Monica Castiglioni: Scatto fotografie da sempre: per le mie cartoline, per i cataloghi dei miei gioielli… Le foto le ho sempre fatte. Ho fatto una mostra a Williamsburg e una anche a Milano, diversi anni fa. Ho sempre portato avanti sia l'attività di fotografa sia quella di designer di gioielli. Ultimamente, la fotografia si è un po' liberata, ha trovato una sua strada autonoma.
Com'è New York vista attraverso le sue pozzanghere?
Mi è difficile descrivere il mio lavoro. Faccio le foto proprio per non doverne parlare. Questi scatti hanno però un'origine anche più lontana: ho iniziato, qualche anno fa, fotografando le strisce pedonali. Ho scelto le strisce pedonali perché le considero una delle cose più pubbliche che esistano. Stavo facendo un lavoro sulle strade, su suggerimento di Cindy Allen, la direttrice di Interior Design, e per il Design Trust for Public Spaces di New York e avevo partecipato con le mie foto a un evento benefico. È stato allora che casualmente sono "caduta" in una pozzanghera e da lì non ho più smesso. Nel caso delle pozzanghere, la cosa buffa è che le vedi, le noti, anche se di solito le eviti. A New York, poi, il tempo è molto variabile, le pozzanghere ci sono sempre.
Sì, e tra l'altro si tratta di uno spazio pubblico che ci stanno portando via, stanno demolendo molti edifici storici per costruire dell'altro. La direzione comune è quella di preoccuparsi sempre meno dello spazio pubblico. In questo senso, le mie immagini racchiudono una visione un po' nostalgica per una New York che sta scomparendo, sono gli ultimi riflessi di qualcosa che tra poco non ci sarà più.
Forse il dettaglio è la cosa che mi interessa di più. Mi è sempre piaciuto il particolare più del generale.
No, non c'è ricerca, il mio lavoro nasce sempre in modo molto casuale. Soltanto in un secondo momento sviluppo le cose in cui mi sono imbattuta casualmente. Nell'ultimo anno e mezzo trascorso a New York ho avuto modo di verificare personalmente quanti palazzo venissero abbattuti. C'era il dolore sonoro e il dolore di non vedere una ricostruzione gratificante. Anzi, direi abbastanza terrificante. A New York tutto muta con una velocità incredibile, ma non vedo alcun cambiamento in meglio. Questo è l'ultimo vagito di memoria di una cosa che per me è molto bella. E il problema non riguarda soltanto New York. Succede lo stesso in tutto il mondo. Stanno snaturando delle realtà che avevano il loro fondamento, a favore dei soldi e di un mondo effimero. A Soho stanno chiudendo tutti i piccoli negozi che erano la cosa bella del quartiere.
È un po' quello che faccio anche nei gioielli, o più in generale. Forse il dettaglio è la cosa che mi interessa di più. Mi è sempre piaciuto il particolare più del generale. Puoi eliminare più facilmente quello che non t'interessa o non ti piace e concentrarti su un dettaglio.
Da tanti dettagli emerge un'immagine piuttosto omogenea e completa del quartiere che hai fotografato.
Giocando sui dettagli riesci a trovare dei soggetti interessanti. Bastano questi vecchi palazzi, una certa luce… Downtown la riconosci a occhi chiusi. M'interessa dire che ho usato soltanto una piccola compatta, una Canon G9 e che non c'è nessun intervento di Photoshop. Anche l'inquadratura non viene tagliata: ogni scatto è definitivo.
New York—A glimpse in the puddle
Galleria Francesco Zanuso
Corso di Porta Vigentina 26, Milano
