È la legge dei vasi comunicanti. Se in questi anni gli uffici hanno ricalcato la spontaneità di un ambiente domestico, pensare che gli showroom rimassero perennemente immuni a interventi che ne scardinassero l’impianto retail tradizionale, era piuttosto improbabile. E infatti, presentare un pezzo di arredo slegato da un contorno adeguato non è più sufficiente. Ciò che occorre fare è un intervento di interior design che ne intensifichi il desiderio, inserendolo in un suggerimento di spazio abitativo da emulare. A distanza di quarant’anni verrebbe da dire che finalmente: “Il privato è pubblico”. E in effetti, esautorato da ogni valenza politica, lo slogan sessantottino sembra il più efficace a descrivere questo approccio immersivo. Che può prendere diverse forme, naturalmente. Una classica villa italiana è quella scelta dal nuovo flagship store Molteni a New York, il più grande che abbiano mai inaugurato. Progettato da Vincent Van Duysen su una superficie di 1.200 metri quadrati, raggruppa per la prima volta sotto un unico tetto i tre brand del gruppo: Molteni&C, Dada e UniFor. Illustrandone la versatilità in un gioco di corrispondenze colte.
Dunque attenzione all’eredità stilistica aziendale, ovviamente. Ma la narrazione di un ecosistema italiano si avvale anche di altri contributi nostrani, dai pavimenti in travertino al legno di noce con cui è costruito il segno architettonico più imponente dello store, la scala che collega i due piani. Materiali importati assieme alle maestranze che ne hanno seguito i lavori di posa.
Ciò che occorre fare è un intervento di interior design che ne intensifichi il desiderio, inserendolo in un suggerimento di spazio abitativo da emulare.
Come vetrina di eccellenze sul mercato statunitense, che come afferma Giulia Molteni – capo della divisione marketing del gruppo – resta il principale mercato estero di Molteni, “in cui da dieci anni è emersa una grande attenzione al design residenziale”, poteva anche bastare. Invece no, nel format aperto al 160 di Madison Avenue, da replicare eventualmente anche in altre capitali ben selezionate, è presente un altro innesto. Ovverosia la sinergia con il mondo dell’arte. Quale immagine di villa italiana sarebbe, oltre ai classici del design, quella priva di opere artistiche alle pareti? Il concept, già visto in anteprima con The Collector’s House allo stand di Rho Fiera 2018, è supervisionato dalla curatrice d’arte Caroline Corbetta. Che d’accordo con l’azienda ha scelto una rosa di artisti giovani, in linea con lo spirito filantropico del gruppo. Tra i nomi presenti attualmente nel flagship: le scultore monocrome di Santo Tolone e i geroglifici pop di Stephen Felton.
E come nell’intervento milanese, questa giustapposizione tra arredamento e artisti contemporanei crea anche qui un’immagine di lifestyle fresca e dinamica, decisamente anti museale, come invece si sarebbe rischiato utilizzando nomi importati della storia dell’arte. “Le opere dei giovani interagiscono meglio con gli arredi di Molteni, creando una frizione estetica speciale molto interessante, e di valorizzazione per entrambi”, racconta Caroline.
Le opere dei giovani interagiscono meglio con gli arredi di Molteni, creando una frizione estetica speciale molto interessante, e di valorizzazione per entrambi
Un apporto che assieme a tutti gli altri elementi, e date le dimensioni eccezionali del flagship che includono quattro vetrine su strada, più che all’interpretazione contemporanea di una villa abitata da un collezionista (raffinato e elegante, nonché interessato alle ultime tendenze artistiche), rimanda all’idea di un palazzo (all’italiana). E infatti Van Duysen parla proprio di un “italian palazzo in New York”. Pulito e essenziale come di norma sono i suoi interventi, tecnologia invisibile inclusa, ma cionondimeno ricco nei dettagli. Teoricamente da saccheggiare, tra l’altro. Proprio così, perché al contrario dall’intervento al Salone, le opere esposte possono essere acquistate. Trasformando di fatto lo store in una galleria d’arte e design, uno degli indirizzi di punta del NoMad Design District. Con al suo interno anche un pezzo superstar che non si vedeva da molto tempo, riedizione omaggio alla grande mela: il tavolo D.859.1 di Gio Ponti. Disegnato negli anni Cinquanta per gli interni dell’auditorium annesso al Time&Life building.
- Progetto:
- showroom Molteni
- Luogo:
- New York City
- Progetto:
- Vincent Van Duysen
- Indirizzo:
- 160 Madison Avenue