Peter Zumthor nasce a Basilea nel 1943, figlio di un ebanista da cui riceve la prima formazione artistica. Studente alla Kunstgewerbeschule della sua città natale, dove si dedica anche all’arte visuale, frequenta poi architettura d’interni al Pratt Institute di New York, laureandosi nel 1966.
Due anni più tardi inizia la collaborazione con il Dipartimento per la Tutela e la Conservazione dei Monumenti nel Cantone dei Grigioni (1968-1979), per il quale si occupa di numerosi interventi di restauro e della pubblicazione di alcuni volumi sul recupero dei centri abitati della regione. A questa attività – da cui Zumthor impara l’importanza del legame tra architettura e Genius loci - affianca lavori altamente specializzati nel campo del rispristino di mobili antichi, grazie ai quali affina l’interesse per le proprietà tattili e sensoriali dei diversi materiali.
Zumthor apre il suo primo studio professionale nel 1978 nel villaggio di Haldenstein, nei pressi della cittadina di Coira, dando avvio a una fortunata carriera che lo porta a divenire – nell’arco di circa dieci anni – personaggio di primo piano. Tra le opere dell’esordio compaiono edifici in cui la critica ha riconosciuto elementi storicizzati tanto a livello formale, quanto tipologico: è il caso, per esempio, dell’ampliamento della scuola di Churwalden (1982-1983), la cui palestra si configura come una sorta di chiesa contadina a tre navate. Nel Cantone dei Grigioni, in questi stessi anni, Zumthor costruisce anche le strutture a protezione degli scavi romani di Coira (1986), la nuova sede del proprio atelier a Haldenstein (1985-1986), la cappella di San Benedetto a Sumvitg (1985-1988; in collaborazione con la moglie Annalisa Cuorad), la residenza per anziani a Masans (1989-1993) e il complesso termale a Vals (1991-1996; in collaborazione con E. Kob e C. Schedler).
Delle ultime tre opere, il piccolo edifico religioso è quello che segna l’ascesa internazionale di Zumthor, grazie alla calibrata giustapposizione di elementi archetipici della tradizione rurale – cui rimanda l’esterno della cappella – e di soluzioni spaziali estremamente rigorose. Interamente realizzata in legno, con una cura al limite del maniacale per il dettaglio (in tutti i progetti sperimentato su modelli che raggiungono la scala 1:1), la cappella è tra i primi esempi di quelle architetture dall’atmosfera mistica, monacale e, al contempo emozionale, legata alla sperimentazione fisica dell’architettura che ne contraddistinguono la figura. Lo stesso risultato è ottenuto a Vals, un intricato dedalo di vasche scavate tra le rocce, che nella monografia da lui stesso curata nel 1997 Zumthor definisce:
una storia d'amore tra la pietra e l’acqua
L’elemento principale del progetto - in cui ambienti, pavimenti, persino alcuni arredi, sono interamente rivestiti in gneis locale – è però la sensazione che acqua, roccia e luce (proveniente soprattutto dall’alto, attraverso lucernai che le imprimono un carattere quasi scenografico) suscitano negli utenti.
I visitatori avvertono il significato degli edifici e sperimentano e percepiscono molte sensazioni, muovendosi entro gli spazi in cui è racchiuso un progetto. Il pubblico osserva gli ambienti e ha la sensazione di conoscerli già, ma di non averli mai visti in questo modo. E questo all'interno di una dimensione temporale
Dalla metà degli anni Novanta, Zumthor intensifica il lavoro all’estero. In Austria, costruisce la Kunsthaus di Bregenz (1989-1997), il cubo in vetro e cemento affacciato sul Lago di Costanza che “dall’esterno - dice - ha l’aspetto di una lampada, assorbe la luce mutevole del cielo e la foschia del lago; riflette la luce e il colore a seconda dell’angolo di visuale, della luce del giorno e delle condizioni atmosferiche”. In Germania, il Padiglione svizzero all'Expo 2000 di Hannover (1997-2000), il Kunstmuseum Kolumba di Colonia (1997-2007), la Cappella di San Nicola de Flüe a Hof Scheidtweiler a Mechernich. In Norvegia, il più recente Allmannajuvet Zinc Mine Museum a Sauda (2003-2016), complesso di edifici in una gola sperduta tra le foreste affacciate lungo il fiume Storelva, nei pressi di un’antica miniera divenuta meta turistica. Che gli offre un’altra straordinaria pagina attraverso cui raccontare il legame tra architettura, territorio e memoria.
la possibilità di progettare delle costruzioni – scrive – che nel corso del tempo entrano in simbiosi così naturale con la conformazione e la storia del loro luogo, eccita la mia passione
Zumthor è oggi considerato una delle più interessanti voci del mondo dell’architettura, anche grazie alla vittoria, nel 2009, del prestigioso Pritzker Prize che era stata preceduta dall’assegnazione della medaglia d’oro intitolata a Heinrich Tessenow (1989), della Thomas Jefferson Medal in Architecture (1996), del Carlsberg Architecture Prize (1998, assegnatogli per i progetti di Bregenz e Vals), del Mies van der Rohe Award (1999), premio Meret Oppenheim (2006).
Accanto all’attività progettuale, svolge quella di docente: tra il 1996 e il 2008 è stato professore all’Accademia di Architettura di Mendrisio, ma ha insegnato anche presso il Southern California Institute of Architecture di Los Angeles (1988), la Technische Universität di Monaco di Baviera (1989) e la Harvard Graduate School of Design.
Nel 1994 viene nominato membro della Akademie der Künste di Berlino.
È anche autore di diversi volumi tra i quali si ricordano “Thinking architecture” (1998), “Peter Zumthor works. Buildings and projects 1979-1997” (1998) e “Atmospheres. Architectural environments, surrouding objects” (2006), che è la trascrizione di una lezione tenuta all’ETH di Zurigo.
Attraverso le parole di Brigitte Labs-Ehlert:
La sua architettura evoca immediatamente nozioni come atmosfera o ambiente – uno “stato d’animo” dello spazio costruito, che si comunica direttamente al visitatore così come a ciò che la circonda
- Estremi cronologici:
- 1943–in vita
- Ruolo professionale:
- architetto