Alejandro Aravena, nato a Santiago del Cile nel 1967 è considerato una delle più interessanti figure del panorama internazionale di ultima generazione. Si laurea in architettura alla Pontificia Universidad Católica de Cile nel 1992, perfezionando poi i propri studi in Italia, dove frequenta il corso di Teoria e Storia presso l’Istituto Universitario di Venezia (IUAV, 1992-1993) e l’Accademia di Belle Arti. Rientrato in patria, nel 1994 fonda lo studio Alejandro Aravena Architetti e dal 2006 è direttore esecutivo della Elemental S.A., un’organizzazione che promuove il miglioramento delle condizioni sociali operando nei settori di infrastrutture, spazi pubblici e alloggi attraverso la realizzazione di opere sperimentali messe al servizio degli emarginati di Cile e Messico. La prima opera firmata da Aravena è la costruzione della “Casa per una scultrice” (1997), un’abitazione organizzata per campate che si addossano al pedio di una collina nei pressi di La Florida: un blocco austero e al contempo apparentemente modesto, le cui caratteristiche tecniche (il rivestimento esterno in mattoni, per esempio) sono frutto della volontà di affidarsi alle sole conoscenze delle maestranze impiegate durante il cantiere.
Alejandro Aravena
«Faccio sempre del mio meglio per ottenere che i miei lavori possiedano la doppia valenza di specchio e mantello...»
L’anno successivo l’architetto ha ottenuto il primo, importante incarico pubblico: quello per la costruzione della Facoltà di Matematica e della Biblioteca di Fisica all’ Universidad Católica de Cile (1998-1999), suo principale committente, sviluppata come organismo autonomo ma costruito tra gli spazi di risulta che separano gli edifici già esistenti del campus, la cui planimetria è sviluppata secondo un’equazione matematica. Da questo momento, il tema dell’edilizia scolastica diviene particolarmente caro ad Aravena, che si cimenta prima con la costruzione della scuola Montessori “Huelquen” a Santiago del Cile (2001) e poi con un’ulteriore ampliamento del campus dell’Universidad Católica: la Facoltà di Medicina e la Biblioteca della (2001-2004), stavolta sviluppata in altezza per meglio sfruttare l’esiguità del lotto messo a disposizione, in un’area particolarmente densa. Il risultato è la costruzione, sul fronte della corte, di quello che Aravena ha definito un “chiostro verticale”: un dispositivo spaziale per favorire le interazioni tra gli utenti, che accoglie poi spazi più raccolti e introversi, destinati alla lettura. L’edificio inoltre rende omaggio all’opera di Louis Khan, soprattutto per la soluzione adottata con le “light box”: piccoli cavedi illuminati naturalmente, ricavati nel piano interrato, ai quali ci si avvicina per leggere. Anche le “Torri siamesi” (2003-2006), sede del centro informatico, gli vengono commissionate dall’Universidad Católica: la scelta è di realizzare una pelle trasparente a doppio strato, per ovviare ai problemi di eccessivo insolamento che sarebbero derivati dall’adozione di un classico curtain wall. All’esterno, l’involucro è costituito da vetro monolastra con ridotte capacità d’isolamento termico ma ottime prestazioni per quanto concerne durabilità e manutenzione; all’interno, uno strato in fibrocemento che ha caratteristiche inverse. Un’apertura sul tetto consente poi di eliminare naturalmente, per convezione e secondo il più classico effetto a camino, l’aria calda che si accumula nell’intercapedine tra i due strati di facciata. Completano il quadro delle opere per questa istituzione la ristrutturazione della Scuola di Architettura (2004) e l’Angelini Innovation Center (2014).
