panton, in particolare, viene richiesto di mettere in valore le potenzialità del Dralon, nuova fibra sintetica estremamente duttile e resistente. È l’occasione per portare alle estreme conseguenze le potenzialità di un approccio organico allo spazio: nell’ambiente principale dell’istallazione la configurazione della scatola stereometrica è completamente negata, il suo soffitto e le sue pareti sostituite dalle curve di una morbida, coloratissima caverna, ricca di nicchie e riflessi. “Visiona 2” è probabilmente l’unico total environment di Panton ad essere sopravvissuto fino ad oggi, come parte delle collezioni del Vitra Museum. È una testimonianza di valore inestimabile, combinazione eccezionalmente riuscita e audace delle capacità fuori dal comune di un progettista, della visionarietà di un committente e dello spirito di un’epoca, a cavallo del ’68, in cui sembrava davvero possibile rinnovare radicalmente i modi di concepire e di abitare lo spazio.
Verner Panton, Poltrona “Amoebe”, 1970. Courtesy Vitra
Verner Panton, Poltrona “Amoebe”, 1970. Courtesy Vitra
Verner Panton, “Living Tower”, 1969. Courtesy Vitra
Verner Panton, “Panton Chair”, 1960. Courtesy Vitra
Verner Panton, “Panton Chair”, 1960. Courtesy Vitra
Nelle parole di Paola Antonelli (su Domus 776, novembre 1995):
Gli anni ’60 segnano un’adolescenza inquieta e smodata (…). Le forme libere e apparentemente organiche della plastica integrale sono impossibili da contare. Dalla sedia di Verner Panton (1960) in Danimarca alle poltrone trasparenti dai nomi di fiori di Estelle e Erwine Laverne negli Stati Uniti, così pure in Finlandia, Giappone, Francia e Italia lo stampo a iniezione diventa la matrice di un mondo nuovo