Sull’onda dell’uragano Florence è facile constatare i danni fisici causati dalla tempesta. Immagini di autostrade allagate, di case sulla spiaggia battute dal vento e di macerie delineano un quadro chiaro: abbiamo un problema grave.
Quel che più colpisce ed è più difficile da comprendere è il profondo cambiamento sul piano emotivo che si verifica nelle comunità pesantemente ferite da questi imponenti fenomeni climatici. Ogni ciclone è un pericoloso promemoria del fatto che i ripari che costruiamo per noi stessi non sono così forti come credevamo, e che le istituzioni concepite per proteggerci probabilmente non lo fanno, visto che ci consentono di vivere tanto vicini all’acqua.
Il susseguirsi di tempeste e grandi piogge dimostra quanto la Carolina del Nord sia vulnerabile agli uragani. Eppure, nonostante la realtà del clima, sei anni fa il parlamento dello Stato della Carolina del Nord ha approvato una legge fatta apposta per favorire la crescita dell’edilizia commerciale e residenziale. In sostanza impedisce allo Stato e alle amministrazioni locali di prendere in considerazione modelli scientifici che prevedano l’innalzamento del livello del mare. Come risultato le imprese dell’edilizia hanno continuato a costruire lungo la linea costiera dello Stato e ad aumentare la densità della popolazione in un’area che sta vivendo conseguenze del cambiamento climatico analoghe a quelli di Miami e di New Orleans.
L’accessibilità alla costa per usi residenziali non è sempre stata questa. Fino al XX secolo erano pochi coloro che vivevano presso la spiaggia, perché era semplicemente troppo pericoloso. Se si stabilivano lungo la costa costruivano in aree naturalmente sopraelevate, ben lontane dall’acqua.
L’edificazione e l’inconsueta assenza di uragani costieri negli anni Settanta hanno cambiato quest’uso. Nel suo libro Against the Tide: The Battle for America’s Beaches, la cui prima edizione è del 1999, Cornelia Dean dimostra che quasi la metà di tutte le costruzioni degli Stati Uniti degli anni Settanta e Ottanta è stata realizzata in zone costiere. Ma “la costa non è un paesaggio stabile. I bracci di mare si aprono, si richiudono e si trasformano. Le dune costiere vengono erose e collassano. La sabbia si sposta. Anche se si pensa a questo territorio come a ‘terraferma’, se si va in spiaggia in un giorno di burrasca si vedono cambiamenti geologici che si verificano praticamente sotto i nostri occhi. [1]
Come un fiume la costa tende a cambiar forma nel tempo, ma le abitazioni e le infrastrutture pongono un grave limite a questo processo oppure, nella maggior parte dei casi, lo trascurano del tutto. Nel 2010 la percentuale degli abitanti nelle contee costiere era paragonabile a quella tra il 1790 e il 1800, quando gli Stati Uniti ancora vivevano quasi completamente del commercio con i mercati europei e l’accesso ai territori dell’interno era limitato. [2]
L’accessibilità alla costa per usi residenziali non è sempre stata questa. Fino al XX secolo erano pochi coloro che vivevano presso la spiaggia, perché era semplicemente troppo pericoloso
Per parecchi americani cresciuti sulla Costa Orientale, le vacanze al mare erano l’attesa di tutto l’anno. Era il migliore dei paesaggi del tempo libero, ma dato che abbiamo mercificato uno spazio naturale e costruito confini e limiti artificiali innaturali, che hanno vincolato i processi naturali del paesaggio, siamo diventati più scoperti e più vulnerabili. Nel corso del tempo gli argini naturali, le dighe e le altre infrastrutture non ci hanno più protetto, ed è iniziata la ricerca di territori più sicuri.
Oggi a Miami la “gentrificazione climatica” [3] sta colpendo comunità storicamente marginalizzate. Costruttori e residenti che possiedono i mezzi per andare in cerca di terreni più alti si spostano più all’interno, verso quartieri come Little Haiti, per proteggere i loro beni dall’innalzamento del livello del mare, mentre le proprietà costiere perdono valore e le comunità più povere, in mancanza di una gestione più regolamentata, ne subiranno il peso economico e ambientale.
È importante non permettere che la nostalgia detti le regole di una pianificazione che ha in sé la potenzialità di una maggior sicurezza, di una maggior equità e di una maggior sostenibilità, fisica e sociale.
Per registrare queste imponenti trasformazioni Liminal Frontiers consiste in una campagna pluriennale di documentazione, analisi e invito al dibattito sulle aree costiere mondiali, allo scopo di elaborare, a partire dalla lezione dell’attuale paradigma, un cambiamento della prassi costruttiva e della concezione dello spazio. Il progetto riguarda lo spazio specialissimo in cui la terra si incontra con l’acqua e il modo in cui influisce sulla nostra identità.
Mentre i discorsi sull’adattamento e sulla gestione dell’arretramento stanno diventando sempre più diffusi negli Stati Uniti e nel mondo, sarebbe una negligenza escludere il valore sentimentale di cui investiamo le zone costiere. E tuttavia è importante non permettere che la nostalgia detti le regole di una pianificazione che ha in sé la potenzialità di una maggior sicurezza, di una maggior equità e di una maggior sostenibilità, fisica e sociale.
- 1:
- Dean, Cornelia. Against the Tide: The Battle for America's Beaches. Columbia University Press, 1999.
- 2:
- US Census Bureau. “Coastline County Population.” Census Bureau QuickFacts, 1 Oct. 2018
- 3:
- Jesse M Keenan et al 2018 Environ. Res. Lett. 13 054001