Faccio sempre del mio meglio per ottenere che i miei lavori possiedano la doppia valenza d specchio e mantello. Da un lato, l’opera di architettura dovrebbe essere un oggetto capace di resistere a uno sguardo attento, capace, se interrogata in qualità di oggetto artistico, di rispondere coerentemente fino al punto di riuscire a riflettere un momento nel tempo, il livello di sviluppo di una cultura, di una società o di un sistema di valori. Dall’altro lato, l’opera architettonica dovrebbe comportarsi come un luogo, riuscire a scomparire nella coda dell’occhio, a dissolversi in silenzio, lasciandoci fare senza problemi ciò che facciamo normalmente: lavorare, riposare, studiare, dormire, cucinare, mangiare, insomma vivere
L’altro tema fondamentale nella produzione di Aravena è quello legato alle attività di Elemental, che grazie al supporto di enti cattolici e della Copec (la Compagnia Petrolifera Cilena) realizza interventi di urbanistica ed edilizia sociale pubblica. Il nome del programma sta a indicare la volontà progettuale di realizzare gli elementi basilari della soluzione abitativa a basso costo che poi ciascuna famiglia è chiamata a completare secondo le proprie esigenze e disponibilità economiche, ricorrendo spesso all’autocostruzione. Il modello proposto è quello di un quartiere in cui favorire relazioni di solidarietà e collaborazione tra gli abitanti, un alto grado di porosità che consenta di ampliare gli alloggi e la reiterazione di una cellula base di trenta metri quadri che non è disegnata come una casa minima, ma immaginata come nucleo di partenza per la costruzione di un’abitazione di taglio medio (che in Cile si aggira intorno ai settantadue metri quadri). Questi principi generali sono stati finora applicati in diverse occasioni, tra le quali si segnalano il quartiere Elemental Quinta Monroy nella città desertica di Iquique (2003-2004) e negli insediamenti Elemental Ranca (2004-2007) ed Elemental Lo Esejo (2005-2007) a Santiago del Cile. Il metodo Elemental è stato applicato anche nella ricostruzione della città di Constitución, colpita nel 2010 da un devastante terremoto e dal successivo tsunami, e in centri ecuadoregni e messicani (Monterrey) che hanno subito la stessa sorte, applicando a vasta scala quello che è stato definito “incremental design”: grazie ai laboratori di appoggio tecnico e progettuale coordinati dagli architetti di Elemental, gli abitanti, coinvolti anche nella fase di progettazione in un articolato dialogo partecipativo, hanno iniziato un processo di ampliamento e modificazione delle architetture e degli spazi del quartiere, dall’integrazione di elementi di arredo, all’assemblaggio di frammenti delle vecchie case, fino a interventi più complessi di ampliamento.
Tra le opere dell’architetto cileno in fase di realizzazione, si segnalano le residenze studentesche e il refettorio della Saint Edward University ad Austin, in Texas (dal 2006), la casa Dobal Fernandes a San Paolo del Brasile (dal 2007) e i centri sociali Elemental, applicazione di un prototipo da replicare in tutti i quartieri residenziali promossi dal programma. Aravena - i cui lavori sono stati presentati, tra gli altri, alla Biennale di San Paolo (2007), alla Triennale di Milano (2008), alla Biennale di Architettura di Venezia (2008, 2012), al MoMA di New York (2010) e alla Galleria MA di Tokyo (2011) - è stato nominato direttore della 15a Mostra internazionale di architettura (2016). Fra i suoi testi teorici più importanti occorre citare Los hechos de la arquitectura (1999), El lugar de la arquitectura (2002) e Material de arquitectura (2003).
Aravena è stato docente all’Architectural Association di Londra (1999), presso la propria alma mater (dal 1992) e alla Harvard University (2000-2005). Insignito di numerosi premi, ha vinto il Leone d’argento all’undicesima Mostra internazionale d’Architettura della Biennale di Venezia (2008), il Marcus Prize for Architecture (2010) e il Pritzker Prize (2016) conferitogli con questa motivazione:
Alejandro Aravena ha sperimentato una pratica collaborativa che produce potenti opere di architettura e affronta anche le principali sfide del XXI secolo. Il suo lavoro offre opportunità economiche ai meno privilegiati, mitiga gli effetti delle catastrofi naturali, riduce il consumo energetico e fornisce un accogliente spazio pubblico. Innovativo e stimolante, mostra come l’architettura al suo meglio è in grado di migliorare la vita delle persone
- 1967–in vita
- architetto